È tempo di integrare sociale e sanitario

La situazione economica attuale non consente di addossare allo Stato l’intera spesa dell’assistenza sociale. In Gran Bretagna la Commissione Dilnot ha proposto un tetto di spesa a carico degli assistiti, legato al reddito. Potrebbe rappresentare un passo avanti anche in Italia.

Appena possibile, tuttavia, la vera soluzione è di integrare il sistema sanitario e quello dell’assistenza sociale, specie quello che riguarda la degenza in RSA. Tenere divisi i due sistemi (il primo dei quali finanziato dallo Stato, il secondo a carico prevalente del paziente) è oggi un criterio superato dalla realtà, che ci dimostra come le necessità sanitarie e socio-assistenziali dei pazienti cronici non siano separabili. La Commissione Barker e il King’s Fund in Gran Bretagna (diretto da Chris Ham) dovranno proporre una risposta a questo quesito entro il 2015.

(BMJ 2013;346:f3973)

Stato disonesto, cittadini disonesti

Fiorenza Sarzonini sul Corriere della Sera dell’1/12/2013 cita una serie di illegalità (truffe) perpetrate da cittadini italiani a danno dello Stato. Ce n’è per tutti: dipendenti pubblici, pensionati, studenti, proprietari di case, ecc. Ma perché ci meravigliamo? E’ vero che molti Italiani sono disonesti. Ma qual è il motivo? Forse che siamo geneticamente diversi dai Tedeschi o dagli Svizzeri tanto ordinati ed onesti? No, non è così. La ragione è che in Germania e in Svizzera si investe in una scuola che forma dei buoni cittadini, in uno Stato ordinato e onesto, in una società seria e consapevole, ben controllata. Ma noi siamo abituati ad una classe dirigente e a Governi che rubano, che non mantengono le promesse fatte, che scialacquano il pubblico denaro estorto con tassazioni esose, che non investono nella scuola, nell’ambiente, nella cultura, nell’assistenza sociale. Allora di chi è la colpa? Se avete risposto: del Governo e della politica, avete sbagliato. La colpa è nostra perché continuiamo a tollerare questi politici, questi burocrati, questi dirigenti invece di spazzarli via.

Il buon esempio deve venire dall’alto: se fossimo governati da persone oneste e competenti il popolo italiano potrebbe essere migliore: ma non è così. Tuttavia continuiamo a votare i soliti noti, che con il nostro voto si legittimano e si rafforzano. Votando crediamo di far bene, ma in realtà ci scaviamo la fossa sotto i piedi, perché i soliti noti (di Destra o di Sinistra) hanno da pensare ai loro interessi, non ai nostri e lo dimostrano giornalmente. Dobbiamo alzare la voce e farli smettere, costringendoli ad andarsene per sempre. Perché ciò accada dobbiamo far nascere un Partito di persone oneste e capaci. La cosa è fattibile se tutti noi ci impegnamo in qualche modo. Cambiare la politica si può e solo così potremo cambiare il modo di vivere in Italia.

Quanto ci costano i politici?

Secondo la relazione di parificazione del bilancio dello Stato appena approvata dalla Corte dei Conti, i politici di professione in Italia nel 2012 erano 143 mila e sono costati euro 1,9 miliardi così ripartiti:

Parlamento euro 439.732.000
Regioni euro 800.702.827
Comuni euro 556.593.000
Provincie euro 104.700.000

A questi vanno sommati circa 38 mila soggetti nominati ad occupare poltrone in quasi 9 mila società pubbliche o a partecipazione pubblica, che quei politici hanno istituito per collocare parenti ed amici o ex politici. Molti di questi posti prevedono ovviamente uno staff (segretaria, autista ecc.) con conseguenti costi. Ma non è finita: a tutto questo si aggiungono 460 mila consulenti per mansioni che la Pubblica Amministrazione (3 milioni e 600 mila dipendenti) non è in grado di svolgere con proprio personale. Ciò spiega perché negli ultimi 10 anni la spesa pubblica è cresciuta di quasi 200 miliardi di Euro, malgrado il PIL sia diminuito di oltre il 2%.

Lo stato regio (Massime)

Nasce la difficoltà o l’impossibilità che è nelle città corrotte a mantenervi una republica o a crearvela di nuovo….sarebbe necessario ridurle più verso uno stato regio, che verso uno stato popolare.
(N. Machiavelli – Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio. Libro I, cap. 18)