I Laureati in Medicina e Chirurgia

Nel 40° Anniversario del Servizio Sanitario Nazionale

I laureati in Medicina e Chirurgia (Dottori in Medicina o DM) si suddividono in due grandi categorie: i Clinici e i Non-clinici.I laureati in Medicina e Chirurgia (Dottori in Medicina o DM) si suddividono in due grandi categorie: i Clinici e i Non-clinici.I primi (DM, C) sono coloro che si dedicano alla cura dei malati, i secondi svolgono attività sanitarie diverse: lavorano nei servizi sanitari, come laboratori o radiologia (DM, S), nella ricerca sanitaria (DM, R), nella sanità pubblica (DM, P), nella organizzazione e gestione della sanità (DM, G), nell’accademia (DM, A). La distinzione è importante per consentirci di organizzare meglio il Servizio Sanitario e correggere alcuni errori del passato. Il più nocivo è quello di pretendere che i Clinici svolgano mansioni amministrative e gestionali. Continua a leggere

La biologia e la medicina sono alla vigilia di una rivoluzione che porterà le loro possibilità di diagnosi e cura in un nuovo paradigma. La ricerca scientifica e industriale sono il motore di questo sviluppo e cominciano a lavorare in rete. Chi non capisce questo momento storico resterà indietro. In Italia abbiamo grandi ricercatori (vedi Franco Locatelli al Bambino Gesù) ma il paese non capisce il loro valore e il governo non coglie occasioni d’oro.

Il nuovo paradigma in Sanità

Fino ad oggi la medicina e la sanità sono state centrate sulla cura, intesa come capacità di reagire ad una malattia insorta nel paziente che si rivolge al sistema sanitario. Così facendo, la spesa sanitaria è continuamente cresciuta fino a diventare insostenibile: il progresso tecnologico e farmacologico, l’aumento dell’attesa di vita e delle aspettative della popolazione, ma anche il cambiamento epidemiologico (che oggi vede nelle malattie croniche non trasmissibili la patologia preminente) hanno contribuito a questo stato di fatto. È arrivato il momento di cambiare paradigma e di passare da una medicina di attesa ad una medicina di intervento preventivo e proattivo, giacchè sappiamo che le malattie croniche degenerative possono essere prevenute adottando stili di vita appropriati, meglio se per tutta la vita. Dobbiamo quindi identificare precocemente le popolazioni di soggetti ad alto rischio di sviluppare le patologie più frequenti e costose ed impostare programmi che, fin dalla tenera età, consentano di non aggravare questi rischi o di non sviluppare la patologia.

Oggi sappiamo che le malattie cardiovascolari, il diabete ed i tumori rappresentano il carico di patologia cronica più frequente, e sappiamo altresì che queste patologie sono causate in buona parte da fattori ambientali e quindi da modificazioni epigenetiche, capaci di modificare la funzione di alcuni geni e di rendere tali modificazioni ereditabili dalla prole. In particolare il fumo di tabacco, la sedentarietà, l’alimentazione eccessiva e non appropriata qualitativamente sono causa primaria delle patologie suddette. Il nuovo paradigma sanitario deve quindi rivolgersi a:

  • realizzare condizioni di vita salutari fin dalla tenera età
  • identificare i soggetti più a rischio di incorrere nella patologia, quando sono ancora apparentemente sani, così da poterli consigliare e trattare in modo da ritardare, se non evitare, la patologia conclamata.

In entrambi questi ambiti molta ricerca è stata fatta e sono stati messi a punto alcuni strumenti e strategie che sono ancora in divenire, ma che già delineano la possibilità di ottenere concreti risultati.

Il primo punto deve essere affrontato con la cosiddetta “Health in all policy”, ossia con una strategia di Governo che ponga la salvaguardia della salute pubblica come priorità di ogni intervento governativo. Oggi così non è, e non è raro che vengano emanati da uno stesso Governo provvedimenti contraddittori (ad esempio leggi di contrasto al fumo che si scontrano con provvedimenti di sostegno alle coltivazioni del tabacco). Si tratta, in altri termini, di allineare i provvedimenti sugli obiettivi di salute pubblica. L’impresa è difficile, perché ben sappiamo che, così facendo, si contrastano interessi economici organizzati e ci si scontra con la visione corta dei Governi nazionali. Bisogna tuttavia operare in tal senso, anche se con dolcezza e gradualità, se si vuole arrivare agli obiettivi: quindi sanità, educazione, marketing sociale, ambiente e urbanistica devono guidare e trainare la crescita culturale del Paese e le strategie per il bene collettivo.

Sul secondo punto, sono in grande sviluppo sia iniziative di popolazione che individuali. Tra le prime, vanno innanzi tutto ricordate le carte del rischio cardiovascolare, che si vanno affinando sempre più per consentire ai governanti di costruire strategie efficaci ed economie sanitarie. Anche l’Italia ha contribuito con il Progetto Cuore alla realizzazione di uno strumento validato, che può ancora essere affinato e più ampiamente utilizzato. Tali carte del rischio sono state messe a punto e utilizzate su larga scala anche in altri Paesi europei e non europei [ad esempio il QRisk-2 (2015) nel Regno Unito]. Uno studio di grande interesse è quello messo a punto in Finlandia per identificare i soggetti a rischio di sviluppo diabete (Finrisc) e poi validato anche in Italia: un semplice strumento che si basa su pochi parametri ha consentito di evidenziare soggetti a rischio di divenire diabetici con buona specificità e sensibilità. Altri strumenti significativi sono quelli tesi ad identificare, nella popolazione generale di soggetti apparentemente sani, le persone a rischio di depressione grave, di fratture ossee, di assuefazione a droghe, ecc., ecc.

Per i singoli soggetti a rischio il vantaggio è di poter riservare loro particolare attenzione ai fini di misure di monitoraggio e di counselling, se non di vere e proprie terapie, onde evitare o rallentare la comparsa e lo sviluppo della malattia. Questi interventi si sono dimostrati costo-efficaci, con alto ritorno sull’investimento e ci si attende che il rapporto migliori con l’affinamento degli strumenti.

A fronte dei vantaggi sopra citati, non può tuttavia sfuggire come sia la somministrazione dei questionari che le successive misure di monitoraggio, counselling e terapia, gravino in larga misura sulla medicina territoriale e sui medici generalisti. I compiti affidati a questi professionisti non possono però continuare a crescere ed è necessario che essi siano affiancati e sostenuti da iniziative organizzative e da tecnologie tese a rafforzarne e migliorarne la prestazione. Tra queste, l’autogestione dei soggetti intervistati e una serie di rilevamenti automatici dei parametri vitali (pressione arteriosa, pedometro, ritmo e frequenza cardiaca, ossimetria, ecc.) e di allerta di rimando affidati agli smartphone. Anche la compliance alla terapia può oggi essere registrata e sollecitata tramite il collegamento internet con le cose (Internet of Things) ed è persino possibile stabilire attraverso i social networks lo stato dell’umore dell’utente e le sue eventuali modificazioni per il monitoraggio delle malattie psichiche. Si tratta di un mondo in grande evoluzione, che sta vedendo la corsa di grandi compagnie allo sviluppo di prodotti vendibili e dove c’è molto spazio perché si inseriscano anche ricercatori e società italiane.

L’efficacia e la sostenibilità del Servizio Sanitario possono quindi migliorare sensibilmente, se i decisori politici adottano questo nuovo paradigma, che però, accanto alla medicina di iniziativa, deve prevedere anche un’assistenza sanitaria basata sul valore, definito come il rapporto tra miglioramento degli esisti di ogni importante condizione patologica rispetto al costo totale del ciclo di cura, e che, a sua volta, include interventi di dimostrata efficacia, abbattimento dell’eccessivo uso di farmaci e di servizi sanitari e un diverso modo di organizzare tali servizi sanitari, tra cui la misura degli esiti, il pagamento forfettario per ciclo di cura, l’integrazione dei servizi sanitari, lo sviluppo e l’applicazione di piattaforme informatiche innovative (cfr Porter, Bell et al., Harvard). Il percorso di cambiamento non può essere né facile né breve, ma deve essere iniziato da subito e portato a termine come obiettivo strategico in un limitato numero di anni, se vogliamo che i Servizi Sanitari servano davvero a mantenere e migliorare la salute della Nazione e continuare ad essere un potente motore di sviluppo sociale ed economico.

 

Letteratura pertinente
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Assunzione farmaci, monitoraggio cure e condivisione informazioni di salute. Arriva software unico per gestire le app. Apple lancia CareKit. www.quotidianosanita.it, 2016.

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aParikh RB, Kakad M, Bates DW. Integrating Predictive Analytics Into High-Value Care. The Dawn of Precision Delivery. JAMA, 315(7), 2016, 651.

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L’aggiornamento del personale sanitario: una priorità assoluta

Il recente grande progresso della medicina è legato in gran parte alla poderosa evoluzione tecnologica degli ultimi decenni, e questo progresso continua tuttora. La tecnologia tuttavia presuppone l’aggiornamento di coloro che la devono usare, e su questo punto abbiamo in Italia qualche criticità. Nel nostro Paese infatti l’aggiornamento degli specialisti non è efficiente. Il nostro Servizio Sanitario Nazionale non ha finora saputo organizzare un sistema di aggiornamento continuo del personale. Fin dal 2004 questo problema era stato riconosciuto dal Governo ed era stato previsto nella Finanziaria per il 2005 (Legge 30.12.2004 n° 311, art. 173, comma d) di impostare un Piano adeguato (Piano Nazionale dell’Aggiornamento), che si basasse sul Continuous Professional Development, ossia su un portfolio individuale delle conoscenze che ogni medico arricchisce nel suo lavoro quotidiano con varie attività (servizio, ricerca, didattica, partecipazione a corsi e convegni, studio di casi clinici, grand-round, sviluppo di tesine, ma anche non professional skills, ecc.). Il portfolio può così diventare il principale documento da utilizzare per una rivalidazione quinquennale delle proprie capacità professionali, così da dimostrare alla comunità il permanere della propria adeguatezza professionale col mutare dei tempi e delle conoscenze. L’Inghilterra ha iniziato questo percorso fin dal 2012 e potrebbe costituire un utile modello per l’Italia. Si tratta di un sistema non facile, che dovrebbe essere preliminarmente sperimentato su piccola scala e che non prescinde da piccoli passi intermedi o aggiuntivi che fanno tesoro di esperienze passate: ad esempio ai tempi dell’INAM i medici convenzionati frequentavano al mattino i reparti ospedalieri acquisendo un’esperienza clinica che oggi i medici di medicina generale stentano a raggiungere. Ma anche altre forme di partecipazione volontaria dei medici ad attività sanitarie organizzate (penso ai Poliambulatori territoriali, alle Case della Salute e agli Ospedali di comunità a bassa intensità di cura) potrebbero costituire un valido apporto al portfolio delle conoscenze e trovare adeguato riconoscimento.

Oggi la tecnologia  ci offre possibilità sempre nuove di prevenzione, diagnosi e cura. Ad esempio si discute molto sul valore dello screening mammografico e molti lo ritengono poco utile specie per le donne con seno denso e fibroso. Ma la soluzione a mio avviso non è di abbandonare lo screening mammografico nelle donne, ma di migliorarlo come sembra ad esempio possibile con la combinazione di bioimmagini ottenute con differenti tecniche [cosiddetta tomosintesi (Pisano ED, Yaffe MJ. Should tomosynthesis replace digital mammography? JAMA 311, 2488-89, 2014)], cosa che sembra migliorare di molto anche la possibilità di individuare e biopsiare i tumori della prostata (Minhaj Siddiqui M et al. Comparison of MR/ultrasound fusion–guided biopsy with ultrasound-guided biopsy for the diagnosis of prostate cancer. JAMA 313, 390-97, 2015).

Un altro esempio di evoluzione dell’immagine è l’angiografia coronarica mediante TAC in soggetti sintomatici di sospetta angina pectoris: si tratta di una metodologia che utilizza un’avanzata TAC e l’iniezione ev di un mezzo di contrasto che permettono di ottenere immagini ad alta risoluzione del cuore e dei vasi, tali da escludere con accuratezza una malattia coronarica (BMJ 2015;350:h1464; Kramer CM. Cardiovascular imaging and outcomes. PROMISEs to keep. New Engl J Med 372, 1366-67, 2015).

E’ del tutto evidente che, oltre alle apparecchiature adeguate, è la preparazione degli operatori che fa la differenza e il progresso, ed è quindi nell’aggiornamento del personale che bisogna urgentemente investire con risorse opportune, ma anche con adeguata organizzazione.

Inutile sottolineare che un buon sistema di aggiornamento del personale potrebbe migliorare anche alcuni annosi problemi del Servizio Sanitario Nazionale (primo fra tutti l’inappropriatezza e i suoi costi), soprattutto se associato ad altri intelligenti e moderni metodi di motivazione e apprezzamento del merito professionale ed umano largamente noti nel mondo delle imprese avanzate. La conclusione è che il Servizio Sanitario Nazionale non si salva con le affermazioni ideologiche e atteggiamenti apodittici, ma con interventi ben studiati che risolvono le criticità del sistema e, in particolare, con una moderna politica del personale che non è mai stata una priorità riconosciuta del nostro Servizio Sanitario Nazionale.

La qualità e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale sono strettamente dipendenti dalla soddisfazione e motivazione del suo personale: da qui dobbiamo ripartire se non vogliamo che il Servizio Sanitario Nazionale perda progressivamente valore e credito fino ad esaurirsi.

Le cure primarie

(medicina territoriale o di base)

Se uno Stato investe nelle cure territoriali (o primarie) non risparmia denaro, ma riduce la crescita della spesa. Ciò avviene però solo se il potenziamento delle cure primarie riguarda tutti i suoi aspetti:

1-2)      struttura e accesso (organizzazione e personale impiegato)

3)      coordinamento (funzione di gatekeeping rispetto agli altri professionisti sanitari)

4-5)      comprensività e continuità di cura (lavoro di squadra con altri professionisti e servizi sanitari, capacità di utilizzare tecnologie moderne per diagnosi e cura, coinvolgimento del paziente nella sua cura)

6)      rapporto medico-paziente (quando è forte, rispettoso e coinvolgente si ottiene migliore adesione al trattamento, alle misure preventive, minor ricorso al ricovero ospedaliero, minori differenze di salute legate a condizioni sociali diverse, minore spesa)

7)      medici olisti competenti ed esperti (con tecnologie sufficienti e moderne determinano minori sprechi e miglior stato di salute della popolazione e contenimento della spesa).

(Haggerty J L et al. The strength of primary care systems. Stronger systems improve population health but require higher levels of spending. BMJ 2013;346:f3777))