Politiche nutrizionali per tutelare la Salute Pubblica nell’Unione Europea: un’accisa per la salute?

Per Expo 2015

E’ oggi ampiamente riconosciuto in ambito scientifico che la dieta mediterranea (a base cioè di vegetali, frutta, cereali non raffinati, olio d’oliva e pesce più che di carni rosse e grassi animali) ha contribuito significativamente alla salute dei popoli rivieraschi del Mediterraneo.

Oggi la dieta mediterranea è stata sostituita nell’Unione Europea in gran parte da alimenti a base di carni, ricchi di grassi saturi, oli vegetali idrogenati, zuccheri raffinati e sale, cioè da alimenti ricchi di potere calorico, ma poveri di nutrienti, che stanno dando un contributo significativo all’aumento della prevalenza di diverse malattie quali l’obesità e il diabete con le loro complicanze in ambito soprattutto cardiovascolare. In Italia oltre il 40% dei bambini di 8 anni è in sovrappeso (WHO, 2010) e ben sappiamo che la maggior parte di essi è destinata all’obesità in età adulta. Siamo così passati da una dieta salutare al suo opposto in pochi decenni.

Le cause di questa pericolosa inversione di consumi alimentari sono molteplici. Particolare importanza in tale contesto riveste la pressione informativa operata dalle Aziende del settore alimentare e l’inadeguatezza degli Stati nel fornire ai consumatori gli strumenti di educazione alimentare e sanitaria dei quali essi hanno bisogno per migliorare la propria vita. Ad esempio alcune Aziende multinazionali sono riuscite ad utilizzare in ambito planetario una semplice formula commerciale per offrire cibi e bevande attraenti in grandi porzioni a basso costo. Si tratta purtroppo di alimenti non salutari, ma molte persone non se ne curano. Questi Big del commercio (Big Burger, Big Sugar) hanno utilizzato una formula inventata dai Big Tobacco (i produttori di sigaretta) che, grazie anche ad importanti guadagni, si sono imposti nel mondo con tecniche di comunicazione, di protezione legale e di “cointeressamento” eccezionalmente efficaci. Oggi questi Big sono tra i maggiori pericoli per la salute pubblica e per l’ambiente; basti ricordare i danni del tabacco sulla salute dell’uomo, il disboscamento di intere foreste per far posto alle coltivazioni intensive di mais per il foraggio degli allevamenti o per biocarburanti, l’uso di pesticidi e fertilizzanti per aumentare le colture, e così via.

Considerando che l’alimentazione è uno degli aspetti fondamentali delle libertà dell’individuo, questo problema può essere affrontato attraverso interventi concernenti l’informazione dei consumatori e l’educazione alimentare e, qualora ciò non sia sufficiente, rendendo più difficile l’accesso a particolari prodotti alimentari, il cui consumo sarebbe bene scoraggiare.

La situazione attuale è fortunatamente caratterizzata nell’Unione Europea da una notevole chiarezza degli obiettivi nutrizionali da perseguire ed anche da una notevole evoluzione della normativa comunitaria, obbligatoria e volontaria, di informazione dei consumatori. In particolare, il Regolamento Comunitario 1169 del 2011, entrato in vigore nello scorso mese di dicembre, ha rielaborato i consumi di riferimento giornalieri di numerosi nutrienti ed ha profondamente modificato le norme applicabili all’etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari, rendendola, fra l’altro, obbligatoria a partire dal 2016.

Inoltre, il Regolamento (CE) 1924/2006 ha introdotto le indicazioni nutrizionali e sulla salute che possono notevolmente modificare il consumo di particolari prodotti alimentari, illustrando al consumatore i benefici di salute associati a particolari alimenti. Purtroppo, le prescrizioni dell’art. 4 di questo Regolamento concernente la determinazione dei profili nutrizionali dei prodotti alimentari che possono beneficiare delle indicazioni citate, sono rimaste inapplicate a causa delle obiezioni di alcuni Stati membri. Ciò malgrado fin dal febbraio 2008 l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) avesse raccomandato la proibizione dell’uso delle indicazioni nutrizionali e sulla salute per gli alimenti, nei quali specifici livelli di grassi saturi, sodio e zucchero venissero superati. Il completamento dell’attuazione di questa normativa potrebbe dare un contributo non secondario al miglioramento della nutrizione dei consumatori europei.

Io credo che sia necessario arrivare ad un accordo quinquennale formale che permetta a tutte le parti in causa di trovare un’onorevole soluzione e che assicuri una riduzione del consumo degli alimenti che risultano attualmente più dannosi (per l’elevato contenuto di zuccheri raffinati, grassi saturi e sale).

Questo accordo potrebbe essere inizialmente basato sull’adesione a modalità di informazione dei consumatori maggiormente rispettose della realtà, da definirsi preventivamente in modo molto dettagliato e sottoposto a stretta vigilanza da parte delle Autorità competenti degli Stati Membri. L’accordo potrebbe anche prevedere un contributo da parte delle Aziende del settore alimentare a favore delle Autorità degli Stati Membri dell’Unione Europea competenti per la scuola, al fine di promuovere la realizzazione di appositi programmi di educazione alla salute, attraverso insegnanti qualificati, specialmente negli ultimi anni della scuola elementare e della scuola media.

Qualora lo svolgimento di questo programma non desse i risultati auspicati, si potrebbe pensare di intervenire con un aumento progressivo dei prezzi di vendita degli alimenti citati (sulla scorta del minimum price per l’alcol deciso in Canada) con l’obiettivo di arrivare alla significativa riduzione dei consumi sull’arco di un decennio.

Sono ben consapevole che una negoziazione simile (e per di più vincolante) con le diverse componenti del settore alimentare non è facile. Tuttavia, i Governi potrebbero porre sul tavolo l’alternativa di un’ “Accisa per la Salute” anche molto gravosa: se il peso della porzione fosse gravato di una tassa variabile, ma significativa, i consumi si ridurrebbero senza alcun corrispettivo per i produttori che ne trarrebbero solo svantaggi. Trovare quindi vie ragionevoli che vadano bene a tutti (o non vadano male a nessuno) potrebbe, a mio avviso, essere un grande e utile impegno per gruppi di lavoro misti che possano lavorare con adeguati supporti internazionali in un contesto internazionale prestigioso nei prossimi anni con obiettivi e scadenze ben pianificati.

Credo che un contesto valido potrebbe essere l’Expo di Milano che, a fronte delle grandi quantità di risorse assorbite, potrebbe costituire non solo un importante momento di presentazione dell’Italia e dei suoi valori, ma anche un punto di riferimento nel futuro per la soluzione o il miglioramento  di un grande problema della salute pubblica e ambientale che, se non risolto, rischia di compromettere seriamente la sorte della popolazione europea e non europea.

D’altra parte bisogna considerare che il tema della presente nota rappresenta per l’Unione Europea una sfida considerevole e che una maturazione delle decisioni necessarie potrebbe intervenire anche all’interno di nuove politiche dell’Unione Europea per tutelare la salute dei propri cittadini.

Quale istituzione internazionale potrebbe sostenere Expo 2015 ad un compito tanto delicato? La Carta di Milano che Expo redigerà sui temi dell’obesità (spesso associata alla malnutrizione), dello spreco di cibo e dell’agricoltura sostenibile (che oggi per oltre il 30% è destinata a nutrire gli animali da allevamento e/o a produrre biocarburanti) verrà portata all’ONU per approvazione ed endorsement. Anche il Piano per la Salute Pubblica qui tratteggiato potrebbe vedere nell’ONU l’istituzione di riferimento e di endorsement, ma è verosimile che l’ONU possa e voglia prendere questa posizione mentre sta per concludersi con il massimo riserbo un Patto Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti tra USA ed Europa che, se approvato, darà alle Aziende, e in particolare alle multinazionali, spazi di libertà molto maggiori di quelli attuali a vantaggio dei loro profitti[1], anche se questi contrastano con la salute pubblica?

Un vero percorso in salita, ma un compito che ogni persona di coscienza ha il dovere di assumersi per assicurare un futuro alla nostra Terra e alle future generazioni e per evitare già oggi la morte per fame e per sete di 4000 bambini al giorno.

[1] Il testo del trattato preparato dalla Commissione Europea prevede, ad esempio, che i produttori  possano intentare un’azione di risarcimento nei confronti di quegli Stati che abbiano emanato provvedimenti lesivi del loro business.

Documentazione suggerita

  1. Big food, big pharma: is science for sale? BMJ 2015;350:h795.
  2. IPCC Working Group 2013 – http://www.climate 2013.org/spm.
  3. Hilary J. The Transatlantic Trade and Investment Partnership and UK healthcare. BMJ 2014;349:g6532.
  4. Godlee G. Climate change. Who should now declare a public health emergency. BMJ 2014;349:g5945.
  5. Stockwell T. Minimum unit pricing for alcohol. Europe to follow Canada’s lead, if the courts allow. BMJ 2014;349:g5617.
  6. Wilkinson R, Pickett K. How 21st century capitalism is failing us. It requires thoroughgoing democratic transformation. BMJ 2014;349:g7485.
  7. Behforouz HL et al. Rethinking the social history. N Engl J Med 371, 1277-79, 2014.
  8. Rubin R. Marketing e-Cigarettes to Teens. JAMA 312, 1389, 2014.
  9. ENI Scuola
  10. Grow HM, Schwartz MB. Food Marketing to Youth. Serious Business. JAMA, 312(18), 1918-19, 2014.
  11. Popkin BM. Reducing meat consumption Has Multiple Benefits for the World’s Health. Arch Intern Med, 169 (6), 543-45, 2009.

 

La Casa della Salute e i suoi vantaggi

La Casa della Salute è il cardine della nuova sanità territoriale perché ci si attende che possa:

  • facilitare l’accesso alle cure primarie ordinarie
  • migliorare i servizi di prevenzione e promozione della salute
  • consentire una gestione delle malattie croniche di qualità
  • ridurre il ricorso agli ospedali e al pronto soccorso
  • aumentare l’integrazione tra i vari settori della sanità a tutto vantaggio dei pazienti

Non bisogna però attendersi che tutti questi vantaggi divengano evidenti in tempi brevi, in quanto in tutti i sistemi complessi i cambiamenti devono essere aggiustati in corso d’opera e dimostrano i loro effetti dopo alcuni anni. Inoltre il modello deve essere flessibile per adattarsi alle diverse realtà del Paese, ed è necessario iniziare con la sperimentazione prima di diffonderlo su tutto il territorio.

È anche importante il coinvolgimento e la responsabilizzazione degli operatori, tenendo presente che le responsabilità non possono essere disgiunte dai poteri e dai riconoscimenti di merito. La Casa della Salute infine deve essere il nodo principale di una rete di servizi che spazia dall’ospedale locale al domicilio del paziente, che identifica un’unica azienda-rete dei servizi sanitari e come unica azienda sanitaria deve comportarsi in termini di gestione, organizzazione e rapporti con il personale.

(Schwenk TL. The Patient – Centered Medical Theory. One size does not fit all. JAMA 311, 802-803, 2014)

La spesa sanitaria

Il principale fattore di aumento della spesa sanitaria (almeno il 50%) è dovuto alla nuova tecnologia e alla sua diffusione. Lo sviluppo di nuova tecnologia è massimo nelle nazioni più ricche, che investono maggiormente nello sviluppo tecnologico. Gli altri fattori (inclusi i cambiamenti epidemiologici) hanno poca influenza sulla spesa sanitaria: un effetto però lo ha la capacità dei Governi di negoziare con i fornitori i prezzi dei prodotti, di organizzare bene i servizi sanitari per aumentare efficienza e qualità, ricordando che gli sprechi sono molto elevati (circa il 30% della spesa) a causa della variabilità troppo alta, della scarsità della prevenzione, dei troppo elevati costi amministrativi, dell’eccesso di cure per acuti.

Il Governo di fronte alla sanità deve capire due cose:

1. l’interesse della popolazione è di favorire, non ostacolare lo sviluppo tecnologico, perché ciò migliora lo stato di salute: basta pensare ai progressi enormi compiuti nelle malattie cardiovascolari, in oncologia e in pediatria;
2. bisogna far crescere continuamente efficienza e qualità procedendo a piccoli passi, condividendo le scelte, studiando e sperimentando le soluzioni, premiando il merito, investendo nella educazione e motivazione del personale, tenendo sempre in prima evidenza la salute ed il benessere dei cittadini tutti senza discriminazioni e con equità.

Il Servizio Sanitario che migliora la salute della Nazione costa, e la spesa non può essere contenuta con tagli e riduzioni acritiche e ciniche che rallentano il progresso, ma con innovazioni gestionali, qualità dei servizi e attenzione alle classi sociali più svantaggiate. L’obiettivo finale è quindi l’attenzione al valore del denaro (value for money) e al benessere della popolazione, nel contesto di una società che migliori i determinanti sociali di tutti i cittadini e non solo i servizi sanitari. Questi devono essere reingegnerizzati e monitorati; il Servizio Sanitario Nazionale presenta molti vantaggi, ma anche esso invecchia e i suoi valori devono essere potenziati con cambiamenti saggi e ben studiati, che includano la medicina territoriale, la cura della cronicità, l’integrazione tra le diverse aree della sanità e il coinvolgimento dei pazienti e del personale sanitario.

(Blumenthal D et al. Health care spending. A giant slain or sleeping? New Engl J. Med. 369, 2551-57, 2013)

Dobbiamo offrire più salute

La salute dipende per un 10% dal Servizio Sanitario, ma soprattutto dall’ambiente in cui viviamo e dai determinanti sociali, quali il cibo che assumiamo, la disponibilità di abitazioni salubri e sicure, le opportunità di educazione e lavoro (Doran et al. Housing and health care. New York’s boundary-crossing experiment. NEJM 369, 2374 – 77, 2013). Un governo avveduto e attento al benessere dei cittadini deve considerare tutti questi aspetti per migliorare la salute pubblica, ossia deve innanzitutto conoscere la realtà del Paese, studiare le possibilità di miglioramento, redigere piani fattibili di intervento e dotarli di risorse adeguate. Purtroppo siamo molto lontani da questo comportamento ideale: l’Italia concede troppo agli interessi organizzati che interferiscono con la salute pubblica (tabacco, industria alimentare, gioco d’azzardo),* ha poca sensibilità per l’ambiente e l’educazione, non riesce ad assicurarsi in modo sufficiente il lavoro e altri determinanti sociali. Ancor più grave, riserva a questi temi poca attenzione. Pensiamo ad esempio ai senza tetto e alle persone povere ricoverate in residenze sanitarie assistenziali a spese del Comune. Le loro condizioni di salute sono precarie e basterebbe attivare residenze protette comprensive di assistenza sanitaria e sociale (cosiddetta supportive housing) per evitare disagi e spese di gran lunga superiori, compresi il ricorso ai pronto soccorso e le ospedalizzazioni (Doran et al.) Limitare la nostra visione della salute ai servizi sanitari tradizionali si sta rivelando sempre più inefficace e costoso. E’ tempo di aprire la mente ad orizzonti più ampi per assicurare maggior benessere a tutti i cittadini, utilizzando meglio le risorse esistenti, che in buona parte vengono oggi male utilizzate o sprecate. Ancora una volta è la capacità di più ampia visione e di superare l’attaccamento allo status quo che può consentirci di vivere meglio.
Come diceva Benjamin Disraeli “la prima preoccupazione di un primo ministro deve essere la salute del popolo”.

 


* Anche in UK il fenomeno è salito di recente alla ribalta con la prova che l’industria è riuscita a stoppare l’iniziativa di governo del prezzo minimo per unità alcolica. (Gornall J. Under the influence. BMJ 2014; 348: f7646).

La Casa della Salute

La Casa della Salute è un presidio di cura socio-sanitario per cronici. E’ composto da un team (infermiere, fisioterapista, assistente sociale, visitatore) che affianca il generalista per l’assistenza sia interna che domiciliare. Si rapporta con custodi socio-sanitari e antenne psichiatriche esterne (Gruppi di auto-aiuto) e con generalisti che operano singoli o associati nel loro studio e che si occupano dei casi acuti e di monitorare alcune categorie di cronici a domicilio (esempio: ipertesi ricoverati per ictus e poi dimessi a casa per mantenere la pressione arteriosa e prevenire le complicanze). I generalisti esterni e i pediatri sono convenzionati ed operano sia in studio che a domicilio dei loro pazienti, anche in urgenza e di notte, coadiuvati dai medici di Guardia Medica. Tutti coloro che operano nella Casa della Salute sono dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale. Essi sono:

  1. unità di valutazione multidimensionale per il piano terapeutico ed il monitoraggio dei cronici
  2. ‚case manager che opera con un generalista per la gestione e il coordinamento del paziente, per assicurare la continuità delle cure e la raccolta dei dati dei pazienti
  3. specialisti di varie discipline
  4. „team paramedico
  5. farmacista clinico

La Casa della Salute fa parte di un’Azienda Rete di Servizi Sanitari (ARS) che comprende:

  1. Ospedale locale (composto di Unità di bassa intensità di cura e di un Pronto Soccorso collegati all’Ospedale di Riferimento)
  2. ‚Poliambulatorio Guardia Medica per l’urgenza (se esistente)
  3. ƒRSA e altre residenze collettive protette
  4. Antenne di quartiere e custodi socio-sanitari (se esistenti)

Il case manager e il suo generalista seguono e sono il riferimento di un certo numero di pazienti e li seguono ovunque essi si trovino, coordinandone il percorso di diagnosi e cura.

Ogni ASL può avere più ARS, e il paziente è libero di scegliere tra esse. Ogni ARS ha una sua dirigenza che include i medici e risponde alla ASL del suo operato. Anche le Associazioni di pazienti e dei benefattori fanno parte dei Consigli di Amministrazione e collaborano con i servizi ispettivi delle ASL e nella gestione dei reclami.

La Casa della Salute è proattiva nella prevenzione primaria e secondaria, e il farmacista clinico vigila sulla compliance alla terapia con farmaci. La ARS è il collettore e distributore di tutte le risorse assegnate dalla Regione, che sono costituite da una quota capitarla fissa e da una quota variabile, calcolata anche in base alla qualità dei servizi erogati, valutata dalla ASL e dalle Regioni su indicatori socio-sanitari, sui reclami, sulla valutazione dei pazienti e delle loro Associazioni e sulle valutazioni effettuate dal personale.

I medici generalisti devono avere anche posizioni accademiche ed essere coinvolti in ricerche cliniche e sanitarie. Tutto il personale e specie i medici sono tenuti ad un programma di Continuous Professional Development (CPD) e ad una rivalidazione per il rinnovo del contratto quinquennale di lavoro. Il contratto dei dipendenti è unico ovunque essi siano impiegati (Ospedale, Poliambulatorio, Casa della Salute) e la quota variabile viene aumentata per i team che hanno i risultati migliori.

 

(Margolius D. Less tinkering, more transforming. How to build successful patient-centered Medical Homes. JAMA Int Med 173, 1702—03, 2013)