La salute dipende per un 10% dal Servizio Sanitario, ma soprattutto dall’ambiente in cui viviamo e dai determinanti sociali, quali il cibo che assumiamo, la disponibilità di abitazioni salubri e sicure, le opportunità di educazione e lavoro (Doran et al. Housing and health care. New York’s boundary-crossing experiment. NEJM 369, 2374 – 77, 2013). Un governo avveduto e attento al benessere dei cittadini deve considerare tutti questi aspetti per migliorare la salute pubblica, ossia deve innanzitutto conoscere la realtà del Paese, studiare le possibilità di miglioramento, redigere piani fattibili di intervento e dotarli di risorse adeguate. Purtroppo siamo molto lontani da questo comportamento ideale: l’Italia concede troppo agli interessi organizzati che interferiscono con la salute pubblica (tabacco, industria alimentare, gioco d’azzardo),* ha poca sensibilità per l’ambiente e l’educazione, non riesce ad assicurarsi in modo sufficiente il lavoro e altri determinanti sociali. Ancor più grave, riserva a questi temi poca attenzione. Pensiamo ad esempio ai senza tetto e alle persone povere ricoverate in residenze sanitarie assistenziali a spese del Comune. Le loro condizioni di salute sono precarie e basterebbe attivare residenze protette comprensive di assistenza sanitaria e sociale (cosiddetta supportive housing) per evitare disagi e spese di gran lunga superiori, compresi il ricorso ai pronto soccorso e le ospedalizzazioni (Doran et al.) Limitare la nostra visione della salute ai servizi sanitari tradizionali si sta rivelando sempre più inefficace e costoso. E’ tempo di aprire la mente ad orizzonti più ampi per assicurare maggior benessere a tutti i cittadini, utilizzando meglio le risorse esistenti, che in buona parte vengono oggi male utilizzate o sprecate. Ancora una volta è la capacità di più ampia visione e di superare l’attaccamento allo status quo che può consentirci di vivere meglio.
Come diceva Benjamin Disraeli “la prima preoccupazione di un primo ministro deve essere la salute del popolo”.