Qualità in Sanità 2

Quality management

✰ Quality Improvement (QI) è parte del sistema di gestione, composto da quality planning con fissazione degli obiettivi di miglioramento chiesti dagli utenti (ridurre le attese!), quality assurance (QA) e quality control (QC).
QA si ha tramite audit, accreditamento e ispezioni per verificare il rispetto delle procedure e degli standard: se le cose non vanno bene ci vogliono azioni correttive, pensate con creatività e innovazione da tutto il gruppo della qualità con gli operatori del settore e talora un Ente terzo indipendente.
QC. Bisogna innanzi tutto definire i parametri da usare per il controllo (cruscotto!): importanti sono i dati numerici ripetuti nel tempo e confrontati tra loro.

✰ Per la qualità è importante la qualità del personale, che va selezionato, educato, coinvolto e premiato se meritevole. Nella sanità italiana pubblica le Direzioni sono lontane dal personale, non si può premiare il merito, ci sono regole sindacali paralizzanti. Il peggio è costituito dall’impiego di cooperative degli infermieri, che spesso arruolano persone inadeguate con grave sofferenza dei pazienti.

Qualità in Sanità 1

La qualità del servizio in Sanità dipende da ognuno dei seguenti fattori, che tuttavia non sono da soli sufficienti a produrre il risultato sperato:
➊ Professionalità del personale
➋ Misurazioni e valutazioni sistematiche con metodo scientifico
➌ Incentivi economici
➍ Metodi di finanziamento del servizio
➎ Struttura, organizzazione e gestione
➏ Determinanti socio-economici degli utenti (reddito, casa, lavoro, educazione, sicurezza, rischi di fumo, diabete, ecc.)
➐ Cessare le pratiche che non servono o non funzionano
➑ Sostituire la medicina reattiva e frammentata con quella preventiva, longitudinale e coordinata per i cronici
➒ Personalizzare la cura e incentivare i comportamenti rispettosi del personale
➓ Investire nella salute pubblica e nei servizi locali di miglioramento del benessere.

McGlynn EA. Improving the Quality of US Health Care – What Will It Take?
New Engl J Med 383, 801-3, 2020.

Gli insegnamenti del Covid-2

  1. Senza essersi preparati prima (con un Piano Pandemico ben fatto e un CCM esperto e operativo) non si può affrontare bene un’epidemia
  2. I nostri maestri di igiene insistettero molto giustamente sul fatto che sporco e pulito devono essere sempre rigorosamente distinti e i loro percorsi non devono mai incrociarsi
  3. È fondamentale che l’epidemia non fermi la restante sanità. Essa quindi deve essere addizionata di un’area Covid precisa che inclusa Triage medico con tampone prima del PS e poi 2 linee distinte di PS, astanteria, referti, ambulatori con proprio personale e locali sempre separati e non mescolati. Le strutture e organizzazione Covid possono e forse devono essere precarie perché temporanee e possono basarsi su Protezione Civile, Forza Armate, Volontari Comunità.
  4. La comunicazione e l’educazione al personale sanitario e al pubblico è fondamentale: deve essere veritiera, affidata a personale autorevole, equilibrata; non affidata a sedicenti scienziati che devono soddisfare il loro ego infischiadosene del bene collettivo. La politica deve restare fuori dalla comunicazione come tutti coloro che sono ammalati di protagonismo.
  5. Un SSN ignorato per anni, sotto finanziato, gestito dalla politica per la politica non può reggere una pandemia. Fuori la politica dalla Sanità. No al sottogoverno in Sanità e soprattutto alla nomina nei posti chiave di persone che non conoscono i problemi di salute della gente e poco sono interessati al suo benessere.
  6. È risultato chiaro a tutti che l’organizzazione dello Stato voluta dalla nostra Costituzione è imperfetta, specie a livello del Titolo V della Costituzione. Infatti i poteri sono troppo distribuiti (con l’inconveniente di eccitare ambizioni e veti che rallentano ogni cosa) e il principio di sussidiarietà che pone sullo stesso livello Stato Centrale, Regione e Comuni senza chiare indicazioni sui relativi compiti e responsabilità e senza una gerarchia hanno creato troppi conflitti istituzionali, con conseguenti ritardi e sconcerto nella popolazione. Le regioni hanno concentrato i loro sforzi sulla sottrazione di potere allo Stato Centrale più che alla realizzazione di efficienti servizi e strutture per il benessere dei loro cittadini.

Piano pandemico

Il Piano pandemico si compone di diversi documenti che entrano in gioco nelle fasi successive di una pandemia con interventi successivi che sono compito del CCM (Centro di Controllo e Prevenzione delle Malattie) e della struttura permanente di esperti che lo compongono, in base al Decreto Legge n. 81 del 2003, e che ha sede presso il Ministero della Salute, con il concorso dei CCM regionali.

  1. Piano Pandemico Basale: è uno schema articolato in capitoli che considerano i vari aspetti di ogni possibile epidemia (logistica, finanziamento, formazione del personale, esercitazioni pratiche, comunicazione al personale e al pubblico, ecc) senza identificare una epidemia in particolare. Un prototipo molto recente è quello commissionato e pubblicato dalla Johns Hopkins University nel settembre 2019 e disponibile sul web.
  2. Il Piano Pandemico Operativo, che viene messo a punto quando, in base all’analisi dei rischi effettuata nell’ambito della Rete internazionale dei CDC, ogni nazione valuta se un’epidemia fra quelle che continuamente scoppiano nel mondo, presenti un rischio discreto o forte di arrivare a colpirla. Il Piano Basale diviene allora operativo e finalizzato al contrasto di quella specifica epidemia.
    Nel caso del Covid-19, quando si è visto che l’epidemia dilagava in Cina perché causata da un virus fortemente contagioso, l’Italia avrebbe dovuto rendere operativo il Piano Base entrando nel merito di ogni capitolo.
  3. Aggiornamenti del Piano Operativo. Dopo che l’epidemia ha colpito la nostra Nazione che avrebbe dovuto rendere Operativo il Piano Base, si sarebbero dovuti iniziare gli Aggiornamenti del Piano Operativo, e primariamente la correzione delle azioni che non hanno funzionato bene. Nel caso del Covid-19 la pausa estiva dell’epidemia e a maggior ragione quella dell’inverno successivo con l’inizio della campagna vaccinale esigerebbe aggiornamenti del Piano Operativo che si dovrebbero ripetere di tempo in tempo in base all’andamento dell’epidemia e alle innovazioni scientifiche.

Nel nostro caso il Piano epidemico di base, il Piano Operativo e suoi aggiornamenti erano stati realizzato per la Sars-1 del 2003-2004, in accordo al DL 81/2003 convertito in Legge 138/ 2003. Il Piano epidemico di base non era “vecchio”, ma erano vecchi il Piano Operativo (in parte) e gli aggiornamenti. La realtà è che questo impianto di prevenzione delle epidemie e lo stesso CCM non sono stati più considerati dopo il 2012 quando il finanziamento del CCM e lo stesso CCM hanno cessato di esistere.

La Medicina Territoriale: urgenza italiana

In Italia è prioritario un rafforzamento della sanità territoriale, intesa come potenziamento dei medici di base, compresi quelli che operano nel proprio studio, singoli o associati. Questi medici, tuttavia, devono essere aggiornati sistematicamente e legati organizzativamente alla cosiddetta Casa della Salute (o Community Clinics) da cui dipendono e che può essere collocata in un POT (Presidio Ospedaliero Territoriale) e in un Walk-in-Centre, che in tempo di Covid non deve però accogliere sospetti infettati.
La Casa della Salute ha due principali compiti:
1) fungere da centro sempre aperto (senza prenotazione) per le patologie urgenti (non emergenza!!) per diagnosi e terapia, a disposizione dei cittadini, ma anche dei medici di base (come consulto o second opinion)]
2) VMD (Valutazione Multi Dimensionale) per cronici, con social prescribing e piano individuale di assistenza attuato da link-workers, ma prescritto dal medico.
Questa formula è in sperimentazione in Gran Bretagna e discende dal fatto che molti dei problemi dei pazienti cronici non si risolvono con farmaci ed esami, ma con un approfondito colloquio medico-paziente e con adeguati servizi sociali di comunità, che il medico deve conoscere e che deve poter prescrivere agli assistenti sociali operativi alle sue dipendenze. Si tratta di assicurare un housing ai senzatetto anche con strutture precarie, una igiene alimentare, la cessazione del fumo, la perdita del peso, ecc. Ovviamente tutto il territorio (sia istituzionale che volontario) deve partecipare a risolvere questi non facili problemi, ma il territorio può crescere solo se inserito a pieno titolo in una organizzazione adeguata. Importante infine che nel piano assistenziale afferiscano anche altre strutture intermedie, come RSA, Centri di Riabilitazione, Centri diurni, ecc., nonché l’ADI.
Per quanto riguarda il rapporto di lavoro dei medici di base, io credo che si debba offrire a coloro che operano da soli nel loro studio la possibilità di rimanere convenzionati, mentre per coloro che operano nelle strutture territoriali complesse sia necessario prevedere un rapporto di dipendenza e una carriera con molteplici posizioni funzionali analoghe a quelle dei medici ospedalieri e con queste intercambiabili, cosicchè sia anche possibile una migliore integrazione e mobilità tra Ospedale e territorio. Anche la medicina territoriale, infine, dovrebbe poter adire a posizioni accademiche.

  1. Per l’walking centre cfr. girolamosirchia.org
  2. Per social prescribing cfr. Roland M et al. Social prescribing-transforming the relationship between physicians and their patients. New Engl J Med 383, 97-99, 2020.
  3. NHS England. Social prescribing and community-based support: summary guide. Giugno 2020 (www.engand.nhs.uk)
  4. Moffatt S et al. Link worker social prescribing to improve health and well-being for people with long-term conditions: qualitative study of service user perceptions. BMJ open 2017;7:e015203.