Frenare la pubblicità dei cibi non salutari

Nel Regno Unito è urgente che il Governo ponga dei limiti alla pubblicità per i cibi non salutari (junk food). Si noti che la prevalenza mondiale di obesità dei bambini è cresciuta di 10 volte tra il 1975 e il 2016, e oggi raggiunge il 5,6% nelle bambine e il 7,8% nei bambini(1).
La richiesta proviene dall’Obesity Health Alliance che raggruppa oltre 40 organismi professionali e volontari. Il Giornale “The Grocer” ha pubblicato che le Aziende che producono i 18 marchi più comuni di questi cibi hanno speso £ 143 milioni nell’anno passato, ossia 27,5 volte più dei 5,2 milioni di sterline che lo Stato spende ogni anno per promuovere una alimentazione salutare con la campagna “Change4life”. Si noti peraltro che il Servizio Sanitario Nazionale del Regno Unito spende ogni anno £ 38 milioni per la chirurgia bariatrica e £ 5,1 miliardi in altri trattamenti dell’obesità(2). Forse anche l’Italia dovrebbe riflettere e fare i conti su questo argomento.

[1] BMJ 2017;359;j4670
[2] BMJ 2017;359;j4677

La Solitudine è un Problema di Salute Pubblica

La solitudine, specie negli anziani, è un problema di salute pubblica perché comporta il rischio di morte prematura(1). Pertanto le reti di supporto sociale devono essere inserite nei determinanti di salute secondo l’OMS. Aumentare la connessione sociale dimezza il rischio di morbilità e mortalità prematura. Questi dati indicano anche che sempre più i medici devono considerare i determinanti sociali dei pazienti oltre ai determinanti sanitari. E’ questa una sfida che interessa soprattutto i Medici di Famiglia, il cui ruolo diviene ogni giorno più importante nella società e che implica anche la necessità di investire maggiormente nella loro formazione e nel loro aggiornamento continuo, così come già suggerito nel 1978 dalla Dichiarazione di Alma – Ata2. In questo settore vi è ampio spazio per il volontariato e per la costituzione di reti amicali se quelle parentali non sono possibili. Ma vi deve essere soprattutto un maggior coinvolgimento dei decisori politici, cui compete l’obbligo di capire e monitorare il fenomeno, investire maggiori risorse ma anche conoscere e studiare soluzioni efficaci, quali l’integrazione tra servizi sanitari e sociali(2), il sostegno delle Case della Salute integrate, il sostegno proattivo delle attività di gruppo e del volontariato, ma anche la misura della fragilità(3) e servizi di sostegno domiciliare relativi e soprattutto la riduzione del differenziale socio – economico tra le varie aree del Paese e con esso le disparità e l’attesa di vita(4). Continua a leggere

La prova che muoversi migliora la salute

Effettuare 150 min/settimana di movimento fisico di moderata intensità (camminare a passo veloce) riduce del 28% il rischio di morte e del 20% quello di un accidente cardiovascolare[1], ma anche il rischio di cancro e di diabete; inoltre rallenta la comparsa dei danni da invecchiamento[2] e previene e cura l’obesità.

E’ raro trovare provvedimenti così utili per la salute come il movimento fisico.

[1] Lear SA et al. The effect of physical activity on mortality and cardiovascular disease in 130.000 people from 17 high–income, middle–income and low–income countries: the PURE study. Lancet 390, 2643-54,2017

[2] McNally S et al. Focus on physical activity can help avoid unnecessary social care. BMJ 2017;359;j4609

I costi dell’obesità

Nel 2013 è stato calcolato che in USA il costo sanitario di una persona obesa è maggiore di $600 – 3.800 per anno (a seconda dell’età) rispetto a quello di un’analoga persona normale.

(Fallah–Fini S et al. The additional costs and health effects of a patient having overweight or obesity: a computational model. Obesity 25, 1809 – 15, 2017)

Per i 20 anni di AIMaC

Ringrazio tutti Voi di AIMaC, e in particolare, il Professor Francesco De Lorenzo, per avermi invitato a questo Vostro importante compleanno, che dà a tutti noi la possibilità di apprezzare quanto avete fatto e ottenuto per i malati di tumore sia sul piano pratico che su quello scientifico e culturale. Ma questa occasione si presta anche a qualche riflessione sul nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che ha finora dato prestazioni soddisfacenti ma che deve oggi subire qualche modifica per far fronte a nuove sfide. E’ necessario cambiare alcune cose se si vuole migliorare, giacché – citando Winston Churchill – anche se non tutti i cambiamenti generano miglioramenti, non può esistere miglioramento senza cambiamento. E’ la mutata realtà epidemiologica e tecnologica che ci impongono di farvi fronte con opportuni aggiornamenti e cambiamenti. In primo luogo dobbiamo affrontare seriamente il tema della centralità del paziente nel sistema, una bandiera sventolata da tutti, ma mai piantata fermamente nel terreno, un‘araba fenice – parafrasando il Metastasio – che ci voglia ciascun lo dice, dove sia, nessun lo sa. Sono proprio i pazienti cronici (ossia quelli che utilizzano circa 2/3 dei servizi sanitari) che insistentemente chiedono di poter avere uno o più medici e una o più strutture di riferimento, con i quali interagire in modo continuativo; vogliono che i medici siano disponibili e che dedichino tempo ad ascoltarli, a consigliarli, a guidarli nel non facile percorso attraverso il Servizio sanitario, in una parola a prenderli in carico, come persone prima che come pazienti. Il SSN deve essere ripensato partendo dalle necessità del malato prima che degli altri pur legittimi interessi. Il ragionamento sembra ovvio; ma perché allora non si traduce in realtà? La riposta è semplice: perché il paziente ha una capacità contrattuale inferiore a quella di altri interessi e di altri stakeholders. L’azione che ne consegue è un vettore che scaturisce da posizioni talora contrastanti e che non va nella direzione voluta dal paziente, ma dagli interessi più organizzati e rappresentati sia in termini sindacali che economici. Come è possibile dunque che così tanti malati e le loro Associazioni non riescano ad imporre la loro voce ai decisori politici? Continua a leggere