Il prossimo futuro è spegnere i dannosi determinanti commerciali per la salute

Girolamo Sirchia

Premessa

Il 3 dicembre 2024 il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato la Raccomandazione non vincolante C/2024/7425 che invita gli Stati dell’Unione Europea ad allagare anche a specifiche aree all’aperto il divieto di fumo e lo svapo. Il motivo è l’evidenza che il fumo di tabacco e lo svapo di vapori contenenti nicotina e additivi di vario tipo sono in continua crescita nei Paesi Membri e nel mondo a causa di una strategia messa in atto dai produttori che si avvale anche di una disinformazione circa i danni da svapo (dichiarati come minimi), indirizzata soprattutto ai giovani e ai giovanissimi con lo scopo di creare dipendenza alla nicotina e quindi assicurarsi una clientela per gli anni futuri. Nella realtà questa affermata riduzione del danno non è provata e la Food and Drug Administration (FDA) ha già dichiarato che oggi non si può affermare che lo svapo riduca il danno provocato dal fumo di tabacco, ma solo che procuri danni di tipo differente. Sempre più evidenze scientifiche inoltre dimostrano che tali danni non sono irrilevanti in quanto diverse sostanze contenute nel vapore sono dannose (innanzi tutto la stessa nicotina contenuta al 5% nella maggior parte dei liquidi presenti nella cartuccia della sigaretta elettronica e-cig) e tossiche [glicol propilenico, glicerina, aromi e carcinogeni, come aldeidi, metalli pesanti (nichel, piombo e stagno) e altre sostanze chimiche come il diacetile che provoca gravi lesioni polmonari anche mortali:10 ml di liquido, quando riscaldati dalla batteria e atomizzati, arrivano a contenere e rilasciare fino a 500 mg di nicotina equivalenti a 10 pacchetti di sigarette]. Il contenuto di nicotina inoltre smentisce l’affermazione che lo svapo sia utile per smettere di fumare o che non costituisca fumo passivo e possa quindi essere usato anche laddove il fumo di tabacco è proibito oppure che non debba essere assoggettato ai limiti del tabacco quali il divieto di pubblicità e vendita ai minori. E’ inoltre ampiamente dimostrato che lo svapo costituisce spesso un facilitatore all’uso duale di tabacco e svapo e/o all’uso di altre sostane che provocano dipendenza come la cannabis.

Infine è urgente considerare altri fenomeni che stanno prendendo piede nella società europea. Finora abbiamo parlato e agito singolarmente contro il tabacco, l’alcol, il cibo non salutare, ecc. Oggi abbiamo capito che le aziende produttrici usano tutti gli stessi metodi e strategie di marketing e che ognuno di questi singoli prodotti danneggia la salute, che è una sola.

Per questo parliamo di prodotti spesso dannosi per la salute, che vengono venduti con artifici di marketing e che definiamo determinanti commerciali della salute. Ci vogliono strategie globali di salute pubblica per difendere la società da queste minacce:

  1. a livello statale serve un Piano Globale di Salute Pubblica e Prevenzione Primaria, escludendo i lobbisti e l’interferenza a livello regolatorio;
  2. ci vuole tempo perché molte attività dannose procurano molti posti di lavoro e vanno convertite in un Piano Poliennale di conversione;
  3. bisogna convincere l’opinione pubblica della necessità di difendere la società da ciò che danneggia la salute, che è ampiamente dimostrato essere motore di sviluppo economico e sociale.

Legge di iniziativa governativa

Recepimento della Raccomandazione C/2024/7425

del Consiglio dell’Unione Europea

  • Richiamato il diritto costituzionale alla salute (art. 3 della Corte Costituzionale)
  • Vista la Raccomandazione C/2024/7425 del Consiglio dell’Unione Europea
  • Vista lalegge n. 3 del 16/1/2003, art. 51 e i suoi decreti attuativi
  • Visto l’impegno dell’Unione Europea a ridurre l’inquinamento ambientale [dell’aria, delle acque e del suolo (Direttiva dell’Unione Europea 2019/904)]
  • Visto il DL n. 104/2023 “Divieto di fumo nelle pertinenze esterne della scuola”

l’Italia recepisce la Raccomandazione C/2024/7425 del Consiglio dell’Unione Europea.

Il Governo e per esso gli Enti Territoriali e Locali si impegnano nelle seguenti azioni:

1. le norme previste dalla succitata legge 16/1/2003, n. 3, art. 51 si applicano anche a spazi all’aperto se confinati e soggetti ad assembramenti. La dispersione nell’ambiente dei rifiuti dell’uso di prodotti del tabacco e di svapo (e-cig) è punito con una contravvenzione di € ….. che può essere comminata da tutte le Forze di Polizia o da personale incaricato ufficialmente da queste ultime anche se non appartenenti alle Forze dell’Ordine

2. La legge 16/1/2003, n. 3, art. 51, si applica anche in altri spazi all’aperto di particolare rilevanza quali parchi e giardini pubblici, spiagge, fiumi, laghi, mare, boschi e riserve naturali, spazi e pertinenze di scuole, strutture sanitarie, uffici pubblici ed esercizi aperti al pubblico. In questi luoghi aperti possono essere attrezzate aree per fumatori secondo le norme sancite dal DL 104/2003 applicativo della legge 16/1/2003 n. 3, art. 51, senza aggravio di spesa per la finanza pubblica.

    Milano, 2 gennaio 2025

    Preparare oggi la sanità di domani

    Girolamo Sirchia

    Il 21 novembre 2024 il Center for European Reform (CER) ha pubblicato a firma del suo economista, Sander Tordoir, una riflessione sulla situazione dell’Unione Europea e alcuni suggerimenti per la sua strategia finanziaria per il dopo 20271.

     L’Unione Europea oggi rischia di regredire e perdere terreno collocandosi come economia terza dietro agli Usa e alla Cina, che si stanno aggiudicando una fetta rilevante di industrie strategiche rispettivamente nel campo dell’innovazione tecnologica e di quella manifatturiera. Il recente Rapporto Draghi sulla competitività invita l’Unione Europea a valorizzare i suoi punti di forza anziché disperdersi in infruttuosi tentativi di recupero su terreni meno favorevoli. Tordoir suggerisce di puntare sulla sanità, dove già l’Unione Europea dispone di alcuni importanti e competitive industrie farmaceutiche e, aggiungo io, numerose eccellenze cliniche.[1]

     L’Unione Europea è un continente vecchio, con una popolazione anziana in crescita e una conseguente riduzione della capacità produttiva e del gettito fiscale. La riduzione della forza lavoro conseguente all’aumento delle malattie croniche (cardiovascolari, tumorali, polmonari e metaboliche), alle assenze per malattia e al pensionamento precoce, devono anche spingere l’Unione Europea verso investimenti per la prevenzione e la salute pubblica2, ossia investimenti con alto ritorno che consentono anche una riduzione molto significativa dei costi che oggi gravano sulla spesa pubblica e sulle imprese.

    Anche l’Italia ha urgente necessità di investire maggiormente nel Servizio Sanitario Nazionale. Mi sembra che la maggioranza degli Italiani si renda conto dei vantaggi di avere un Servizio Sanitario Nazionale e non sia disposta a rinunciarvi, ma chieda un miglioramento del Servizio stesso, che necessariamente passa da un maggior finanziamento e da un riordino organizzativo gestionale. Sembra a molti che trovare nuove risorse non sia impossibile ancorchè difficile se si riducono gli sprechi, se si ricorre ad un migliore cofinanziamento e soprattutto se i decisori politici si convincono che la salute non è un costo improduttivo, ma un motore di progresso economico e sociale. Si stima che ogni Euro investito nella prevenzione e nel miglioramento della salute pubblica[2] generi un ritorno economico di 14 volte. Malgrado ciò la spesa per la prevenzione e la salute pubblica rappresentano in Italia e nell’Unione Europea solo una piccola percentuale della spesa sanitaria. Anche il benessere psicofisico dei lavoratori e le iniziative delle imprese per aumentarlo sono assai vantaggiose e vi è ampio spazio per ricerca e sviluppo anche in questo campo.

    Draghi sottolinea anche dove l’Unione Europea dovrebbe agire con rapidità per migliorare le cose: la regolamentazione eccessiva e disuniforme, la lentezza dell’attuazione dei provvedimenti, le diversità normative tra gli Stati che la compongono, dovrebbero essere affrontate con priorità. Anche le infrastrutture e l’educazione sono investimenti ad alto ritorno. In Italia inoltre vanno sostenuti e migliorati altri ambiti come il turismo, l’alimentare e le produzioni di nicchia, ma serve un piano strategico di Governo per migliorare queste attività. Nel nostro Paese bisogna subito investire parte delle risorse disponibili per la sanità nella motivazione e aggiornamento del personale2, nell’organizzazione e gestione dei servizi sanitari, nell’ammodernamento degli insegnamenti universitari3, nella promozione degli stili di vita salutari e più in generale nella prevenzione primaria a basso costo. Sarebbe appropriato anche che le limitate risorse disponibili venissero utilizzate al meglio, rivedendo la spesa attuale per ridurre gli sprechi che alcuni stimano pari o superiori al 25% della spesa sanitaria corrente. Si tratta di sprechi inaccettabili, legati per lo più a mancanza dii buoni provvedimenti o a cattiva gestione (abusi di servizi sanitari, inutili prestazioni, medicina difensiva, ecc.).

    Credo infine che vi siano margini per recuperare nuove risorse, come applicare un’imposta annua significativa, in luogo della demolizione, a coloro che abusivamente hanno costruito o esigere risarcimenti alle imprese che danneggiano la salute pubblica anziché applicare loro agevolazioni fiscali come nel caso del tabacco, che è la principale causa di morte e morbilità prevenibile4-6.

    Di seguito alcune iniziative allineate con il percorso strategico più sopra delineato, ed elencate in ordine di importanza, ricordando però sempre che il Servizio Sanitario è un sistema poliedrico e complesso, composto da molti settori tra loro interconnessi ed interdipendenti, che per di più sono in continuo divenire. Per questo è molto difficile modificare efficacemente uno o più settori e si spiega come mai le riforme della sanità siano spesso poco efficaci. Vale invece sempre il famoso rapporto 20/80 di Vilfredo Pareto secondo il quale, in alcuni ambiti importanti e trasversali a più settori, individuare e modificare un 20% delle variabili più determinanti può modificare l’80% dei risultati, a condizione che tali variabili e le loro connessioni siano attentamente studiate e si utilizzi un piano strategico meticoloso dell’intervento di cambiamento, che includa anche preliminari sperimentazioni su piccola scala.

    1. Motivazione e aggiornamento del personale sanitario: fondamentale ripristinare la carriera basata sul merito (nel territorio ad esempio il Primario territoriale e le posizioni accademiche). Il personale sanitario è demotivato in quanto uniformato da una diffusa concezione dottrinale di tipo egualitario che è l’esatto contrario della meritocrazia, privato delle sue prerogative di decisore e ingabbiato in una ragnatela di regole di tipo amministrativo. Disaffezione e turnover del personale si traducono in difficile rapporto con i pazienti. Solo personale motivato e aggiornato assicura servizi di qualità al malato. Da qui la raccomandazione basilare make the doctor happy, ricordando sempre che la soddisfazione del personale sanitario non si basa solo su strumenti economici anche se questi sono indispensabili.

    La motivazione e la preparazione professionale del personale sanitario sono determinanti ai fini della qualità delle prestazioni erogate. Oltre alla qualità tecnica, però sempre più conta il rapporto di cortesia ed empatia con l’utente, che ne determinano in gran parte la soddisfazione. Ciò è ben noto all’imprenditore privato, il cui successo sul mercato dipende largamente da queste connotazioni, ma è meno considerato nelle strutture pubbliche ove la gestione del personale non si è evoluta sufficientemente e resta troppo impersonale e burocratica. Siamo ancora molto lontani dal concetto di “Pubblica Amministrazione Imprenditoriale” auspicata fin dal 1992 da Osborne e Gaebler nel loro magnifico libro “Reinventing Government7.L’organizzazione e la gestione delle strutture sanitarie pubbliche, che vedono una dirigenza di tipo prettamente amministrativo e contabile e che tendono a mettere in subalterno i valori medici e assistenziali, escludendo di fatto il personale sanitario dalle scelte strategiche e organizzative, sono alla base dello scontento di medici e pazienti che sta minacciando seriamente sia il nostro Servizio Sanitario Nazionale che quello inglese8 giacchè ci siamo scordati che la mission delle strutture sanitarie è l’eccellenza medica, non l’efficienza e la produttività, anche se i risultati (qualità, quantità e costo) devono essere attentamente controllati per ogni servizio. Il personale sanitario è deluso e cerca soluzioni lavorative più vantaggiose. Siamo in forte carenza di medici e infermieri e assistiamo a soluzioni organizzative non sempre consone come i cosiddetti “medici a gettone” che creano problemi anziché risolverli. Cresce il turnover del personale, che notoriamente si traduce in danni alla salute degli assistiti e aumento delle morti9. Anche il Sindacato non si è evoluto verso un sindacalismo di proposta e di collaborazione critica con la dirigenza e si limita a restare un Sindacato di protesta vecchia maniera, di scarsa utilità e spesso inviso all’utenza. Il personale sanitario in servizio viene poi sovraccaricato di lavoro e il tempo per i pazienti è sempre più limitato e stressante, anche per l’aggressività che gli utenti mostrano verso il personale sanitario. Errori di comunicazione continuano a generare erronee convinzioni negli utenti, compresi quelli da poco giunti nel nostro Paese, ai quali viene demagocicamente ripetuto che la Costituzione Italiana garantisce il diritto alla salute (art. 32 della Costituzione), senza chiarire loro che questo diritto, come tutti gi altri, deve essere esercitato nei limiti delle leggi vigenti, che impongono anche dei doveri ai cittadini.

    Tutti sappiamo che il Servizio Sanitario Nazionale è sottofinanziato, e che finchè le risorse saranno insufficienti sarà difficile risollevare le sue sorti. Tuttavia non basta immettere denaro nel sistema per migliorarlo, anche se ciò è indispensabile. Bisogna preparare un piano di medio termine con alcune priorità ben tracciate e, tra queste, l’aggiornamento e la motivazione del personale che premi il merito e la qualità con maggior rispetto degli utenti e del personale sanitario. E’ fondamentale inoltre far capire agli utenti che il nostro Servizio Sanitario Nazionale è un bene prezioso e non qualcosa di cui disfarsi perché inadeguato. Basta sottolineare il fatto che nessun farmaco necessario, anche se costoso, viene negato ai pazienti e viene erogato gratuitamente, cosa che non accade in molti Paesi anche se economicamente evoluti. La nostra classe medica e infermieristica è eccellente e la medicina italiana è tra le migliori del mondo, ma i servizi sanitari devono essere migliorati sotto il profilo organizzativo e gestionale. E’ qui che dobbiamo intervenire perché il servizio funzioni meglio, l’accesso migliorato, le liste di attesa accorciate e gli utenti soddisfatti.

    Anche il rapporto tra pubblico e privato accreditato potrebbe trovare una composizione nel contesto della qualità se il reclutamento del personale da parte delle strutture pubbliche potesse liberarsi degli inutili orpelli concorsuali, con compensi proporzionali al valore del personale. Nulla vieta che vi sia una base comune nel CCNL, ma un’amministrazione pubblica di tipo imprenditoriale dovrebbe essere libera di acquisire e retribuire proporzionalmente il personale migliore in quanto risorsa strategica per garantire l’eccellenza. Così le strutture pubbliche potrebbero svettare nel mercato e divenire il pace maker di riferimento per tutte le strutture pubbliche e private della Regione di appartenenza e non solo, attirando utenti ed eccellenze professionali che oggi non considerano più interessante una posizione nelle strutture pubbliche.

    L’obiettivo di rendere l’Italia polo di attrazione per il turismo sanitario del Mediterraneo passa per questi miglioramenti organizzativi, che non sono poi tanto difficili da realizzare.

    B. La prevenzione primaria a basso costo tende innanzi tutto ad individuare le popolazioni più a rischio delle principali malattie e concentrare su di essi le risorse. Importanti esempi:

    1. Algoritmi applicati a una popolazione di soggetti apparentemente sani per patologia cardiovascolare, diabete ecc. (Score due, Finrisc, ma anche anamnesi accurata con albero genealogico e altri dati clinici) seguiti da ulteriore stratificazione dei rischi (ad esempio il Poligenic Risk Score o indagini più complesse anche strumentali come attuato dal progetto CV – Risk per il cardiovascolare)

    2. Promozione degli stili di vita salutari (contrasto al fumo, allo svapo, agli alcolici e ai cibi processati). Si pensi che il fumo di tabacco e dei suoi succedanei è in ripresa in Italia e il costo di questa dipendenza si stima si aggiri intorno ai 26 miliardi annui, parimenti ripartiti tra la spesa sanitaria e le giornate di lavoro perdute.

    3. La salute sul posto di lavoro (pause di ginnastica, alimentazione sana nelle mense, ecc.).

    4.  Vaccinazioni

    5.   La diagnosi precoce (screening costo-efficaci).

    C. Organizzazione territoriale della sanità. Vedrei con favore la sperimentazione di Poli Sanitari costituiti da:

    – Ospedali di riferimento comprensivi di aree IRCCS molto specializzate e associate all’Università (Hub)

    –  Ospedali di Comunità e RSA

     –  Case di Comunità (comprensive di medici di medicina generale, specialisti ambulatoriali, servizi sociali, volontariato)

     –   Medici di Medicina Generale singoli o associati in territori disagiati.

    Importante che la circolazione del personale all’interno del Polo sia continua, anche ai fini dell’aggiornamento. Il personale sanitario si aggiorna frequentando regolarmente gli ambiti clinici e ritornando a visitare i malati oltre che acquisire le tecniche che ancora non conosce (ecografie, elettrocardiogrammi, ecc.).

    L’Ospedale di riferimento organizza e gestisce tutto il Polo, riceve malati complessi e trasferisce quelli che oggi bloccano inutilmente i letti specialistici, trasferisce conoscenza e aggiornamento al personale, forma gli specialisti ecc., fa ricerca e innovazione anche con l’industria e la sua ricerca, anche per la produzione di terapie biologiche (cellule staminali, anticorpi monoclonali, car-T, editing genetico, ecc.).

    Nei Poli, presso gli Ospedali di Comunità (idealmente contigui ai DEA) si dovrebbe attrezzare anche una Guardia Medica (walk-in centers10-12 per l’urgenza non emergenza territoriale, per la second opinion, per consulto senza prenotazione ecc.).

    D. I Curricula Studiorum per corso di laurea in Medicina e Chirurgia e specializzazioni vanno ammodernati3. Sanità e Università devono individuare nuovi corsi di laurea e di specialità e programmare insieme il futuro, definire la forza lavoro necessaria e i modi per acquisirla, motivarla e aggiornarla.

    E. I rapporti internazionali per la sanità sono fondamentali. Un esempio è stato il Progetto Italia Usa del 2003 dove i finanziamenti sono stati per i due Stati di 50 milioni ognuno e hanno consentito sia stage del personale all’estero sia progetti comuni di ricerca che hanno fruttato pubblicazioni e trasferimento tecnologico.

    F. La salute e l’ambiente. Esiste ampio spazio per migliorare l’ambiente in cui viviamo e in particolare l’aria inquinata di alcune città che notoriamente è causa o concausa di gravi patologie13,14. In particolare, in quanto più fattibili, parchi in città15-18 e programmi per ridurre il consumo e la copertura del suolo (cemento e asfalto)19.

    Molte nostre città sono diventate giungle di asfalto e cemento, inquinate da sostanze tossiche e rumore, deserti ecologici e sociali, inadatti a rendere la vita più piacevole per tutti, ma in particolar modo per gli anziani e i bambini.

    In conclusione, se restiamo fermi e lasciamo che le cose si aggiustino spontaneamente, il nostro Servizio Sanitario Nazionale perderà le sue preziose connotazioni di servizio universale accessibile a tutti indipendentemente dalla disponibilità economica degli utenti e relativamente poco costoso, grande motore di sviluppo sociale ed economico del Paese.

    Il cambiamento va però studiato e programmato con cura e senza pregiudizi. Non vedo ancora nascere in Italia un dibattito costruttivo né altre iniziative utili. Tacciono purtroppo anche la classe medica e l’Università che dovrebbero essere i leader del cambiamento e non una massa passiva disponibile ad assecondare le volontà e gli interessi di altri.

    Considerazioni riassuntive

    Alcuni analisti ritengono che l’Europa avrebbe buone possibilità di competere con le superpotenze occidentali e orientali se potenziasse la sanità, che include alcune importanti e innovative industrie farmaceutiche. L’Italia, oltre ad alcune industrie del settore, ha come punto di forza numerosi centri di eccellenza clinica inseriti nel contesto di un Servizio Sanitario Nazionale accessibile a tutti i cittadini senza esigere pagamento al punto di fruizione. Ancora oggi, malgrado le difficoltà economiche, la sanità pubblica italiana continua ad erogare a tutti coloro che li necessitano costosi farmaci innovativi e servizi sanitari, diversamente da quanto accade in altri Paesi anche ad economia avanzata, dove ciò non accade per coloro che non hanno disponibilità economica. L’Italia a mio avviso dovrebbe potenziare questo punto di forza correggendo alcune distorsioni organizzative e gestionali che si sono verificate nel tempo, ridisegnando 1) i rapporti con il personale sanitario, 2) l’attenzione e la priorità agli erogatori di pubblici sevizi sanitari previa correzione degli sprechi più evidenti ed esigendo una partecipazione economica alle aziende private che fanno larghi profitti in Italia, 3) investendo nella prevenzione primaria a basso costo e raggiungendo un accordo economico con le aziende che operano in Italia e producono beni che danneggiano la salute pubblica, a titolo di risarcimento.

    Si tratta di procedere a lenti passi successivi con pragmatismo, senza pregiudizi e ideologie, studiando con cura i provvedimenti e sperimentandoli su piccola scala prima di adottarli. Non è difficile prevedere così che l’Italia possa rappresentare un punto di attrazione sanitaria per aree europee ed extraeuropee.

    Milano, 23 dicembre 2024

    Riferimenti bibliografici

    1. Tordoir S. Is investing in public health a no-brainer?. Centre for European Reform. CER Insight. www.cereu, 21 November 2024.
    2. Health at a Glance: Europe 2024. OECD Social, 2024

    https://lnkd.in/eXpWH3aD

    https://www.oecd.org/en/publications/health-at-a-glance-europe-2024_b3704e14-en.html

    3. O’Ryan ML, Saxena S et al. Time for a revolution in academic medicine? BMJ. 2024 Nov 28;387:q2508. doi: 10.1136/bmj.q2508. PMID: 39608836.

    4. European Commission. Proposal for a Council Recommendation on Smoke- and aerosol-free Environments, 2024.

    Economic argument: source https://lnkd.in/eMx-kKHV

    5. Tobacco poisoning our planet, 2022

    Environmental argument:source: https://lnkd.in/ehBARhMX

    https://www.who.int/publications/i/item/9789240051287

    6. Pérez M, McLure J et al. The boom in fruit flavour cigarettes is driving youth smoking in Latin America-despite the tobacco industry’s promises. BMJ. 2024 Nov 21;387:q2553. doi: 10.1136/bmj.q2553. PMID: 39572056.

    7. Osborne D, Gaebler T. Dirigere e Governare. Una proposta per reinventare la pubblica Amministrazione, Garzanti Ed., 1995.

    8. Ferris TG, Dixon J et al. Lessons from England’s National Health Service. N Engl J Med. 2024 Nov 14;391(19):1852-1859. doi: 10.1056/NEJMhpr2407495. PMID: 39536234.

    9. Mahase E. Higher staff turnover is linked to increased deaths in NHS

    hospitals, study finds. BMJ. 2024 Nov 20;387:q2578. doi: 10.1136/bmj.q2578. PMID: 39566967.

    10. https://www.nuffieldtrust.org.uk/sitesdefault/files/2019-

     11/1575037889_darzilondon.pdf

    11. Torjesen I. Monitor investigates reasons behind closure of “popular” Darzi

       walk-in centres. BMJ 2013;346:f3570

    12. Sirchia G. Expo 2015 Sanità. http://www.girolamosirchia.org

    13.  Pérez Velasco R, Jarosińska D. Update of the WHO global air quality guidelines: Systematic reviews – An introduction. Environ Int. 2022 Dec;170:107556. doi: 10.1016/j.envint.2022.107556. Epub 2022 Oct 1. PMID: 36395555; PMCID: PMC9720155.

    14.  Ma T, Knobel P et al. Source-Specific PM2.5 and Atherosclerotic Cardiovascular Disease Mortality. NEJM Evid. 2024 Dec;3(12):EVIDoa2400182. doi: 10.1056/EVIDoa2400182. Epub 2024 Nov 26. PMID: 39589192.

    15. World Health Organization. How much does enviromental noise affect our health? WHO updates methods to assess health risks, 4 August 2024

    16. Ferrini F. Il ruolo degli alberi nella condivisione degli spazi pubblici: benessere e sostenibilità urbana, Arboricultura Urbana – Arboriculture and Urban Forestry

    Unifi.it/p-doc2-2015-0-A-2b33392e3b29-1.html

    https://www.facebook.com/arboricolturaurbana/.

    17. Westlin J. Urban Biodiversity: The Future of Conservation, DeepRoot Blog.

    18. Ferrini F. Gli spazi verdi ci proteggono dalla mortalità precoce,

    https://lnkd.in/dZyEqeV

    https://www.facebook.com/arboricolturaurbana.

    19. Ferrini F. Depavimentare le città: una strategia per contrastare il cambiamento climatico

       http://Lnkd.indZyEqeV


    [1] Nota 1. Bernard Kouchner, Ministro della sanità francese negli anni 2001-2002 proponeva di istituire i Centri di Riferimento europei per attirare i malati facoltosi di tutto il mondo grazie alla loro eccellenza. Noi proponemmo gli IRCCS.

    [2] Nota 2. Definizione di salute pubblica: Public Health is the science and art of preventing diseases, prolonging life and promoting health of community through the organized efforts of the society, leaving no one behind. Kevin Fenton.

    Milano, 23 dicembre 2024

    Storia di una strategia vincente

    La legge 16 gennaio 2003 n. 3, art. 51

     “Tutela dei non fumatori dal fumo passivo

    Sommario

    1. Premessa
    2.  L’azione del Ministero della Salute: il piano strategico
    3. La squadra del Ministero
    4. Risultati immediati della legge
    5. Il seguito e i tempi odierni
    6. Mancanza di volontà politica e di coraggio
    7. Conclusioni e proposte.
    1. Premessa

    Il prossimo 10 gennaio 2025 la legge con i suoi decreti attuativi compirà 20 anni dalla sua entrata in vigore. Per festeggiare questa ricorrenza, e la sua ancora immutata efficacia, ho pensato di rispondere a coloro che da anni mi chiedono come sia stato possibile riuscire ad emanare una legge che danneggia pesantemente le potenti multinazionali del tabacco, laddove miei anche illustri predecessori non erano riusciti.

    Breve storia personale

    Sono entrato nel secondo Governo Berlusconi il 16 giugno 2001 come Ministro della Salute[1] provenendo da una lunga esperienza di sanità pubblica costituita da oltre 40 anni di attività professionale nel Policlinico di Milano, dove per 28 anni ho diretto un Dipartimento Trasfusione e Trapianti composto da Centro Trasfusionale ed Immunoematologia, da un’Associazione di Donatori di Sangue periodici al servizio esclusivo del Policlinico e di altri 10 presidi di cura milanesi, dalla prima Banca Italiana di Sangue Placentare e da un servizio di Immunologia dei Trapianti poi divenuto Centro Interregionale di Riferimento per il Nord Italia Transplant (Nitp), che avevo costituito con i Proff. Edmondo Malan e Piero Confortini al servizio delle Regioni Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria e Marche e della Provincia Autonoma di Trento. Per molti anni ho frequentato l’Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia dove ho collaborato con l’Assessore Vittorio Rivolta e i suoi funzionari alla realizzazione del piano ospedaliero della Lombardia e del piano di riordino dei Centri Trasfusionali (Crosi). Ho collaborato inoltre per molti anni con il Ministero della Salute ed in particolare con i Ministri Carlo Donat Cattin e Franco De Lorenzo. Negli anni ‘94-’95 ho ricoperto la carica di Vice Commissario dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano su designazione del Ministro Raffaele Costa e, negli anni 1999-2001, quella di Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Milano.

    2. L’azione del Ministero della Salute 

    Assumendo il dicastero della salute nel redigere il piano di lavoro ho prestato particolare attenzione alla prevenzione che era stata trascurata per molti anni. Mi sono reso conto che la causa di questa trascuratezza risiede nel fatto che la prevenzione collide con gli interessi organizzati della Nazione e con le imprese, che a loro volta generano posti di lavoro e gettito fiscale per lo Stato. Per quanto riguarda in particolare il fumo di tabacco, salta subito all’occhio che esso causi in Italia, secondo le stime, oltre 93.000 morti evitabili all’anno (e una morbilità 30 volte superiore) con una spesa approssimativa di circa 26 miliardi all’anno ($ 3 al giorno per fumatore nella seconda metà degli anni ‘90, oggi pari a $ 5,7)[2], gravante per il 50% sulla spesa sanitaria e per il restante 50% a carico delle imprese per le giornate di lavoro perdute. La filiera del tabacco impiega oltre 200.000 persone e assicura altrettanti posti di lavoro che sono oggetto di attenzione del Governo, sia per l’aspetto economico che per il consenso politico. 

    La filiera del tabacco trova all’origine le multinazionali che lo lavorano e che tramite abilissimi lobbisti e grandi avvocati, assoldati grazie agli enormi guadagni di queste imprese, interferiscono pesantemente con le azioni di Governo, bloccandole sul nascere quando possono danneggiare il loro business o ricorrendo legalmente contro le normative che hanno visto la luce. Si capisce così come mai i provvedimenti che toccano la filiera del tabacco siano spesso falliti in passato. Le metodologie utilizzate dalla filiera delle multinazionali del tabacco sono inoltre state adottate da molti altri business inclusi in particolare quello degli alcolici e quello dei cibi processati dall’industria (non salutari). 

    Il piano strategico 

    Di fronte a questa situazione ho pensato di redigere un piano strategico per la salute, che fosse al riparo dagli attacchi che potevano provenire sia dall’esterno che dall’interno (Governo e Parlamento). La nostra legge si è pertanto appellata innanzi tutto al principio costituzionale che prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini italiani di fronte alla legge (art. 3 della Costituzione) con parità di diritti e doveri e alla Convenzione Quadro (Framework Convention on Tobacco Control) della World Health Organization del 2003, poi approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che impegna 180 nazioni del mondo, tra cui l’Italia, a controllare la produzione e il consumo di tabacco,

    Sulla base di questi elementi il Governo di cui facevo parte ha chiesto al Parlamento la delega a redigere un provvedimento che potesse tutelare i diritti dei non fumatori oltre a quelli dei fumatori: non quindi una legge proibizionista (perché non vieta a chi desidera fumare di continuare a farlo), ma una legge che protegge anche i diritti di coloro che non vogliono respirare aria contaminata dal fumo passivo, che contiene migliaia di sostanze tossiche e cancerogene. Il Parlamento diede al Governo la delega richiesta e lavorammo quindi alla stesura dei decreti attuativi che presentammo all’approvazione del Parlamento in un momento molto critico per i lavori parlamentari in quanto si stava preparando e discutendo la legge finanziaria. In altri termini il Parlamento, molto occupato a redigere la finanziaria, prestò poca attenzione ai nostri provvedimenti, che vennero approvati. L’applicazione dei decreti, che vietano il fumo nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro e che vietano la pubblicità al consumo di tabacco, dovette superare anche qualche ostacolo frapposto da alcuni componenti del Governo, ma ebbe il via libera definitivo dal Consiglio dei Ministri e dal suo Presidente Silvio Berlusconi il 23 dicembre 2004 per diventare operativa dal 10 gennaio 2005.

    3. La squadra al Ministero 

    Al Ministero mi resi conto che, per attuare la nostra strategia, era necessario innanzi tutto costituire una squadra composta da figure altamente qualificate in diversi ambiti. Il primo elemento chiave riguardava la Direzione del Dipartimento della Prevenzione: riuscimmo ad acquisire una persona laureata in legge di grande esperienza e straordinaria abilità e sensibilità politica, operante in Farmindustria come lobbista. Il secondo ambito fondamentale era il consenso della popolazione: era essenziale preparare i cittadini a comprendere ed accettare una legge volta a liberare l’ambiente dal fumo. La contaminazione dell’aria e delle acque causata dal fumo, insieme alle microplastiche generate dai mozziconi dispersi nell’ambiente, rappresentavano un problema prioritario da affrontare. Per sensibilizzare l’opinione pubblica ci avvalemmo di un abile (e oggi molto noto ed apprezzato) Addetto Stampa, che organizzò principalmente interviste, e partecipazioni del Ministro a programmi televisivi e dibattiti piuttosto che campagne costose e poco efficaci, in quanto soverchiate dalla incessante pubblicità commerciale. Uno dei momenti chiave fu smascherare in diretta TV l’interesse della Confcommercio (acerrimo oppositore) che era azionista al 2% di una multinazionale del tabacco (Philip Morris italiana). Infine, ma non ultimo, il grande ed entusiastico supporto che ebbi dalla Segreteria particolare, dalla Segreteria tecnica, ma anche dalla maggior parte di Direttori ministeriali e da un avveduto Capo di Gabinetto.

    Il terzo elemento cruciale fu il controllo sull’applicazione della legge. Grazie alla grande dedizione del Comandante dei Carabinieri per la Salute, Generale Gennaro Miglio, avemmo le risorse umane necessarie a garantire il rispetto delle norme.

    Infine, fu determinante l’azione sul Parlamento per ottenere il consenso della politica, nonostante l’interferenza di lobbisti influenti. Dopo numerosi contrasti e compromessi, la legge sul divieto di fumo nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro divenne esecutiva il 10 gennaio 2005.

    4. Risultati immediati della legge

    Contrariamente alle previsioni catastrofiche dei lobbisti – perdita di posti di lavoro, calo della clientela nei locali – i risultati furono straordinari. Nei 6 mesi successivi i ricoveri per infarto miocardico acuto e ictus calarono vistosamente e il numero di fumatori si ridusse di circa il 5%. 

    La popolazione accolse la legge con entusiasmo, rendendola tuttora valida ed efficace grazie ad un forte senso di responsabilità collettiva.

    5. Il seguito

    Il 23 aprile 2005, con la crisi del secondo Governo Berlusconi, lasciavo il Ministero della Salute. Da quel momento, con la mia uscita, si interruppe anche l’azione contro il fumo e il controllo del tabacco. Le multinazionali, molto abilmente, capirono che era necessario differenziare il loro business, che altrimenti sarebbe andato incontro ad un progressivo declino. Il loro obiettivo strategico divenne quello di mantenere elevata nella popolazione la dipendenza dalla nicotina, puntando a conquistare nuovi fumatori soprattutto fra i giovani per assicurarsi così una clientela duratura.  La strategia era chiara: somministrare nicotina in modi diversi affiancando al tabacco combusto, notoriamente dannoso e cancerogeno, prodotti come sigarette elettroniche e dispositivi a tabacco riscaldato, sostenuti dallo slogan: “Riduciamo il danno causato dalla combustione del tabacco“. Il messaggio, che descriveva questi prodotti come poco dannosi, trovò terreno fertile tra i giovani e le donne, tanto che la loro diffusione è in continua crescita, sia in Italia che nel resto del mondo. Il messaggio non è veritiero, in quanto i danni da svapo non possiamo dire che siano minori ma solo diversi da quelli del fumo tradizionale, come affermato dalla Food and Drug Administration (FDA).

    Oggi, in Italia, manca un’azione di contrasto efficace. La pubblicità di questi prodotti è libera, e l’uso dello svapo nei luoghi pubblici e di lavoro non è regolamentato, non essendoci una norma che lo equipari al fumo tradizionale.

    Sarebbe sufficiente una legge che stabilisse che il vapore prodotto dalle sigarette elettroniche può nuocere ai non-fumatori e va quindi regolato allo stesso modo del fumo di tabacco tradizionale.

    6. La volontà politica e il coraggio

    La mancanza di norme che incidono sulla pubblicità dei nuovi device è evidente. Basta visitare la Stazione Termini di Roma per osservare un negozio che promuove i dispositivi di svapo, attirando i passanti con hostess e promozioni accattivanti. Questi dispositivi, specie gli usa e getta, rappresentano un grave problema anche per l’ambiente, poiché vengono smaltiti senza controllo, contribuendo all’inquinamento. Inoltre è nota solo in parte la composizione dei suoi costituenti e molti di quelli dichiarati sono dannosi.

    In sintesi, al danno clinico legato all’uso di nicotina si aggiunge il danno ambientale. Malgrado ciò, mancano iniziative di Governo per controllare questa realtà. L’inerzia dei Governi che si sono succeduti in Italia dal 2005 ad oggi a difesa della salute pubblica e dell’ambiente è imbarazzante.

    7. Conclusioni

    L’esperienza passata dimostra che un’azione decisa e una popolazione consapevole possono portare a grandi risultati. È necessario riprendere questa strada con determinazione, per continuare a tutelare la salute pubblica e l’ambiente dalle nuove insidie poste da un settore in costante evoluzione. Ciò tuttavia richiede capacità e coraggio, giacchè contrastare i poteri forti può causare per i politici la perdita della loro posizione. Se si tratta di politici di professione ciò è da loro inaccettabile. Per questo ritengo che chi siede in un Esecutivo di Governo (Ministri, Assessori Regionali e Comunali, Presidenti e Consiglieri di Amministrazione di Enti dello Stato o a partecipazione statale) non debba essere chi vive di politica.

    Alla domanda “Che cosa farebbe?” risponderei come segue:

    1. assimilare i fumi dello svapo a quelli del tabacco, applicando così allo svapo i limiti della legge vigente. Basta una legge di due righe;

    2. affidare all’Istituto Superiore di Sanità il controllo sui prodotti in commercio così da garantire il rispetto di limiti prefissati del contenuto di nicotina e degli altri composti chimici, in analogia a quanto fatto in Usa per l’FDA;

    3. aumentare gradualmente e a piccoli passi le accise sui prodotti, ma soprattutto imporre ai produttori una tassa per il risarcimento ai danni procurati al creato (persone, animali, ambiente);

    4. regolare le attività dei lobbisti in senso restrittivo. Limitare (anche con una tassazione) i contributi erogati dai produttori, a qualsiasi titolo, a Enti pubblici o privati e a persone che operano con il pubblico;

    5. utilizzare tutte le entrate di cui ai punti precedenti per consentire la conversione delle colture di tabacco, potenziare i centri antifumo, sostenere l’attività di controllo (Istituto Superiore di Sanità, Nas, etc.) e altre attività tese a ridurre il fumo e lo svapo.

    Sono consapevole che il contrasto alle dipendenze e agli interessi che li sostengono è lungo e difficile, ma è doveroso e possibile, come dimostra questo “Storia di una strategia vincente” ed i positivi risultati ottenuti da alcuni Paesi con misure di controllo sull’uso del tabacco e dei suoi succedanei.

    Girolamo Sirchia

    Milano, 21 novembre 2024


    [1]arrivai da Milano in una Roma in festa per la vittoria dello scudetto della sua squadra di calcio preferita…

    [2] Il numero di fumatori in Italia oggi si stima sia 12,8 milioni, pari al 24% circa della popolazione adulta.

    Misurazione e stratificazione dei rischi e loro utilizzo in sanità

    Girolamo Sirchia

    Premessa

    Una grande parte della popolazione con l’avanzare dell’età sviluppa una o più patologie croniche che comportano la necessità di crescenti cure e di assistenza. Si calcola che tre quarti della spesa sanitaria venga impiegato per questa fascia di popolazione, che è circa un quarto del totale. Da tempo, quindi, è in atto un impegno per ridurre questo carico di patologie e di spesa, o almeno per ritardarne la comparsa clinica. La strada è quella di identificare precocemente, in una popolazione apparentemente sana, coloro che ammaleranno di patologie maggiormente rilevanti, quali malattie cardiovascolari diabete e neoplasie. Si tratta in una parola di misurare il rischio che le persone ammalino di tali patologie negli anni a venire così da poter concentrare, su quelli che presentano un rischio elevato, le misure di prevenzione specie quelle meno costose, quali la modificazione di stili di vita non salutari o di altri fattori nocivi dell’ambiente di vita. Per ottenere un effetto soddisfacente abbiamo il bisogno di identificare innanzitutto i biomarcatori molto predittivi, siano essi indagini di laboratorio e strumentali, caratteristiche genetiche o fattori clinici che emergono da accurate raccolte dell’anamnesi e dalle visite mediche, singoli o combinati fra loro, senza trascurare altri determinanti come quelli soci economici, commerciali o più in generale ambientali. Molti progressi sono stati fatti nei passati decenni ma molto resta da fare per giustificare l’impegno in questa forma di medicina preventiva.

    Per quanto riguarda la patologia cardiovascolare il primo e più noto studio fu il Framingham e per il diabete il Finrisc.

    La misura e stratificazione dei rischi

    Lo studio Framingham è stato un autorevole studio popolazionistico che ha dimostrato mezzo secolo fa come l’età, il sesso, l’ipertensione arteriosa, i dismetabolismi glucidico e lipidico, il fumo fossero concausa di comparsa delle malattie cardiovascolari. Altri studi successivi hanno perfezionato questa relazione [2013 Pooled Cohort Equations (PCEs), Score2 e Score2-OP 2018, Predictive Risk of Cardiovascular Disease Events 2023 (Prevent) e altri1,2] anche se non è del tutto chiaro quale sia il cut-off che ci permette di distinguere coloro che sono a rischio basso, moderato o elevato, e le caratteristiche di ogni popolazione esaminata che interferiscono con tale definizione. L’algoritmo è valido non per singole persone ma per popolazione, intendendosi per popolazione un insieme di singole unità che sono uniche per caratteristiche, comportamenti e risposte: e quindi l’insieme può non rispecchiare le caratteristiche di ogni singolo individuo. Da qui la necessità di arrivare ad una “medicina personalizzata” analizzando primariamente il genoma dei singoli, da cui discendono molte ma non tutte le caratteristiche individuali; resta sempre fondamentale per la medicina predittiva individuare biomarcatori sempre più validi3.

    Si delinea oggi la tendenza di utilizzare algoritmi popolazionistici (ad esempio Score 2) per individuare i soggetti appartenenti alla categoria a più alto rischio di patologia e perfezionare la personalizzazione con ulteriori marcatori, possibilmente a basso costo, per identificare coloro che presumibilmente svilupperanno la patologia e limitare così gli interventi preventivi soltanto a questi ultimi: si rischia altrimenti di operare e  impiegare risorse anche per soggetti che non si gioveranno di tali provvedimenti4,5. Questa necessità di stratificare il rischio in modo più accurato è alla base, ad esempio, dello studio CVRISK-IT da poco iniziato in Italia, che si propone di effettuare indagini più fini e complesse (inclusa una TAC coronarica senza mezzo di contrasto per la ricerca di calcificazioni arteriose e alcune caratteristiche delle placche nei soggetti risultati ad alto rischio all’algoritmo Score2 6,7.

    La Regione Lombardia anche per il tramite dei bandi della Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica (FRRB) potrebbe promuovere linee di ricerca e progetti sperimentali su alcuni territori, mirati alla stratificazione del rischio cardiovascolare utilizzando ad esempio come biomarcatori di secondo livello il tasso di: LDL-C, Lp(a)8, hsPCR9,10, e per Milano la concentrazione di particolato fine nell’aria (già ben definita, zona per zona, da un ottimo studio dell’ATS di Milano11) o di altre sostanze tossiche dell’ambiente incluse le microplastiche, unitamente ad alcuni dati clinici quali le infezioni croniche della bocca e delle gengive12,13, ma soprattutto combinando tali rischi di popolazione con alcuni parametri clinici e un’analisi dell’ albero genealogico degli esaminati per rilevare l’eventuale presenza nella famiglia della patologia in esame.

    A questo proposito, come Fondazione Il Sangue – Milano, abbiamo realizzato un’App che raccoglie l’anamnesi del soggetto in modo accurato in quanto compilata dal soggetto stesso prima della visita medica14, possibilmente a domicilio con l’aiuto di parenti15, e controllato o completato subito prima della visita medica da una clinical nurse (o infermiera specialista nelle cure primarie e nell’epidemiologia) opportunamente addestrata e dotata di skills per rapportarsi alle persone in modo che capiscano il valore e l’utilità dell’anamnesi ai fini della correttezza della diagnosi che il medico dovrà fare.

    Oggi l’anamnesi è frettolosa per la limitatezza del tempo medico cosicché il medico internista generalista (MMG), ma anche tutti gli altri medici che visiteranno quel soggetto, sono costretti ad effettuare una loro anamnesi frettolosa e incompleta. Si aggiunga che manca anche il tempo perché si instauri un amichevole rapporto medico-paziente in quanto il medico è anche impegnato a riportare i dati in computer, e si rivolge alla tastiera più che al paziente per ottenere quei dati che il paziente stesso emozionato spesso non ricorda16.

    Un’anamnesi accurata consente anche di redigere un albero genealogico per rilevare tipo e frequenza di patologie nella famiglia, quali incidenti cardiovascolari nel nostro esempio, specie se occorsi prima dei cinquant’anni. L’analisi del genoma del paziente (Polygenic Risk Score) è infatti improponibile su larga scala almeno per ora. L’anamnesi così raccolta e controllata dall’infermiera esperta viene trasferita al medico come sintesi delle sue singole parti grazie alle possibilità oggi offerte dall’intelligenza artificiale. Il medico potrà quindi avere un quadro immediato delle evenienze più significative della storia del soggetto e potrà approfondirle se necessario con ulteriori domande senza perdere tempo. Dato il grande valore clinico dell’anamnesi17 si potrebbe anche prevedere che una siffatta anamnesi e i dati della successiva visita medica vengano inseriti nel Fascicolo Sanitario Elettronico così da consentire valutazioni e correlazioni cliniche utili al soggetto e a studi scientifici ed epidemiologici. Infine la rilevazione dinamica dei biomarcatori permetterebbe l’identificazione dei trend individuali dei rischi di malattia e di evoluzione delle patologie già in atto.  

    Quanto esposto per la patologia cardiovascolare è applicabile anche alle principali altre patologie di impatto elevato, come tumori, dismetabolismi, malattie epato-digestive e renali.

    Da notare infine che la stratificazione dei rischi può essere utile per definire le priorità degli accessi al sistema sanitario (liste di attesa) e implementare un triage esperto delle prenotazioni, utile ed equo, gestito da meccanismi automatici.

    Si delinea quindi un’ottima finalità per indirizzare le linee di ricerca,  cui FRRB dovrebbe attenersi per orientare la propria attività ed i relativi bandi, il cui scopo principale potrebbe diventare il miglioramento dell’organizzazione e gestione dei servizi sanitari e dell’attività medica più che, oppure accanto, ad altri tipi di ricerca. Finalizzando ricerche di elevata ricaduta pratica, oltre che di interesse epidemiologico e scientifico, la FRRB potrebbe rappresentare un modello innovativo di ricerca regionale traslazionale18.

    Oltre ad un’accurata raccolta dei dati anamnestici e della visita medica ripetuta nel tempo e corredata da esami strumentali sempre più incisivi, molto si può oggi fare raccogliendo con le moderne applicazioni informatiche altri dati che ci informino sugli stili di vita dei soggetti esaminati, che sappiamo incidere sulla salute e sullo sviluppo della patologia, e che meriterebbero uno sviluppo ben maggiore di quanto oggi avviene grazie anche allo sviluppo tecnologico in corso. Cito le abitudini alimentari, il movimento fisico, il fumo, il consumo di alcolici, ma anche dati che riguardano altri ambiti. Bonino ad esempio pensa ad utilizzare la Fidelity Card e gli scontrini dei supermercati per cogliere le abitudini alimentari poco salutari che influiscono sul metabolismo e sulla salute cardio-metabolica ed epato-metabolica dei soggetti, ma analoghe possibilità sono oggi disponibili attraverso altri canali, inclusi i device portatili sempre più raffinati, che esplorano e misurano l’attività muscolare, parametri biochimici, il sonno, la tensione emotiva, l’esposizione alle polveri sottili nell’aria respirata, ecc.

    Se raccogliamo bene i dati che già sono disponibili e sfruttiamo bene le risorse informatiche e gli algoritmi che crescono continuamente in quantità e qualità, la medicina predittiva, ma anche quella personalizzata, possiamo permetterci di raggiungere risultati incredibili per migliorare la salute di tutti noi e con essa la durata della nostra vita e soprattutto la sua qualità.

    Considerazioni finali

    Se molto resta da fare per definire i determinanti del rischio e i biomarcatori fortemente predittivi, più difficile è come intervenire a rimuoverli o modificarli. La maggior parte dei determinanti modificabili (stili di vita, determinanti socio economici, commerciali, ambientali) è infatti strettamente connessa alle attività umane che sostengono l’economia di un Paese. Si pensi all’industria, al commercio, alle imprese che producono gettito fiscale e posti di lavoro. Il prototipo è la filiera del tabacco e dei suoi succedanei che si stima provochino 90.000 morti premature l’anno solo in Italia (e circa tre volte tanto patologie croniche) ma impiega circa 200.000 persone. Si pensi al cambiamento climatico che stiamo vivendo, generato in grande misura dalle attività umane, e dall’insostenibile numero di abitanti del nostro pianeta e dalla loro aspirazione a una vita migliore. Manca del tutto un equilibrio tra la salute pubblica e gli interessi organizzati. Questi ultimi sono oggi indubbiamente prevalenti e la sopravvivenza stessa dell’umanità e di tutto il creato è oggi in serio pericolo, come ancora recentemente concluso dal Lancet Report 2024  .. Servirebbero azioni immediate e drastiche, ma ciò non è possibile per non sconvolgere l’economia mondiale che si poggia su equilibri molto fragili in un mondo globalizzato, come abbiamo potuto constatare con le recenti decisioni dell’Unione Europea sull’automobile. Io credo che solo interventi governativi a piccoli passi, programmati con sapienza nel medio lungo periodo, possano sperabilmente bilanciare in parte gli opposti interessi anche sfruttando la vertiginosa crescita tecnologica e indirizzandola al bene collettivo, ma anche con la consapevolezza che la salute è un motore economico e sociale della nazione e non un costo assistenziale privo di ritorno economico.

    Il messaggio finale è che il mondo non può sopravvivere se progresso tecnologico, cultura ed etica non lo governano congiuntamente.

    Pisa, 9 novembre 2024

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    Dipendenza da nicotina:

    dobbiamo cambiare le strategie di contrasto?

     Considerando la realtà dei fatti dobbiamo prendere atto che, malgrado i gravi danni che il fumo determina alla salute pubblica, all’ambiente, all’economia delle persone e del Paese, nessuna nazione è finora riuscita ad eliminare il consumo del tabacco e dei prodotti contenenti nicotina (né di altri prodotti che creano dipendenza). I Paesi più determinati sono riusciti a ridurre anche significativamente questi consumi, ma i propositi di eliminare il fumo di governi come Australia e Gran Bretagna sono falliti, e anzi vediamo oggi che questi consumi sono in aumento in molti Stati, inclusa l’Italia. Quali sono i motivi di questo fenomeno? Io ne ho identificati almeno tre.

    1. La grande quantità di interessi e di denaro che si muovono intorno a questi consumi. I produttori maggiori (cosiddetti Big Tobacco) vantano guadagni molto elevati ma la convenienza si estende in misura variabile a tutta la filiera, fino ai coltivatori del tabacco e ai commercianti dei prodotti contenenti nicotina.

    2. La grande abilità dei produttori maggiori, che hanno saputo creare innovative tecniche di immagine dei loro prodotti adattandoli ai tempi: la liberazione della donna negli anni ‘20-‘30 del 900, la libertà portata dal soldato americano ai popoli oppressi, i grandi spazi e la vita all’aperto nelle grandi pianure americane, ma soprattutto, ai tempi nostri, il rimedio per lenire le tensioni della vita moderna. Essi hanno ottenuto di rendere il consumo dei loro prodotti un normale atto della vita quotidiana, quasi utile e persino vantaggioso, allontanando e sfumando i gravi e molteplici danni da essi provocati. Ogni mezzo è stato da loro usato con cinica abilità per difendere i loro prodotti: grandi avvocati nei tribunali, lobbisti ben introdotti per bloccare sul nascere ogni iniziativa pericolosa per il loro business, ricercatori per negare o sminuire i dati che denunciano i danni che questi prodotti generano alla salute degli umani ma anche all’ambiente, con i disboscamenti per disporre di terreni vergini per le coltivazioni del tabacco, la contaminazione delle falde con prodotti tossici e microplastiche derivanti dai miliardi di mozziconi dispersi l’ambiente. Per non parlare della tossicità a cui sono esposti nei Paesi meno evoluti coloro che lavorano nella produzione del tabacco che sono spesso minori, a volte bambini. Grande anche l’abilità dei manager di questi Big Tobacco: basti pensare alla geniale idea di creare la sigaretta elettronica e le IQOS (tabacco riscaldato) e lanciare lo svapo come ‘riduzione del danno ’ causato dalla combustione del tabacco così da indurre i giovani e giovanissimi/e ad assumere nicotina, e quindi assicurarsi una clientela per i decenni a venire. Questa differenziazione ha avuto successo malgrado le evidenze scientifiche che sottolineano come lo svapo non sia affatto innocuo o meno dannoso del tabacco ma solo diversamente dannoso. Quante volte abbiamo visto giovani e meno giovani portare alla bocca la sigaretta elettronica perché “svapare è smart, rilassa, non fa male, ed è consentito ovunque”.

    3. I governi sono perfettamente consapevoli di quanto sta accadendo e della pericolosità delle dipendenze da fumo e da svapo, così come quelle da alcol, da cibi processati industrialmente, da droghe e dal gioco d’azzardo. Sono anche noti i modi per frenare questi consumi, come ho recentemente ricordato in un altro articolo. Ma la priorità di ogni governo, soprattutto nei periodi di difficoltà economica, è quella di mantenere o, meglio, aumentare i consumi perché ciò significa sostenere le imprese e con esse i posti di lavoro e il gettito fiscale.

    Io mi sono quindi convinto che un’azione di governo saggia debba basarsi su pochi pilastri, fra i quali i seguenti.

    A. Darsi obiettivi di contrasto delle dipendenze tesi a ridurle progressivamente nel tempo, senza interventi drastici di breve termine, e possibilmente negoziarli con i maggiori portatori di interessi. La lenta e progressiva riduzione dei consumi sarebbe già un successo.

    B. Attuare provvedimenti efficaci che non diano adito a polemiche e non generino contrasti divisivi nell’opinione pubblica. Ad esempio, in Italia si potrebbe conferire all’Istituto Superiore di Sanità il controllo su tutti i prodotti di consumo di nicotina che si trovano sul mercato fissando alcuni standard di prodotto, quali il contenuto di nicotina e degli additivi usati per renderlo più gradevole. Anche un modesto e progressivo aumento dei prezzi d’acquisto può essere efficace, ma l’aumento di imposte e tasse è regressivo e ovviamente impopolare e va usato con prudenza e lenta progressività. Il maggior introito potrebbe utilmente essere impiegato per incentivare i coltivatori di tabacco a convertire le colture. Lo Stato potrebbe anche considerare di negoziare con i produttori un risarcimento per i danni da essi provocati alla salute delle persone e dell’ambiente, da utilizzare per potenziare i Centri antifumo, l’informazione della popolazione e il coinvolgimento del personale sanitario. È fondamentale infine allargare e far rispettare il divieto di fumo e di svapo non solo negli esercizi pubblici e nei luoghi di lavoro ma anche all’aperto in luoghi assembrati, nelle pertinenze di scuole, ospedali, nei parchi pubblici e sulle spiagge.

    C. Vedrei infine con grande favore l’istituzione nella scuola primaria di primo e secondo grado dell’insegnamento di educazione civica e sanitaria che sarebbe un investimento assai utile non solo per il contrasto alle dipendenze ma anche per ripristinare o rinsaldare comportamenti civili in tutti i futuri cittadini.

    In conclusione, quindi, e per rispondere alla domanda che ho posto all’inizio io credo che alla luce dei fatti dobbiamo pragmaticamente decidere se modificare le nostre strategie per contrastare la crescente diffusione del fumo e dello svapo ma anche delle altre dipendenze. Dobbiamo forse trovare un compromesso soddisfacente perché il meglio è nemico del bene e la saggezza popolare insegna che, se il tuo avversario è troppo forte e non riesci a sconfiggerlo è bene rinunciare al conflitto e tentare di trovare una soluzione di compromesso amichevole che consenta di ottenere un risultato, anche se parziale. Una soluzione che va contemplata e valutata anche se indigesta ai più, compreso il WHO Regional Office for Europe, che invita i Governi ad intervenire con decisione a regolare i prodotti nocivi per la salute (WHO Meeting Report, June 2024).

                                                                                                                                             Girolamo Sirchia