La risposta italiana alla pandemia di SARS-CoV-2

Non si può comprendere appieno la realtà che stiamo vivendo in questa pandemia se non si considerano gli antefatti che hanno contribuito a causarla, ossia:

1) mancati adeguamenti del Fondo Sanitario Nazionale per 10 anni con la perdita di valore stimata intorno ai 37 miliardi di Euro
2) politica di austerity con tagli lineari e mancati investimenti in personale, strutture e attrezzature. Ci siamo addirittura trovati senza personale sanitario per mancata programmazione da parte del Servizio Sanitario Nazionale e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
3) smantellamento presso il Ministero della Salute dei Centri di Controllo delle Malattie, deputati ad operare in una rete internazionale di cooperazione per vigilanza, risk assessment, risk management e risk communication delle epidemie con redazione di relativi piani epidemiologici e minuziosa organizzazione dei suoi molteplici capitoli (vedi prototipo di piano pubblicato dalla Johns Hopkins University nel settembre 2019)
4) decentramento dei servizi sanitari malfatto con eccessiva distribuzione dei poteri, sovrapposizione e incerti confini tra potere centrale e potere regionale. I diversi sistemi sanitari da Regione a Regione hanno generato disservizi e conflitti
5) mancanza di:
– standard fissati dal Ministero della Salute per quantità, qualità e costo delle prestazioni erogate dalle Regioni (da cui disomogenità e migrazioni sanitarie) con sistematiche verifiche centrali sul rispetto degli standard ed eventuali azioni correttive gestite centralmente
– standard ministeriali delle strutture territoriali di riferimento [POT (Presidi Ospedalieri Territoriali), Case della Salute, Walk-in Centres, USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), queste ultime dotate di strumenti portatili di diagnosi e collegati con una Centrale per una second opinion]
– personale e attrezzature delle suddette strutture di riferimento. In particolare ritengo che i medici di Medicina Generale convenzionati possano continuare ad operare in convenzione presso il loro studio, ma debbano essere dipendenti quando operano presso queste strutture di riferimento anche per garantire loro una carriera analoga a quella dei medici ospedalieri
– sistemi di garanzia sul buon funzionamento del servizio sanitario in particolare potenziando il regime dei controlli sulle prestazioni erogate
– inserimento delle strutture territoriali di cura e assistenza (RSA etc.) nel Servizio Sanitario Regionale
6) comunicazione con la popolazione generale, con i pazienti, con il personale sanitario; uso di moderni mezzi a distanza (telemedicina, uso dei social, etc.)
7) mancato coinvolgimento delle Forze Armate nella ricerca e nella operatività delle calamità con mancanza di strumenti per affrontarle, quali strutture sanitarie precarie e mobili, personale addestrato con regolari esercitazioni etc. sul modello di quanto avviene ad esempio negli Stati Uniti e in particolare nella Marina Americana
8) divisione netta tra strutture Covid e non-Covid da parte di un Triage per il Pronto Soccorso ospedaliero o territoriale. I pazienti non-Covid potranno affluire ai relativi Ospedali, evitando cosi di ritardarne le diagnosi e le cure con gravi conseguenze per le loro patologie. I Reparti Covid possono invece essere ampliati con strutture mobili e personale richiamato 
9) nel caso delle calamità da dissesto idrogeologico bisogna intervenire a fermare definitivamente gli abusi edilizi che spesso sono la causa primaria del dissesto. Propongo che i responsabili penali degli abusi siano il Sindaco e il Capo dell’Ufficio Tecnico del Comune, che non possono non sapere, disponendo di Polizia Locale che presidia il territorio. Ai responsabili dell’abuso edilizio invece viene data la possibilità di scegliere tra il pagamento di una concessione annuale rinnovabile molto onerosa per le strutture abusive realizzate o la loro demolizione (a loro spese), dandone comunicazione al Fisco
10) imprevidenza grave quella di conferire alla Cina tutta la produzione manifatturiera anche strategica, privandone il nostro Paese nel nome del vantaggio economico (basso costo) senza capire che ci si metteva a loro discrezione.

Ciò premesso, non avendo messo in conto che una pandemia potesse presentarsi, il Governo si è trovato di colpo nella bufera ed ha fatto quello che ha potuto, compresi molti errori (apertura delle discoteche a Ferragosto, apertura delle scuole in presenza, mascherine non raccomandate nei primi tempi, chiusura di tutti i bar e ristoranti invece dei controlli con telecamere, con danno economico di questi imprenditori) e, prima di tutto, mancanza di una legge di conferimento dei poteri alla Presidenza del Consiglio, a norma dell’art. 120 della Costituzione.

Interventi da fare subito
1) Case della Salute o analoghe strutture sempre aperte, con USCA dotate di attrezzature portatili con teleconsulto presso esperti di riferimento
2) Medici di Medicina Generale in teleconferenza con i pazienti e con le Case della Salute
3) Triage per distinguere pazienti Covid da quelli non-Covid, così da ammettere questi ultimi solo in Ospedali, POT, RSA e residenze temporanee indenni dall’infezione
4) Cessare immediatamente la stretta irresponsabile sulla sanità e i relativi tagli, aumentando nel contempo in misura sostanziale il Fondo Sanitario Nazionale.

Governo Conte
Il Prof. Giuseppe Conte è un Presidente del Consiglio venuto dal nulla, in teoria prestato alla politica, che si comporta peraltro in modo molto politico. Sapendo di non avere alle spalle un partito e di non rappresentare la maggioranza degli Italiani, ha deciso di accreditarsi con cinque principali iniziative:

1) allineamento totale alle decisioni dell’Unione Europea
2) governo in unione con i Sindacati, specie la CGIL
3) comportamento da democristiano che cerca consenso con tutti senza scontentare nessuno, ma senza badare al risultato
4) inesperienza ed errori grossolani: ingorgo legislativo, mancata capacità di spesa, spese compiacenti, etc.
5) non crede all’impresa privata e non la agevola, utilizzando il denaro pubblico per accontentare tutti: Reddito di Cittadinanza, bonus di tutti i generi, spese per gli immigrati clandestini, etc.

Sul piano dell’economia nazionale diversi economisti sono molto preoccupati per le strategie intraprese dal Governo e sottolineano i seguenti principali punti:

A. L’enorme debito contratto dall’Italia dovrà essere ripagato e, per fare questo, sono necessari investimenti e provvedimenti per far ripartire le imprese ed aumentare i posti di lavoro. Ciò non sta accadendo e le iniziative del Governo sono di tipo più assistenzialistico che non produttivo.
Una gran quantità di regalie anziché sostegno alle imprese produttive e alle esportazioni, finalizzate più ad assicurare la pace sociale ed il consenso che la ripresa economica.

B. I tagli hanno interessato tutti gli Enti pubblici, compresi i Ministeri e ne hanno indebolito la macchina burocratica. Anche per questo il Governo continua a creare organismi che la affiancano o la sostengono, esautorandola, con costi elevati e confusione dei ruoli. Sono quasi spariti dalla scena il Ministero della Salute e la Protezione Civile, per non parlare delle Forze Armate, e i loro compiti sono stati affidati a Enti diversi (Investitalia), a Commissari, a nuovi Enti (è stato annunciato un nuovo Ente che dovrà gestire il Recovery Fund).

C.  L’annunciata riforma fiscale deve porre fine allo scandalo delle imposte sui redditi, pagate sostanzialmente in grande misura solo dal personale dipendente e dai pensionati. Deve finire la jungla delle agevolazioni fiscali che si trascinano da anni e che talora non hanno più senso oggi. Devono essere semplificate e snellite le procedure sempre più farraginose: l’informatica ha talora reso più difficile la vita invece di semplificarla, soprattutto per alcune categorie di cittadini, come gli anziani. Una riforma fiscale affrettata, come ci si accinge a fare, può essere disastrosa

D. Alla ripresa produttiva è legato il rilancio nel mondo del made in Italy, ossia di quella sorgente di ricchezza nazionale che con il turismo regge la nostra economia. A questo proposito va profondamente ripensato il ruolo delle Ambasciate italiane nel mondo e dell‘Istituto per il Commercio Estero, che oggi non danno un sostanziale contributo a questo scopo.

In conclusione un Governo che non dissipa i molti timori della popolazione nei confronti dell’attuale pandemia e più in generale circa il futuro della Nazione 

La Legge 16.01.2003, n. 3, art. 51 “Tutela della salute dei non fumatori”: nel nome della civiltà e del buon governo


(Presentata in collegamento a distanza
al XVI Congresso Nazionale della Società Italiana di Tabaccologia
il 26 novembre 2020)

Ho articolato la mia presentazione in tre brevi capitoli:

  1. La situazione (stato di fatto). Da oltre 50 anni è stato dimostrato che il fumo di tabacco danneggia gravemente la salute e costituisce la prima e la più importante causa di morte prematura. Per questo il tema fumo è sull’agenda di governo di tutti i Paesi sviluppati. In Italia si stima che il fumo causi 70-80.000 morti premature l’anno. Secondo l’OCSE 2020 (Europe at a glance, Europe 2020), ogni anno nell’Unione Europea muoiono prematuramente a causa del tabacco circa 700.000 persone, ossia il doppio delle morti annue premature da inquinamento di polveri sottili (168.000-346.000) e da alcol (255.000-290.000). Oltre alle morti premature, il tabacco è responsabile di circa 2 milioni di malati con malattie croniche. I costi sono molto rilevanti. Si stima che ogni fumatore costi circa 2 Euro (o US$3) al giorno in soli costi sanitari; in Italia si tratta di 20 milioni di Euro al giorno, pari a € 7,5 miliardi l’anno di sole spese sanitarie, cui vanno aggiunte altrettante spese di natura sociale (assenza dal lavoro, malattia) a carico delle imprese. Il numero di fumatori in Italia nel 2020 non è significativamente diverso da quello del 2005 quando la Legge 16.01.2003, n. 3, art. 51 fece scendere la percentuale di fumatori dal 23,8% del 2003 al 22% nel 2005 (i dati sono purtroppo diversi tra l’ISTAT e l’ISS Doxa, forse per diversità di campionamento o altra causa). Questi dati hanno generato nella popolazione una forte reazione: oltre il 90% degli Italiani si è più volte dichiarato favorevole alla Legge 16.01.2003, n. 3, art. 51 negli anni 2003-2005 e tuttora supporta la legge che ha così resistito ai tentativi di modifica seguiti al 2003 e che oggi viene ancora rispettata in modo esemplare dagli Italiani. I vari Governi che si sono succeduti nel Paese invece hanno agito con timidezza per una serie di motivi:
    a) la filiera del tabacco è costituita da circa 200.000 persone e altrettanti posti di lavoro
    b) difesa intelligente e dotata di ricchi mezzi della filiera
    c) promozione e penetrazione molto abili e disinvolte dei produttori
    d) diversificazione del prodotto (e-cig o sigarette elettroniche e IQOS, acronimo di I Quit Ordinary Smoking, costituite da sigarette di tabacco riscaldato, ma non bruciato).
  2. La legge di tutela dei non fumatori è il primo e più importante provvedimento di un piano antifumo stilato dal Ministero della Salute nel 2002. Essa è riuscita a superare il fuoco di sbarramento di amici e nemici che avevano già affondato precedenti tentativi di ridurre il tabagismo. Le ragioni del successo sono da ricercare nei seguenti punti:
    1) in Italia vige il principio fondamentale che tutti i cittadini hanno uguali diritti e uguali doveri. Ne deriva che il diritto di coloro che vogliono fumare deve essere salvaguardato (giacchè viene rigettato il proibizionismo), ma deve essere parimenti salvaguardato il diritto di coloro che non vogliono inalare aria contaminata dal fumo generato da altri (fumo passivo)
    2) il Governo ha chiesto e ottenuto dal Parlamento che la normazione della tutela dei non fumatori dal fumo passivo gli venisse delegata e la norma è stata poi inserita e approvata con la Legge Finanziaria 2003
    3) il proponente non era un professionista della politica e godeva quindi di relativa indipendenza dai partiti.
    La popolazione ha sostenuto la legge e tuttora la rispetta malgrado:
    a) arresto di ogni successiva iniziativa governativa
    b) rarefazione dei controlli
    c) nessuna iniziativa circa e-cig e IQOS che è addirittura stata oggetto di agevolazione fiscale
    d) inerzia e compiacenza istituzionale verso IQOS; l’FDA (Food and Drug Administration) ha classificato IQOS a rischio modificato, subito tradotto dal produttore in rischio diminuito
    e) finanziamento sistematico, da parte dei produttori, di Centri Studi, Università, Associazioni e Società Scientifiche, politici, giornalisti, lobbisti, coltivatori, etc. Da notare che è stata persino fondata dalla Philip Morris una Fondazione “per liberare il mondo dal Tabacco!”.
  3. Che fare
    Alla luce di questi fatti mi sembra improbabile che Governo e Parlamento italiani in questo momento storico prendano iniziative per intensificare il contrasto al consumo di tabacco e ai suoi succedanei. Queste iniziative sono peraltro ben conosciute e sperimentate e alcune di esse non richiedono nemmeno interventi legislativi né addizionali spese. Se, ad esempio, si desse applicazione alle normative già esistenti, intensificando il regime dei controlli circa:
    a) il rispetto del divieto di fumo nei luoghi di lavoro ed in alcuni spazi semichiusi (gazebo e similari) che gli esercizi pubblici attrezzano per ampliare il loro spazio utile
    b) il divieto di disperdere i mozziconi nell’ambiente,
    si potrebbe dare un segnale significativo di una rinnovata volontà di contrastare il fumo. Purtroppo il segnale è addirittura contrario nel caso dell’IQOS (tabacco riscaldato) che è entrato quasi automaticamente nella libera vendita in Italia, mentre forse sarebbe stato opportuno valutarne prima gli effetti, come è stato fatto ad esempio in Australia. Per non parlare delle agevolazioni fiscali tuttora vigenti e rapidamente ripristinate nella bozza di Finanziaria 2021 che le aveva soppresse.
    Una vera azione di contrasto tuttavia dovrebbe prevedere anche un significativo e progressivo incremento delle accise, finalizzato a scoraggiare l’acquisto dei prodotti del tabacco e ad acquisire fondi per rendere vantaggiosa ai coltivatori la conversione delle culture di tabacco, di cui l’Italia è tra i primi produttori europei.
    Perché la lotta al fumo e ai suoi succedanei riprenda è allora necessario che l’opinione pubblica prema e sospinga le Istituzioni preposte a ben operare.
    Mi chiedo se possa essere utile dare impulso ai Movimenti Antifumo coinvolgendo, oltre alle Società Scientifiche, anche Associazioni di persone che hanno subito danni dal fumo e che possano testimoniare la sua grave nocività, nonché i movimenti ambientalisti. Ma anche finanziatori e professionisti di nuovi modi di comunicare per far sapere agli Italiani quanti artifici, bugie e azioni corruttive vengono messe in atto dai produttori. Abbiamo imparato che si può ottenere un grande coinvolgimento della popolazione con strumenti e modalità del tutto nuovi e che vi sono giovani di grande abilità che riescono a cambiare il mondo: i cosiddetti influencers.
    Tutti insieme potremmo lavorare per acquisire risorse umane e finanziarie capaci di risvegliare l’attenzione della popolazione sui valori della salute pubblica e dell’etica d’impresa, valori oggi sopravanzati dalle logiche del profitto comunque conseguito.

La legge per la tutela dei non fumatori dal fumo passivo (Legge n.3 del 16/01/2003, art.51)

Un progresso che non ha avuto seguito
Da oltre mezzo secolo, ossia da quando è stato dimostrato che l’uso del tabacco è una dipendenza che nuoce alla salute, è progressivamente cresciuto ad esso un contrasto nella società. Questo contrasto ha avuto solo parziale successo e oggi siamo ancora a dirci che in Italia i fumatori calano in modo irrilevante*. Non solo: si stanno anche consolidando il vaping e IQOs con nuove incognite e relativi rischi. Come mai? La risposta è a tutti nota. La forza economica, gli strumenti di penetrazione sociale e le capacità difensive dei produttori e commercianti di tabacco sono capaci di ostacolare ogni iniziativa contraria ai loro interessi.
Eccezione la Legge n.3 del 16/01/2003, art.51 che ha avuto successo per alcune fondamentali ragioni:
impianto giuridico – Tutela dei non fumatori in base ai diritti costituzionali
strategia procedurale – Delega al Governo all’interno di una legge finanziaria, dettagli tecnici rimandati al DPCM
indipendenza del proponente – Non vive di politica.

La legge ha avuto successo e ha trovato il consenso della grande maggioranza degli Italiani, ma non sono seguiti gli altri provvedimenti messi in agenda, specie la prevenzione dell’iniziazione della dipendenza nei giovani e le misure di dissuasione di dimostrata efficacia. Questo grave rallentamento è dovuto al fatto che gli interessi organizzati(1):
a) spaventano la politica (disoccupazione, danni alle categorie)
b) coinvolgono e finanziano Università, ricerca, stampa, politica
c) impugnano provvedimenti governativi anche se timidi
d) investono molte risorse in abile propaganda (la Food and Drug Administration – FDA ha accettato di definire IQOS come tabacco a rischio modificato!)
e) i produttori stanno differenziando su prodotti che hanno presa sui giovani in virtù della propaganda e delle bugie.
Il ruolo negativo degli interessi organizzati (e specialmente dell’industria) verso la salute pubblica non è oggi esclusivo del tabacco, ma è comune a molti altri settori, specie l’alimentazione(2).

Che fare di fronte a questa realtà?
Io credo che dobbiamo innanzi tutto denunciare le inadempienze istituzionali oggi macroscopiche: mancano i controlli di legge con l’adeguamento alle nuove realtà (si fuma nei gazebo dove si consumano alimenti), i controlli sui luoghi di lavoro, compito delle ASL, sono pressoché inesistenti, vi sono facilitazioni fiscali (accise basse), non vi sono incentivi all’agricoltura per la trasformazione delle colture del tabacco in altre colture, non vi è ricerca finalizzata indipendente dello Stato su fumo, vaping e IQOS. La dispersione dei mozziconi non viene sanzionata. L’educazione civica nelle scuole primarie è lasciata alle iniziative degli insegnanti senza investimenti, la pubblicità occulta dei produttori (film) viene tollerata.
Abbiamo però capito che anche provvedimenti semplici e fattibili non riescono a nascere nelle Istituzioni pubbliche. Bisogna allora puntare sulla comunità (o società civile) sostenuta da mecenati, persone che dolorosamente sono stati colpite dalle malattie da fumo, organismi scientifici indipendenti. Anche in questo caso il mancato investimento dello Stato nella ricerca indipendente e nella sua valorizzazione viene pagato a caro prezzo dalla salute degli Italiani. In altri termini, la politica deve operare con e per i cittadini nell’interesse esclusivo di questi ultimi(3). Difficile, ma non impossibile. Winston Churchill scriveva: “Se 2 persone fumano sotto il cartello ‘DIVIETO DI FUMO’, gli fai la multa. Se sono 20, chiedi loro di spostarsi. Se sono 200, togli il cartello”.

Riferimenti bibliografici

  1. Proctor RN. The cigarette: a political history. The past, present and future of US Tobacco. JAMA 324, 10-11, 2020.
  2. Editorial. Obesity and the COVID-19 pandemia. BMJ 2020;369:m2237.
  3. Adams JM: Smoking cessation. Progress, barriers and new opportunities. The Surgeon General’s report on smoking cessation. JAMA 323, 2470-71, 2020.

* Gori (Fondazione AIOM). In Italia ogni anno 70-80.000 morti premature di cui 43.000 per cancro.
Quotidiano Sanità, 8 agosto 2020.
** Nel 2019 la percentuale di fumatori era analoga a quella del 2008 (22% circa) dopo il calo seguito all’entrata in vigore della legge 3/2003.
*** Oggi molti Enti e Istituzioni non accettano partecipazioni di alcun tipo da soggetti che operano contro il bene della società (produttori e commercianti di tabacco, produttori e venditori di armi, ecc.).

Intervento al XVI congresso nazionale Società Italiana di Tabaccologia
26 novembre 2020
Milano – Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori

La risposta italiana al COVID-19

Alcuni amici mi domandano come giudico il comportamento del Governo italiano (e delle Regioni) di fronte al COVID-19. Globalmente ritengo che l’Italia non fosse pronta ad affrontare la pandemia, ma che si sia mossa poi bene una volta che la pandemia si è manifestata; resta solo la perenne palla al piede di ogni azione che è la lungaggine burocratica tipica del Paese.
In merito alla “carente preparazione alla pandemia” ritengo che vadano considerate le seguenti cause:

  1. la sconsiderata politica di austerity che in circa 10 anni ha indebolito pericolosamente il nostro Servizio Sanitario Nazionale, riducendo il personale, i materiali, i servizi, ecc., incluso il Ministero della Salute ove, presso la Direzione Generale della Prevenzione con Decreto Legge n. 81/2003 (convertito in legge 138/2004) era stato istituito, in occasione della SARS 2003, il CCM (Centro di Controllo delle Malattie), o CDC italiano, struttura permanente appositamente finanziata ogni triennio per valutare i rischi per la salute pubblica, gestire questi rischi, comunicare con la popolazione, con il mondo scientifico internazionale e nazionale, con il personale sanitario e non sanitario, preparare e aggiornare continuamente piani di contrasto, effettuare simulazioni ed esercitazioni, educare la popolazione e gli specialisti, suggerire al Governo le azioni da intraprendere con tempestività.
    Ignorando la ben nota affermazione che “non sappiamo quando, ma sappiamo per certo che una pandemia grave si presenterà nel futuro” il Ministero ha smantellato il Centro, forse per motivi economici, in analogia a quanto hanno fatto molte Nazioni europee, specie la Gran Bretagna1,2.
  2. Come altre Nazioni europee, inoltre, l’Italia grazie alla convenienza di affidare alla Cina la produzione manifatturiera, si è trovata senza Aziende strategiche e quindi priva di materiali sanitari, come respiratori per rianimazione o materiali per la protezione individuale. Questa imprevidenza ha comportato per i medici di base e per altro personale sanitario l’esposizione non protetta agli infetti di COVID-19 che è costata a molti di loro la vita o la salute. Ai malati peraltro è mancata l’assistenza clinica dei loro medici, cui veniva raccomandato di non visitare i malati che si rivolgevano a loro, ma di indirizzarli ai Pronto Soccorso quando le condizioni fossero molto gravi; se gravi non erano, i malati venivano lasciati a casa senza assistenza con la generica prescrizione telefonica di antipiretici.

La scadente iniziale preparazione all’epidemia è grave responsabilità di governi che per inavvedutezza o impreparazione hanno seguito logiche di austerity, impostate a livello internazionale da economisti che si sono rivelati cattivi maestri, e che non hanno nemmeno ammesso di aver sbagliato né mostrato la volontà di cambiare la loro linea in futuro.
Il Governo italiano si è però riscattato almeno in parte una volta investito dall’epidemia di COVID-19. Con una serie di provvedimenti normativi e investimenti sostenuti malgrado il difficile momento economico, esso ha contenuto la prima fase dell’epidemia fino a farla quasi scomparire, e si accinge a reiterare i provvedimenti ora che l’epidemia rialza la testa. Non si può non riconoscere al Governo di aver agito con discreta determinazione, malgrado non pochi impedimenti gravi, quali:

  1. il difficile rapporto con le Regioni
  2. il protagonismo di medici e politici che non hanno risparmiato di prodursi in polemiche e in dibattiti televisivi che hanno disorientato gli spettatori
  3. la scarsa consapevolezza di parte della popolazione, che non rinuncia ad assembramenti pericolosi
  4. la burocrazia che con lungaggini incomprensibili ritarda l’attuazione dei provvedimenti
  5. la oggettiva dificoltà di conciliare le esigenze sanitarie con quelle economiche e sociali (trasporti pubblici, scuole, lavoro, ecc.).
    Tutti questi condizionamenti rischiano di ritardare in modo pericoloso il contenimento della nuova ondata di infezione, che, pur avendo un andamento clinico meno grave della prima, grazie all’esperienza acquisita sul piano clinico, sanitario e organizzativo, rappresenta pur sempre un pericolo per la salute pubblica e per l’economia nazionale. Proprio su questi impedimenti e sulla lezione che abbiamo imparato si dovrà riflettere in futuro per far tesoro delle esperienze fatte e modificare le regole e le realtà che si sono dimostrate non idonee3.

Riferimenti bibliografici

  1. Editorial: the UK’s public health response to Covid-19. BMJ 2020;369:m1932
  2. How the erosion of our public health system hobbled England’s covid-19 response. BMJ 2020;369:m1934).
  3. Scientific consensus on the COVID-19 pandemic: we need to act now. the lancet online https://doi.org/10.1016/50140-6736(20)32153-X

La morte provocata dalla politica

Austerity is death by politics

L’austerità, ossia i tagli della spesa pubblica praticati da circa 10 anni, ha avuto un effetto negativo sia sulla salute della popolazione che sull’equità sociale (determinanti sociali).

(Abbasi K – Health inequalities: death by political means. BMJ 2020; 368: m755)
(Marmot M – The lost decade. BMJ 2020; 368: m693)