Data la conoscenza che si ha sui danni provocati dal fumo di tabacco e i benefici della cessazione dal fumo è imbarazzante per la sanità rilevare che il fumo in Italia è in aumento soprattutto tra i ragazzi con età minore di 15 anni e tra le donne. I danni sono presto detti: in Italia si stima che a causa del fumo almeno 70.000 persone muoiano ogni anno prematuramente, che 30 volte tanto ammalino di una o più malattie croniche (oltre 2 milioni di persone che sviluppano malattie cardiovascolari, respiratorie, tumorali) e che i costi sanitari e sociali superino € 15 miliardi. Si tratta di una vera e propria epidemia che è espressione di un fallimento persistente della nostra società, che non riesce a contrastarla e che subisce senza sufficiente reazione la pressione dell’industria del tabacco e dei gruppi di interesse. Anche la stessa classe medica sembra abbastanza lontana dal problema, come se combattere questa epidemia fosse compito di qualcun altro. Ma l’immagine più penosa ci è venuta dal Governo centrale quando 2 anni fa abbiamo visto il Presidente del Consiglio partecipare alla posa della prima pietra e poi all’inaugurazione di uno stabilimento di una Multinazionale vicino a Bologna per la produzione di prodotti del tabacco. Il fatto che questi produttori investano enormi risorse per promuovere in modo occulto i loro prodotti e per bloccare qualunque iniziativa che contrasti il fumo è diventato un modello anche per altri produttori di altri prodotti che nuociono alla salute pubblica: TV e film non fanno che proporre fumo, alcol, alimenti nocivi alla salute, gioco d’azzardo, ecc. L’opinione pubblica e le Istituzioni preposte sembrano distratte e inerti. Ma tutti noi paghiamo un caro prezzo.
Archivi autore: Girolamo Sirchia
La sfida delle malattie croniche
Le malattie croniche sono in aumento. Esse infatti sono particolarmente legate all’invecchiamento della popolazione, che continua a crescere. Questo aumento comporta un aumento dei costi per la società, e il rischio è che diventi economicamente insostenibile. Questo fenomeno si associa ad un rapido aumento della popolazione mondiale, provocato dalla grande prolificità delle popolazioni più povere e quindi costrette anche a vivere in condizioni disagiate, che notoriamente peggiorano le condizioni di salute.
La salute è infatti legata a 3 tipi di fattori determinanti:
1. le cure erogate (la sanità delle cure)
2. i fattori modificabili (specie obesità, fumo, tipo di alimentazione, sedentarietà)
3. i determinanti socio-economici. Continua a leggere
Qualità nella sanità
I sistemi organizzativi in sanità non sono finora riusciti a migliorare qualità ed efficienza e a ridurre sprechi e variabilità eccessivi. Il motivo è che non sono stati ancora considerati in modo adeguato:
1. I fattori motivazionali dei medici che sono:
– autonomia
– controllo (comando) delle situazioni cliniche senza interferenze esterne
– finalità (mission) della professione;
2. i difetti della sanità, che sono:
– meriti del medico non valorizzati
– insufficiente autonomia e centralità del medico
– variabile penetrazione nei vari ambienti dell’aggiornamento del medico
– sistema sanitario molto frazionato con silos che non si integrano
– scarso risultato degli incentivi usati (tutti materiali e non motivanti) che sono solo monetari e non culturali e non valorizzano la professionalità e il merito

– applicazioni sbagliate dei criteri di produttività
– l’impostazione aziendalistica della sanità che pone i medici in posizione subalterna rispetto ai gestori; questi ultimi spesso non ascoltano i medici né si accertano direttamente delle realtà vivendole personalmente. Sono i medici che devono proporre le soluzioni ai problemi e non subirle e devono anche disegnare i parametri delle valutazioni.
Bisogna allora rivedere l’attuale impostazione della sanità, cominciando col dare spazio ai medici invece di vincolarli con regole inefficaci. Bisogna privilegiare merito, capacità, voglia di innovare e comunicare amore per l’aggiornamento e la ricerca, e per la professionalità. Ai migliori devono andare i riconoscimenti sia monetari che soprattutto morali e professionali.
(Khullar D et al. Professionalism, performance and the future of physician incentives.
JAMA 320, 2419-20, 2018)
La gerarchia ci servirebbe ancora
L’organizzazione gerarchica dei medici in Ospedale (Primario, vice Primario o Aiuto, Assistente) è considerata obsoleta e osteggiata da Sindacati e da esperti di organizzazione aziendale perché vedono in essa uno strumento di potere e di diversità anziché il motivo per cui è nata e si è mantenuta per decenni. Questo motivo è che in una organizzazione professionale il Primario e l’Aiuto sono stati di solito i medici che hanno dimostrato conoscenza, esperienza e capacità più di altri ed è interesse dei pazienti e della medicina che essi possano essere il punto di riferimento sia tecnico, sia organizzativo. La gerarchia basata sui meriti professionali ed umani è un grande valore per l’assistenza medica, ne assicura la qualità, la motivazione e l’aggiornamento di tutto il personale ed è lo strumento perché si formino le Scuole di Medicina che oggi sono di fatto sparite a danno dei pazienti e dei giovani medici. Hanno prevalso le idee dei Sindacati e degli esperti del lavoro aziendale, ma non mi sembra che la situazione sia migliore di quella del passato e qualche voce isolata si alza ancora per dirlo (vedi D. Bowler – Hierarchies serve us well. BMJ 2018;363:k5087).
Il craving
Il craving (in italiano bramosia) è un desiderio compulsivo di azioni quali mangiare, bere, viaggiare, fumare, giocare d’azzardo, ecc, ma anche acquisire potere e ricchezza e denuncia uno stato mentale che origina nella vita di oggi da una condizione di ansia e di scontentezza continua a loro volta causati dal continuo confronto con altri dal quale usciamo perdenti.
Queste conseguenze del confronto e della competizione sono dannose non solo a livello individuale, ma anche sociale perché generano invidia, aggressività e cattiveria e aggravano disuguaglianze e illegalità.
È necessario che ognuno di noi eserciti un controllo continuo sui suoi sensi compulsivi (training autogeno) per evitare di essere travolti da essi.
