La lotta al tabacco in Italia
GIROLAMO SIRCHIA
(Ministro della Salute nel periodo 2001-2005)
Premessa
Un piano strategico per combattere il fumo di tabacco è sul tavolo dei Governi della maggior parte dei Paesi sviluppati. E’ stato infatti ampiamente dimostrato che il fumo di tabacco, sia attivo che passivo, è una delle principali cause di morte prematura e di morbilità prevenibili. In Italia si ritiene che il fumo sia responsabile di un numero di decessi pari a circa 80.000 ogni anno. Si stima inoltre che nei Paesi sviluppati i costi sanitari dovuti al fumo da tabacco incidano per il 15% sul totale della spesa sanitaria.
Sapevamo per precedenti esperienze che una legge che in qualche modo limitasse la libertà dei fumatori e, indirettamente, le vendite di tabacco, avrebbe avuto un percorso assai difficile in Parlamento dove eravamo consapevoli dell’esistenza di non pochi deputati e senatori contrari alle limitazioni sul fumo. Il Precedente Ministro della Sanità aveva tentato inutilmente di far passare un testo di legge che venne affondato, proprio alla Camera, impietosamente.
Sia la Commissione Europea che l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno sollecitato gli Stati membri ad adottare misure di lotta contro il fumo. Un piano strategico al riguardo comprende almeno 3 azioni:
- ridurre il numero di fumatori promuovendo iniziative di disassuefazione;
- prevenire negli adolescenti l’iniziazione al fumo;
- proteggere i non-fumatori dal fumo passivo.
In Italia si è deciso di iniziare da quest’ultima azione.
I. La legge per la tutela dei non fumatori dal fumo passivo
Le ragioni che ci hanno suggerito di affrontare per prima la terza tematica sono state sostanzialmente due:
a) alcuni sondaggi avevano rivelato che circa ¾ degli Italiani, ivi compreso un buon numero di fumatori, erano e sono a favore del divieto di fumare nei locali pubblici chiusi e nei luoghi di lavoro, così da evitare che i non fumatori siano esposti al fumo passivo;
b) si è ritenuto che il divieto di fumare nei locali pubblici chiusi e nei luoghi di lavoro potesse rafforzare azioni tese a prevenire l’iniziazione al fumo nei giovani e ad indurre i fumatori a smettere.
Per superare le difficoltà legislative pensammo di attuare una strategia basata sul diritto costituzionale di tutti i cittadini ad avere uguali diritti e uguali doveri (art. 3 della Costituzione). In altri termini, decidemmo di portare in Parlamento il concetto, tradotto in norma di legge, che se era valido il diritto dei fumatori a continuare a fumare, era altrettanto valido il diritto dei non fumatori a non essere intossicati dal fumo di tabacco quando frequentassero locali pubblici o luoghi di lavoro. In particolare, il principio si applicava ai lavoratori operanti nei locali pubblici che, a causa del fumo passivo, subivano un danno per molte ore al giorno (agganciando quindi il provvedimento anche alla 626). In tal modo il Parlamento non avrebbe potuto accusare di proibizionismo il disegno di legge (infatti la vendita di tabacco e il relativo uso continuavano ad essere consentiti), ma non poteva non tenere conto della parità di diritti e doveri dei cittadini di fronte alla Costituzione. Per tutto il 2002 elaborammo questo pensiero e contemporaneamente effettuammo dei sondaggi nell’opinione pubblica, riscontrando che l’80% e più dei cittadini concordavano sul fatto di vietare il fumo nei locali pubblici.
Al termine del 2002, nel contesto del Collegato alla Finanziaria (che poi divenne Legge 16 gennaio 2003, N. 3, Articolo 51), iscrivemmo l’Articolo riportato nell’Allegato 1, accompagnando la nostra azione politica e legislativa con un’intensa campagna di promozione e di informazione.
Le azioni contrarie
Non appena si ebbe notizia della nostra intenzione, si scatenò una campagna promossa principalmente dalla FIPE (affiliata alla Confcommercio), che adombrava catastrofiche conseguenze per i locali pubblici in seguito all’eventuale approvazione di questa legge (perdita di lavoro e di denaro, disoccupazione, ecc.). Peraltro ben sapevamo dalla precedente esperienza irlandese e americana che la proibizione del fumo nei locali pubblici non solo non provocava una riduzione degli avventori, ma addirittura un aumento dovuto a coloro che per disturbi dell’apparato cardiovascolare e respiratorio si astenevano a frequentarli a causa del fumo di tabacco.
Va a questo punto notato che la Confcommercio era diventata azionista di minoranza della British American Tobacco Italia che aveva acquistato dal Ministero delle Finanze e del Tesoro gli ex Monopoli di Stato; questo spiegava, almeno in parte, l’acerrima campagna diretta e indiretta che la Confcommercio ha attuato contro il provvedimento. In via subalterna, la Confcommercio chiedeva incentivi per la realizzazione di locali per fumatori nei locali pubblici ed in ogni caso insisteva sulla proroga dell’entrata in vigore della legge, nascondendo in tal modo il desiderio di prorogare all’infinito, così da vanificare il provvedimento. Per venire incontro ad almeno una di queste richieste, il testo di legge ha previsto che l’entrata in vigore della legge avvenisse un anno dopo la sua pubblicazione.
Numerose furono le campagne di stampa ad opera di editorialisti anche di fama che, nel nome del contrasto allo Stato etico e, più in particolare, delle libertà civili, invocavano che il provvedimento venisse rigettato, ma così non fu ed esso venne approvato il 16 gennaio 2004. Subito a seguire venne redatto il Regolamento applicativo dell’Articolo 51, comma 2 della legge 16 gennaio 2003 (DPCM 23/12/2003 – Allegato 2), inteso a regolamentare le caratteristiche dei locali per non fumatori e la tipologia dei cartelli da esporre, in recepimento dell’Accordo stipulato il 24 luglio 2003 tra Stato, Regioni e Provincie Autonome di Trento e Bolzano.
I contenuti della legge 16 gennaio 2003 e dei successivi provvedimenti possono essere sintetizzati come segue.
1. Ad eccezione delle case private e dei “locali per fumatori” è proibito in Italia fumare in tutti i locali chiusi, comprese scuole, ospedali, uffici della Pubblica Amministrazione, sugli autoveicoli di proprietà dello Stato o di Enti pubblici o di concessionari di servizi per il trasporto pubblico collettivo, taxi, auto di servizio delle Forze dell’Ordine e assimilate, metropolitane, treni, sale d’attesa di aeroporti, porti, stazioni ferroviarie* e in tutti i sistemi di trasporto urbani, nelle biblioteche, nelle sale di lettura, nei musei, pinacoteche, bar, ristoranti, circoli privati, discoteche, palestre, sale-corse, sale-gioco, sale-bingo, sale video-game, cinema e teatri. Il divieto di fumo si applica anche ai luoghi di lavoro, agli uffici professionali e agli uffici destinati ad utenti interni, come ad esempio uffici di filiali di banche o uffici contabilità di una Società.
2. Non esiste alcun obbligo per dipendenti e titolari di realizzare “locali per fumatori”. Riservare locali ai fumatori in negozi e luoghi di lavoro è opzionale. In tal caso comunque i locali devono conformarsi ai requisiti tecnici previsti dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2003. E’ chiaro che se il locale non è pienamente conforme alle norme del decreto, potrà essere usato solamente come locale dove è vietato fumare.
3. La Legge 16 gennaio 2003, n. 3 non consente a negozi, servizi e luoghi di lavoro, sia pubblici che privati, di essere riservati unicamente a fumatori, anche se conformi alle norme previste dal decreto 23 dicembre 2003 (cioè dotati di appositi sistemi di ventilazione). Pertanto fumare è consentito unicamente in piccoli spazi di locali dove generalmente è vietato fumare, purchè tali spazi secondo quanto previsto dal paragrafo 1b dell’articolo 51 della Legge 3 del 2003 siano adeguatamente attrezzati ed identificati chiaramente come “riservati ai fumatori”. Nei luoghi di lavoro gli spazi ad hoc riservati ai fumatori si devono intendere come spazi dove è consentito fumare durante gli intervalli di lavoro e dove non venga svolta alcuna attività lavorativa.
4. I “locali per fumatori” devono essere chiaramente contrassegnati come tali e completamente separati dai locali chiusi dove è proibito fumare. A tale scopo i “locali per fumatori” devono essere conformi ai requisiti seguenti (vedi DPCM 23 dicembre 2003):
- essere ambienti interni chiusi;
- essere dotati di porte automatiche, tenute generalmente chiuse;
- essere chiaramente identificati come locali per fumatori;
- non rappresentare locali obbligati di passaggio per i non-fumatori;
- essere provvisti di appositi dispositivi meccanici di ventilazione forzata.
La portata d’aria minima di ricambio deve essere di 20 l/secondo per ogni persona, presupponendo un indice di affollamento pari allo 0.7 a persona per metro quadrato; l’aria deve essere emessa all’esterno attraverso impianti idonei e funzionali aperture di sfogo dell’aria;
- il numero massimo di persone ammesse in un locale secondo la portata dell’impianto deve essere chiaramente indicato sulla porta di ingresso del locale;
- i “locali per fumatori” devono essere mantenuti in depressione non inferiore a 5 Pascal;
- la superficie destinata ai fumatori deve essere inferiore al 50% della superficie totale;
- progettazione, installazione, manutenzione e collaudo finale dei sistemi di ventilazione devono essere conformi alle disposizioni regolamentari in tema di sicurezza e di risparmio energetico e alla normativa dell’Ente Italiano Unificazione (UNI) e alla normativa del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI).
5. Progettazione, impianto, manutenzione e collaudo finale dei sistemi di ventilazione devono essere effettuati da personale qualificato che dovrà rilasciare idonea certificazione sulla conformità degli impianti installati con la normativa vigente.
Per effettuare controlli e certificazioni, compresi quelli sulla funzionalità dei sistemi di espulsione e i controlli annuali di manutenzione dei sistemi di ventilazione, le certificazioni dovranno essere conservate a disposizione delle autorità competenti.
6. I gestori di locali privati (ad esempio dirigenti, proprietari e direttori) sono non solo tenuti a segnalare ai clienti, con l’apposizione di idonei avvisi, che “è vietato fumare”, ma hanno anche l’obbligo di dissuadere i trasgressori nel caso di violazione del divieto. Infatti, secondo l’articolo 2 della legge 11 novembre 1975, n. 584, tuttora in vigore, i proprietari “….sono tenuti a far osservare il divieto…“.
Se i gestori di locali, sia pur in conformità con la regolamentazione sugli avvisi di divieto, non metteranno in atto interventi attivi di dissuasione nei confronti dei trasgressori, saranno soggetti ad un’ammenda che oscilla dai 200 ai 2000 Euro in base all’articolo 52, paragrafo 20 della legge 218 dicembre 2001, n. 448*. L’autorità competente avrà la facoltà di sospendere temporaneamente (da 3 giorni a 3 mesi) o revocare la licenza d’esercizio del locale.
Secondo l’articolo 4, lettera c) del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, i gestori di locali privati o collaboratori da loro delegati sono tenuti a richiamare i trasgressori all’osservanza del divieto. Se i trasgressori non vi si adegueranno, i gestori o i collaboratori da loro delegati potranno chiamare un pubblico ufficiale. Ai trasgressori verrà comminata dal pubblico ufficiale un’ ammenda variabile dai 25 ai 250 Euro.
7. Sui luoghi di lavoro i Direttori responsabili preposti dovranno identificare formalmente il personale incaricato a far rispettare il divieto di fumare e ad accertare e contestare le infrazioni. In assenza di un’identificazione formale, spetta agli stessi Direttori responsabili esercitare tale funzione.
Sia nelle strutture pubbliche che in quelle private le sanzioni potranno essere comminate da agenti della polizia locale, guardie giurate o pubblici ufficiali, sia di propria iniziativa, sia se richiesto nell’ambito della loro attività lavorativa.
8. Secondo l’interpretazione della legge, il termine “utente” (vedi paragrafo 1, lettera a) non si applica solo ai clienti dei locali pubblici, ma anche al personale che in essi svolge la propria attività lavorativa.
L’effetto della legge
In tal modo il 10 gennaio 2005 la legge divenne pienamente operativa ed i dati raccolti nei mesi immediatamente successivi dimostrarono:
1) la piena accoglienza da parte della popolazione del provvedimento e il rispetto di esso;
2) l’esiguo numero di infrazioni rilevate soprattutto dai Carabinieri per la Salute;
3) l’adesione di molte grandi Aziende al provvedimento e, prima fra esse, Trenitalia, avendo questa ampiamente compreso che, evitando di fumare in Azienda, poteva migliorare lo stato di salute dei lavoratori, diminuivano le assenze e diminuivano anche i costi relativi alla manutenzione e quelli delle polizze assicurative che le Aziende dovevano sostenere prima che il provvedimento entrasse in vigore.
Redigemmo a titolo di esempio un elenco delle Aziende non smoking ovvero di quelle che promuovevano azioni anche dimostrative a favore della assenza di fumo nei luoghi di lavoro.
A partire dall’1 gennaio 2005 è stato avviato un piano di monitoraggio per valutare l’efficacia della legge. Tale piano prevedeva:
- raccolta di dati da parte dei NAS incaricati di sistematici controlli a campione;
- raccolta di dati da parte delle autorità sanitarie locali sui posti di lavoro;
- indice di tendenza della vendita di sigarette;
- indice di tendenza della vendita di prodotti antifumo.
Il monitoraggio effettuato a cura del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute ha evidenziato, secondo quanto emerso nei primi 4 mesi del 2005, quanto segue:
- le infrazioni contestate dai NAS a seguito di 5597 ispezioni sono state 276 ma solamente 89 di queste (1,60% del totale delle ispezioni effettuate) riguardavano trasgressioni commesse in zone di divieto, mentre 187 si riferivano a violazioni degli obblighi di controllo da parte dei proprietari di locali pubblici (principalmente inerenti all’esposizione degli avvisi di divieto di fumare secondo quanto previsto dalla legge);
- nel corso di questi 4 mesi si è riscontrato un calo nella vendita di sigarette pari a 138 milioni di sigarette in meno rispetto al corrispondente periodo del 2004 (circa l’8% in meno che su base annuale è pari a circa il 6%);
- si è contemporaneamente registrato un indice di incremento di circa il 90% nella vendita di prodotti antifumo contenenti nicotina.
Un’indagine condotta sull’indice di gradimento della legge da parte della popolazione, indica che circa ¾ dei gestori di locali pubblici condivide il vero significato della legge e considera il fumo passivo una minaccia alla propria salute e a quella dei propri dipendenti. Inoltre non si riscontra alcuna riduzione del numero di clienti, anzi un aumento del 2,2% secondo un’indagine pubblicata il 7 novembre 2005 su “Annals of Oncology“.
Un’altra indagine condotta dal CENSIS (Centro Italiano Investimenti Sociali) nell’ottobre 2005 ha rivelato che il 4,4% degli Italiani aveva smesso di fumare, mentre il 6,8% aveva notevolmente ridotto il numero di sigarette.
Un’ulteriore indagine effettuata dall’ISTAT all’inizio del 2006 ha messo in evidenza che 500.000 Italiani avevano smesso di fumare con un decremento di accidenti cardiovascolari nelle Regioni valutate intorno al 7%.
Nel dicembre 2005 in Veneto è stato realizzato, in collaborazione con il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute, uno studio pilota descrittivo ed osservazionale per monitorare l’osservanza del divieto di fumo negli Uffici Comunali, in particolare negli Uffici Anagrafe e nelle loro zone di attesa. Lo studio è stato condotto a livello locale dai Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende Sanitarie in collaborazione con l’ANCI Veneto. Sono state coinvolte 15 Aziende Sanitarie Locali (su 21) e monitorati 212 Uffici Anagrafe Comunali (dati disponibili al 10.10.2006 per 179). La rilevazione si è svolta mediante visita e intervista diretta effettuata dal personale del comparto dei Dipartimenti di Prevenzione. I principali risultati relativi al rispetto della normativa sono i seguenti:
- il 91% dei dipendenti intervistati dichiara che i colleghi rispettano la legge;
- il 95% dei dipendenti intervistati dichiara che gli utenti rispettano la legge;
- nell’82% delle sale di attesa visitate sono esposti cartelli regolamentari indicanti il divieto;
- nel 61% degli Uffici Anagrafe sono esposti cartelli regolamentari indicanti il divieto;
- nel 3% degli Uffici visitati si è osservata la presenza di almeno un fumatore.
Nello stesso anno la Corte di Giustizia di Roma ha condannato il Ministro della Ricerca e dell’Istruzione a rimborsare un importo di circa € 400.000 a un impiegato del Ministero che, essendo stato per anni esposto al fumo passivo sul posto di lavoro, aveva sviluppato un cancro ai polmoni. Dopo questa sentenza è possibile prevedere un consistente aumento delle Società impegnate a far osservare il divieto di fumo, come ad esempio Trenitalia che è stata una delle prime Società in Italia ad applicare il divieto di fumare su tutti i treni in circolazione.
Nel 2005 venne anche avviata una ricerca da parte di alcune Regioni italiane e, primariamente, della Regione Piemonte che dimostrò come, rispetto al precedente periodo, nel 2005 si fosse rilevata una riduzione dell’incidenza di infarto miocardio acuto del 7% circa, a dimostrazione dell’efficacia del provvedimento sulla salute pubblica.
Più recentemente il dato positivo si è confermato: nei primi 8 mesi del 2007 i Carabinieri per la Sanità su 2.800 ispezioni a campione hanno rilevato solo 189 infrazioni, pari al 6% dei controlli effettuati.
Nel 2008 un Gruppo di ricercatori italiani ha pubblicato su Circulation1 i risultati di uno studio che ha paragonato l’incidenza di infarto miocardico acuto e di angina instabile nella città di Roma, prima e dopo il 2005, rilevando che tale incidenza si è ridotta nel periodo successivo all’entrata in vigore della Legge italiana a tutela della salute dei non fumatori dell’11,2% nelle persone di 35-64 anni e del 7% in quelle di età compresa fra i 65 e i 74 anni. Gli Autori ritengono che i favorevoli risultati riscontrati siano la conseguenza della riduzione dell’esposizione al fumo passivo determinata dalla legge.
Ad oggi (2010) permangono i risultati dell’applicazione della legge, evidenziati grazie all’attività di monitoraggio, avviata fin dal 2005 e tuttora in corso.
In particolare, le vendite di sigarette si sono ridotte del 2,2%, rispetto al 2009. Secondo i dati dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), nel corso del 2009 sono stati venduti oltre 106 milioni di pacchetti in meno (quasi 1 pacchetto in meno al mese acquistato da ciascun fumatore). Le vendite totali sono tornate a livelli inferiori di quelli di 20 anni fa e, da quando è entrata in vigore la legge, la diminuzione delle vendite di sigarette è stata pari a circa il 12% con una diminuzione media di 1,7% l’anno.
Per quanto riguarda il rispetto della legge, la popolazione si è dimostrata generalmente favorevole al provvedimento e consapevole della sua importanza per la salute pubblica. E i dati indicano un buon livello di osservanza in tutto il Paese.
Su mandato del Ministro della Salute, i Carabinieri per la Sanità – NAS, dal 2005 ad oggi hanno compiuto circa 17.400 controlli in tutta Italia, presso diverse tipologie di locali (stazioni ferroviarie, ospedali, ambulatori, musei e biblioteche, aeroporti, uffici postali e sale scommesse, discoteche, pub e pizzerie), che hanno evidenziato il sostanziale rispetto della norma.
Nel 2010 i NAS hanno eseguito un totale di 3.143 ispezioni, controllando più di una volta le tipologie di luoghi in cui maggiormente è apparso in passato evidente un mancato rispetto della legge (discoteche ed ospedali). Tali ispezioni hanno portato a contestare 269 infrazioni (8,6% del totale): 114 a persone che fumavano dove vietato (3,6%) e 155 per mancata o errata affissione del cartello di divieto o per presenza di locali per fumatori non a norma (5,9% del totale). E’ importante, dunque, continuare tale azione di monitoraggio e vigilanza, visto che, anche se i valori sono ancora contenuti, le multe ai fumatori sono raddoppiate rispetto al 2005.
I risultati dell’anno appena trascorso, quindi, se da un lato sono incoraggianti, dall’altro mostrano quanto ci sia ancora da fare e quanto sia necessario mantenere alta l’attenzione delle istituzioni, dei mezzi di comunicazione e dei cittadini sull’”epidemia” di tabagismo, secondo la definizione dell’organizzazione Mondiale della Sanità.
In particolare gli sforzi vanno mirati sui cittadini più giovani. In Italia l’1% circa dei maschi e lo 0,2% delle femmine di 11 anni ha dichiarato di fumare con frequenza almeno settimanale. La quota di ragazzi che riferisce tale abitudine cresce nel passaggio tra i 13 (4,4% maschi – 3,68% femmine) e i 15 anni (19% maschi – 19,4% femmine). Inoltre, mentre fra i più giovani sono i maschi a fumare di più, man mano che l’età aumenta, i tassi di maschi e femmine diventano molto simili o, addirittura, superiori nelle femmine.
A seguito di queste considerazioni possiamo concludere che la Legge italiana a tutela della salute dei non fumatori ha avuto un ottimo grado di recepimento da parte della popolazione. I dati indicano che la popolazione ha non solo accolto la legge con favore, ma la fa anche rispettare. Inizialmente questi risultati non erano affatto scontati ed era arduo anche pensare che la legge potesse passare facilmente nel Governo e in Parlamento. Una ragione del successo è a mio avviso che la legge non è proibizionista; infatti è garantito il diritto dei fumatori a fumare. La novità è però costituita dal fatto che è garantito anche il diritto dei non fumatori a non subire i danni e i fastidi del fumo passivo. La parità dei diritti è alla base della Costituzione italiana e proprio il richiamo a questa uguaglianza dei cittadini ha fatto sì che la legge non potesse essere bloccata. A ciò si aggiunga che i benefici per il personale che lavora in locali pubblici, ma anche privati, sono apparsi subito evidenti e oggi è comune sentire cittadini che dichiarano di poter frequentare locali che un tempo erano loro sgraditi per la nube di fumo che vi regnava. Altri cittadini riferiscono di sentirsi a disagio quando, all’estero, si trovano in Paesi dove è consentito fumare nei ristoranti e nei bar.
Oltre ai provvedimenti maggiori, altre iniziative sono risultate utili; ad esempio la chiusura dei distributori automatici di sigarette durante le ore diurne per impedire l’accesso ai minori. Di converso, gran parte dei ricorsi attivati contro il provvedimento sono stati rigettati dalle Magistrature competenti; unica eccezione l’obbligo per i gestori del locali pubblici di chiamare le Forze dell’Ordine nel caso di resistenza degli avventori all’ammonimento di cessare di fumare laddove proibito.
L’Italia è stata un laboratorio, un banco di prova per altri Paesi che, incoraggiati dai risultati positivi registrati, hanno replicato la legge di protezione dei non fumatori, a cominciare dalla Svezia, seguita dalla Spagna, dall’Inghilterra e dalla Francia. In Francia l’iniziativa è stata sottoposta all’Assemblea Nazionale dopo che il suo Presidente ha verificato personalmente in Italia il successo dell’iniziativa ed ha avuto con me un ampio scambio di vedute.
Sappiamo, tuttavia, che il calo di vendite di sigarette ha scatenato un’offensiva da parte dei produttori di sigarette che hanno un potere economico elevato e sono notevolmente abili nell’elaborare strategie atte a contrastare quelle promosse per il miglioramento della salute pubblica.
In effetti le multinazionali del tabacco non stanno perdendo tempo e continuano ad attuare iniziative promozionali più o meno palesi. In particolare, la loro azione è diretta ai giovanissimi per indurli ad iniziare il fumo e utilizzano allo scopo tutti i mezzi possibili di propaganda indiretta. Purtroppo recentemente si è affievolita di molto l’azione che le Istituzioni dovrebbero intraprendere per promuovere una controinformazione al sottile veleno che viene continuamente immesso nei canali informativi e intensificando i controlli che, al contrario, continuano ad essere troppo limitati.
Oltre ai controlli si è peraltro fermata l’azione strategica di Governo che prevedeva una forte azione nei confronti dei giovanissimi per prevenire l’iniziazione al fumo, l’attivazione di una rete di servizi gratuita per i fumatori che desiderano smettere di fumare, una forte azione di contrasto della pubblicità occulta dei produttori che continua anche nel nostro Paese. Un recente lavoro indica che per la pubblicità del tabacco l’industria ha speso nel 2003 negli Stati Uniti 15,2 miliardi di $ contro i 5,7 miliardi di $ spesi nel ’97. La presenza di fumatori nei film (che sappiamo correlata direttamente alla quantità di fumatori nei giovani) è cresciuta dal 1990 al 2002, anno in cui si sono raggiunti i livelli del 19502.
II. La lotta al fumo dei giovani oggi
Nel mondo occidentale oggi tutti sanno e tutti riconoscono che l’uso del tabacco nuoce gravemente alla salute. Fin dalla metà del XX secolo la ricerca clinica ha dimostrato con dovizia sempre maggiore di dati il potere nocivo del tabacco su tutti i tessuti e gli organi dei fumatori, identificando in esso la prima causa di morte prevenibile. L’uso del tabacco comporta 443.000 morti premature l’anno in USA e 80.000 in Italia. Ma non sono solo i fumatori attivi a pagare questo caro prezzo; anche il fumo passivo è nocivo e determina l’1% di tutte le morti nel mondo. La cosa non meraviglia se si considerano le decine di prodotti tossici che il tabacco contiene naturalmente o sprigiona con la combustione o assorbe dall’esterno durante la sua coltivazione o riceve sotto forma di additivi per mascherare gli effetti negativi e riuscire più gradevole ai fumatori. Fra i primi basti citare il fenantrene e altri composti aromatici ciclici che sono sostanze cancerogene di prima classe, o l’ossido di carbonio che si lega saldamente all’emoglobina del sangue e le impedisce di trasportare ossigeno ai tessuti peggiorando così situazioni come l’ischemia cardiaca o cerebrale. Ma vi è di più. Durante la coltivazione del tabacco, nel momento della formazione del germoglio, la pianta deve essere irrorata con un prodotto chimico altamente tossico, che si aggiunge ad altre sostanze chimiche che i coltivatori impiegano per proteggere le piante e che si ritrovano nelle foglie e quindi nelle sigarette. Infine vi sono gli additivi (fino ad oggi non dichiarati e non del tutto conosciuti) che le aziende produttrici aggiungono al tabacco per frenare la tosse, ridurre l’alitosi, potenziare l’assuefazione.
Di tutto ciò il grande pubblico sa poco o nulla perché le aziende produttrici per oltre un secolo hanno messo in atto politiche di occultamento della verità e di vera e propria mistificazione. In particolare la loro pubblicità ha impiegato strategie talmente innovative ed efficaci da creare modelli di comportamento contrari non solo alla salute dei singoli consumatori ma anche contrari agli interessi dell’intera società. Ai primi del Novecento il modello imposto è stato quello elitario: il fumatore appartiene alla società più ricca ed elegante. Alcuni anni più tardi l’uomo che fuma diviene simbolo non tanto di una élite affermata quanto di virilità e di forza. E la donna che fuma è emancipata, bella e magra. Nella campagna Virginia Slim addirittura la sigaretta diventa il rimedio per prevenire il sovrappeso e la donna che fuma è giovane, amata, libera da schemi sociali del passato che la tenevano prigioniera. In Marlboro Country l’uomo è maschio, coraggioso, vincente. Questa figura simbolica segue da vicino quella del soldato americano che porta libertà al mondo liberando i popoli oppressi dal bisogno, sempre ottimista e sorridente.
In questo mondo di vincenti tutti fumano: medici, attori, sportivi. Più recente, e ancora oggi proposto, è il messaggio del fumatore che socializza e si diverte nel gruppo dei coetanei. Di conseguenza il giovane che non fuma risulta escluso dal gruppo degli amici più evoluti, più adulti (meno bambini), più ammirati e amati. Nelle ragazze fumare è sinonimo di emancipazione, coraggio di affrontare le situazioni della vita, sfida per quei parrucconi che vorrebbero ancora una donna semplice e sottomessa.
Accanto alla pubblicità (che in USA nel 2003 è costata alle aziende produttrici 15,2 miliardi US$ contro un valore di 5,7 miliardi US$ spesi nel 1997) un cospicuo investimento è stato effettuato dalle multinazionali del tabacco per finanziare movimenti d’opinione, ricerche a loro favorevoli (ad esempio quelle tese a dimostrare che il fumo passivo non sarebbe nocivo), ricerche o campagne istituzionali di Enti pubblici o privati comprese alcune Università, produzione di film dove ricorre spesso l’immagine del protagonista che fuma, eventi sportivi, sostegno economico ai produttori di tabacco con il consenso dei rispettivi governi, diversificazione del business per lanciare il marchio non sulle sigarette ma su altri prodotti, campagne elettorali di singoli candidati o partiti, stuoli di celebri avvocati per vanificare procedimenti giudiziari intentati da consumatori per danni causati da occultamento delle informazioni sui pericoli per la salute, ecc.
Ad eccezione della pubblicità diretta, proibita in molti Paesi evoluti, tutte queste azioni di fiancheggiamento e pubblicità indiretta continuano anche oggi e in particolare si sono rafforzate in due ambiti:
1. penetrazione nei Paesi in via di sviluppo;
2. iniziazione al fumo delle donne e di giovani e giovanissimi in tutti i Paesi del mondo.
Sono questi i target primari delle multinazionali del tabacco. Miliardi di dollari investiti, pubblicità diretta e indiretta di grande efficacia, occultamento e mistificazione della verità fanno sì che nel mondo più evoluto il 20-25% dei cittadini fumi, che nei Paesi in via di sviluppo questi valori raddoppino e che in ogni parte del mondo il fumo inizi per lo più al di sotto dei 18 anni d’età: proprio il numero di fumatori al di sotto dei 18 anni è oggi considerato un indicatore dell’efficacia delle azioni di contrasto al fumo di tabacco. L’alto valore di questo indicatore, ben lontano da quel 12% fissato da Healthy People 2010 come obiettivo per gli USA (obiettivo n. 27-1a), ci dimostra con spietata chiarezza che le azioni di contrasto messe in campo dai singoli Governi sono inadeguate sotto il profilo sia quantitativo sia qualitativo.
E’ arrivato il momento di cambiare giacché, se è vero che può esserci cambiamento senza progresso, è altrettanto vero che non ci può essere progresso senza cambiamento. E ciò vale in particolare a livello della comunicazione con i giovani. Questo è infatti l’ambito che a mio avviso non è stato affrontato in modo corretto e che va prioritariamente rivisto. Infatti i provvedimenti per vietare il fumo nei locali pubblici e luoghi di lavoro sono adottati o in via d’adozione in molti Paesi evoluti e hanno dimostrato tutta la loro efficacia. Altrettanto dicasi per la rete di servizi messa a disposizione dei fumatori che vogliano smettere, anche se è indispensabile rendere gratuiti questi servizi. Ma per impedire che i giovani inizino a fumare la cosa è diversa! Dove abbiamo sbagliato?
Io credo che tutti gli sforzi per far sapere che l’uso del tabacco è nocivo per la salute, certo utili ed efficaci per gli adulti, sono poco utili per la popolazione giovanile.
Il giovane pieno di vita non vede un pericolo significativo e un deterrente in un possibile danno per la salute che si potrà instaurare molti anni più tardi, mentre vede e apprezza il modello di apparire più adulto e di essere incluso nel gruppo dei “grandi ed emancipati” se fumatore. Alcuni di loro inoltre, pur accettando che il fumo nuoce alla salute, ritengono di poter smettere con facilità quando lo vorranno.
Alla luce di queste considerazioni comprendiamo come gli sforzi fatti finora per prevenire l’iniziazione al fumo dei giovani siano stati poco o nulla efficaci.
Più che sottolineare l’aspetto medico del problema potrebbe essere utile considerare quelli comportamentali e sociali. Quanti giovani hanno capito di essere ignare vittime di una strategia esperta e cinica che trae profitti enormi dalla loro ingenuità, indifferente ai danni causati alla loro salute? Non uomini forti e donne emancipate quindi, ma strumenti usati da alcuni per accumulare denaro: multinazionali esperte che sanno occultare molte cose e usano la pubblicità occulta per catturare i soggetti più ingenui e con personalità più debole. Quanti giovani sanno che il fumo di tabacco è un pericoloso inquinante ambientale giacché disperde nell’ambiente veleni volatili e non volatili (che si depositano negli ambienti e continuano a creare danno anche se lo scambio dell’aria avviene con ventilazione forzata), e dei mozziconi che persistono per decenni nel suolo. Magari ci battiamo per un ambiente migliore, per la riduzione del traffico veicolare, per limitare l’uso dei prodotti chimici in agricoltura e degli antibiotici negli allevamenti animali, ma non ci preoccupiamo se si fuma nelle case o nelle automobili avvelenando l’aria ai nostri coniugi e ai nostri bambini, dando a questi ultimi un pessimo esempio che li indurrà più facilmente a diventare fumatori.
Ma è soprattutto l’aspetto sociale del fumo che va sottolineato. Il fumatore è un soggetto socialmente criticabile perché non solo rappresenta il modello di una persona debole che per vivere e operare ha bisogno del continuo stimolo di una droga, non solo non si cura della salute propria e altrui, non solo inquina l’ambiente, ma per di più scarica su tutta la società i costi delle sue malattie e delle sue assenze dal lavoro provocate dal fumo, un costo che è stato stimato in USA in circa 3 US$ per fumatore. Proprio per questo motivo la società tollera ma disapprova il fumo di tabacco. Il messaggio che identifica il fumatore come soggetto debole e prigioniero di speculatori senza scrupoli, riprovevole perché nocivo a se stesso e alla società in cui vive, dovrebbe raggiungere i giovani attraverso tutti i canali a loro più accetti, soprattutto il mondo della rete, in particolare i social network, con una pubblicità martellante, che smascheri i sotterfugi e le astuzie maligne dei produttori e valorizzi la consapevolezza, la conoscenza, l’autonomia e la personalità dei giovani, contrastando la pubblicità menzognera e fuorviante dei produttori di tabacco. Si tratta di fare proprie le tecniche della cosiddetta media education che si propone di educare i cittadini a chiedersi quale interesse si nasconde dietro ai messaggi che i mezzi di comunicazione veicolano.
Una campagna di “marketing sociale” continua, intensa e ben fatta come quella sopratratteggiata dovrebbe affiancare altre iniziative dello Stato, quali l’aumento delle accise sulle sigarette, l’eliminazione dei sussidi ai coltivatori di tabacco, il divieto della pubblicità ingannevole, provvedimenti tutti che a mio avviso possono essere adottati in quanto il tabacco non rappresenta un normale bene di consumo e non è necessario alla vita dell’uomo. Una campagna del genere è certo costosa ma, conti alla mano, è sempre vantaggiosa se si calcolano i danni prevenibili a medio e lungo termine. Il Piano Nazionale della Prevenzione, inserito nel contesto della Finanziaria per il 2004, aveva queste finalità che sono ancora tutte da conseguire.
Forse la strada è difficile, l’attenzione e lo studio dei problemi ancora insufficienti, le risorse troppo esigue. Forse gli interessi economici che ruotano intorno alla produzione e vendita dei tabacchi sono così elevati da paralizzare anche gli spiriti più nobili e intraprendenti. Nel caso della Legge per la “Tutela dei non fumatori dal fumo passivo” (Legge 16 gennaio 2003 n. 3 articolo 51) è stato determinante il sostegno della maggior parte della popolazione e di alcune NGO che potrebbero influire positivamente anche in questo caso.
III. Proposta di un Piano d’Azione per l’Italia
Dopo aver implementato il 10/1/2005 la legge che bandisce il fumo da tutti i locali pubblici e i luoghi di lavoro, bisogna attivare una campagna nazionale di marketing sociale impostata sui seguenti concetti e sostenuta da conseguenti azioni istituzionali*:
a. chi fuma è vittima delle strategie di multinazionali senza scrupoli che lucrano pur sapendo di nuocere grandemente alla salute dei fumatori (sia attivi che passivi) e all’economia nazionale. Chi fuma è un debole plagiato e non percepisce di essere usato come strumento per arricchire alcuni soggetti spregiudicati.
Azioni conseguenti:
- intensificare i controlli sul divieto di fumo nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro da parte delle Forze dell’Ordine e ispettori delle ASL
- eliminare i locali per fumatori nei suddetti luoghi, come richiesto espressamente dalla Convenzione contro il tabacco del WHO, sottoscritta da oltre 170 nazioni inclusa l’Italia
- vietare il fumo anche all’aperto nei luoghi assembrati quali stadi, ristoranti, bar e cinema all’aperto, ecc.
b. Il tabacco non è un bene di consumo ordinario, ma un prodotto pericoloso per la salute e per l’ambiente. Esso viene tollerato dalla Società in quanto non è per ora possibile proibirlo, ma la Società ritiene che il suo uso sia riprovevole.
Azioni conseguenti:
- abolire i distributori automatici di sigarette
- vigilare e punire coloro che vendono tabacco ai minori di 18 anni
- contrastare duramente la pubblicità diretta (film o altri momenti nei quali vengono mostrate persone che fumano, eventi sportivi sponsorizzati da aziende che producono sigarette) e indiretta (uso dei marchi per proporre linee di prodotti diversi dal tabacco, sponsorizzazioni di Istituzioni pubbliche e private anche per fini apparentemente nobili, ecc).
c. Il fumo danneggia l’ambiente, crea disturbo a molti, danneggia tutti. Chi fuma inquina l’ambiente. Pertanto il fumatore nuoce alla società e la costringe a sostenere dei costi sia sanitari, sia per le giornate lavorative perse, sia per i danni ambientali (inquinamento, incendi, ecc).
Azioni conseguenti:
- non si devono disperdere i mozziconi nell’ambiente. Chi fuma deve essere responsabile anche dello smaltimento dei mozziconi
- è necessario aumentare le accise sul tabacco in modo progressivo e in misura consistente, destinando gli introiti al finanziamento delle azioni di marketing sociale.
d. E’ un diritto dei feti, dei bambini e degli adolescenti non essere esposti al fumo passivo. Per gli ultimi due, inoltre, è stato dimostrato che l’esempio di chi fuma (specie i modelli più importanti come i genitori, gli insegnanti, i divi preferiti) comporta un maggiore rischio di iniziazione al fumo.
Azioni conseguenti:
- divieto di fumo in auto, perché ciò comporta una elevata concentrazione di sostanze tossiche nell’aria e un aumentato rischio di incidenti quando l’autista fuma
- richiamo continuo ai genitori perchè non fumino e non facciano fumare in casa e in altri ambienti chiusi, anche se privati, quando sono presenti minori di anni 18 o donne gravide.
e. Il fumatore va aiutato a smettere se lo desidera.
Azioni conseguenti:
- trattamento antifumo gratuito meglio se presso i centri anti-fumo
- associazione delle imprese senza fumo e sua rappresentanza nelle Commissioni anti-fumo delle Istituzioni
- impegno volontario delle suddette imprese ad aiutare i propri dipendenti a smettere di fumare e a collaborare con le istituzioni sanitarie.
IV. Considerazioni finali
L’evidenza scientifica sui danni e sui costi sanitari e sociali del fumo di tabacco è oggi conclamata, ma colpisce l’inerzia con cui sia le Istituzioni, sia i medici e le loro Società Scientifiche contrastano questa pratica nociva, peraltro sostenuta con larghi mezzi dai gruppi di interesse. Sarebbe auspicabile che le organizzazioni mediche, in unità con il Ministero della Salute, imponessero all’attenzione del Governo e del Parlamento un’azione più decisa di contrasto al fumo e non assecondassero l’inerzia o la “malpractice politica“3. Le stesse organizzazioni mediche inoltre dovrebbero assumersi il compito di impegnare tutti i medici ad esercitare un’azione di contrasto al fumo iniziando dall’ìdentificare i fumatori, consigliare loro di smettere e sostenerli in tale decisione.
Bibliografia
1. G. Cesaroni G, Forastiere F, Agabiti N, Valente P, Zuccaro P, Perucci CA – Effect of the Italian Smoking Ban on Population Rates of Acute Coronary Events
Circulation 117, 1183-88, 2008
2. CDC – Cigarette use among high school students – United States, 1991-2005
MMWR 55, 724-26, 2006
3. Oakley GP – Delaying folic acid fortification of flour
BMJ 324, 1348, 2002.
Scarica il testo della Gazzetta Ufficiale:
Milano, 27 gennaio 2011
* Un recente provvedimento consente di fumare nelle stazioni solo sulle banchine
* Un ricorso al Tar contro questa responsabilità dei gestori da parte della Confcommercio è stato accolto e quindi questa parte della norma è decaduta.
* Attenzione! La campagna di marketing sociale deve essere impostata e condotta con metodo scientifico, che includa un progetto ben fatto e la valutazione dei risultati. Essa deve svilupparsi e durare almeno 3 anni. Essa è molto conveniente in termini economici solo a queste condizioni.
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Bisognerebbe parlare con i proprietari delle piantagioni di tabacco: chissà che non si convincano a passare ad altre colture.
Sono contenta di avere trovato questo sito che esprime molti pensieri a proposito del problema del fumare attivamente e volontariamente, ultimamente me ne sto occupando parecchio, in facebook sto lasciando commenti informativi su questo argomento che a parere di me dovrebbero far ragionare chi li vede; a parte i personaggi pubblici colpevoli di danni su chi li imita, (per esempio Sandro Pertini), vittime anch’essi probabilmente di sbagli cognitivi, la ricerca di avere dei ricordi di vecchie situazioni con anche sensazioni piacevoli (il caminetto) è alla base di comportamenti come quello di aspirare fumo come attività fine a se stessa (che è una cosa deciamente assurda), proclamando: “Che piacere!” mentre questa frase è legata a momenti che in quel contesto non sono vissuti (il caminetto appunto), il fatto di pensare questa frase che asserisce benessere e magari addirittura pronunciarla, induce se stessi a generare il desiderio dell’azione in quel momento attuata, inalare il fumo prodotto dalla combustione di foglie secche. Tra gli slogan che mi sono venuti in mente quello che preferisco è: NON COMPRARE FUMO PER I POLMONI.
condivido integralmente il pensiero del prof. Siurchia inoltre faccio presente che abbiamo brevettato il sistema di ricuperare i
Mmozziconi delle sigarette attendo contatti per presentare il nostro brevetto.Matteri Fabio 0341-930251
Buongiorno,
Abbiamo quando l’applicazione di questa direttiva in Italia?
vietare il fumo anche all’aperto nei luoghi assembrati quali stadi, ristoranti, bar e cinema all’aperto, ecc.
Mi sono stancato di mangiare in posti bellissimi con aria pulita, ma soffocando per il fumo dei vicini di tavolo.
È legge già negli usa da anni e ora anche in Australia.