del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)
Girolamo Sirchia
Abbozziamo di seguito alcune idee per rispondere alla domanda: Quali sono le iniziative più efficaci per migliorare la sanità in Italia?
1. Le aspettative dei cittadini
In caso di necessità il cittadino si aspetta di poter accedere al più presto al suo medico curante che dovrebbe farsi carico di valutare la sua situazione e risolvere i suoi problemi direttamente o facendo ricorso ad altre competenze sanitarie, organizzando tutto il percorso necessario (presa in carico).
Un medico curante che egli si aspetta empatico, preparato e aggiornato professionalmente, che conosce il paziente e la sua storia sanitaria e sociale, sempre raggiungibile e disponibile ad ascoltarlo e visitarlo in ambulatorio o a domicilio. Il cittadino si attende anche che le prestazioni siano poco costose e avvengano in luoghi poco distanti da dove risiede. Il paziente deve poter riporre fiducia nel suo curante e saperlo amico premuroso.
2. Le aspettative del medico
Il medico desidera rispetto e considerazione dalla società proporzionali ai suoi meriti professionali e umani. Anche per questo è necessario che al medico venga offerta una carriera con vari livelli di responsabilità e connessi poteri, autonomia e guadagni. Il medico deve avere tempo per se stesso e la sua famiglia ma anche per aggiornamento professionale senza essere gravato da compiti che non gli sono propri e che lo distolgono dalla sua missione, ossia essere un buon medico e un professionista gradito oltre che ai pazienti anche ai colleghi e alla società in cui opera. È ben noto che un medico soddisfatto del suo lavoro e della sua vita è fondamentale perché la qualità della sanità risulti buona e il paziente ben curato e soddisfatto.
Il medico che opera nel territorio, sia esso convenzionato o dipendente, sia che operi nel suo studio o presso strutture come le case e gli ospedali di comunità, deve poter disporre di collaboratori da lui stesso scelti ancorché retribuiti dal SSN: giovani medici assistenti, infermieri, impiegati, Oss, ecc.,
Ai medici curanti titolari con maggiore anzianità, esperienza e merito (a tutti gli effetti “Primari territoriali”) dovrebbe spettare anche il compito di nominare i Medici Direttori Generali delle ASL e delle strutture territoriali in essa contenute (Case e Ospedali di Comunità) nonché delle Guardie Mediche territoriali (Walk-in Centres). Queste ultime devono essere aperte quasi ininterrottamente per accogliere l’urgenza territoriale (non l’emergenza) così da porre fine al sovraffollamento dei DEA (Dipartimenti di Emergenza ed Urgenza), ma anche per offrire ai medici curanti second opinion e approfondimenti diagnostici e terapeutici quando necessario. Alla Regione competerà di nominare solo un Amministratore di Direzione che coadiuvi questi Primari territoriali e Direttori Generali medici con il compito di curare gli aspetti contabili e l’osservanza delle norme.
Nei grandi Ospedali di riferimento l’attività dei medici e del restante personale sanitario si svolgerà all’interno dei Dipartimenti, retti da un Capo Dipartimento, e nei reparti e servizi che vi afferiscono e che sono retti da un Primario medico. I Capi Dipartimento fanno parte dell’Ufficio di Direzione dell’Ospedale e nominano i nuovi Capi Dipartimento e il Direttore Generale medico dell’Ospedale, che sarà assistito da un Amministratore di nomina regionale come più sopra accennato.
La carriera del medico inizierà come assistente junior e potrà scalare per merito ad assistente senior, Aiuto, Primario, Capo Dipartimento, Direttore Generale medico, posizioni tutte a tempo ricoperte da persone scelte dall’Ufficio di Direzione dell’Ospedale. A partire dal Primario in su il medico potrà scegliere di non essere un dipendente, ma di avere un contratto di lavoro di tipo professionale privatistico.
3. L’architettura del sistema
L’Italia è bene che mantenga un SSN universalistico con un moderato co-payment al punto di erogazione di alcune prestazioni, come già attualmente avviene, per tutti coloro che non possiedono un certificato di indigenza rilasciato dai Comuni in base al tenore di vita; questo oggi può essere redatto più facilmente incrociando i dati già disponibili presso varie sorgenti, anche se ancora non facilmente raggiungibili. Un investimento per migliorare questi collegamenti sarebbe prezioso anche per un contrasto all’evasione fiscale e alla criminalità. In Germania dal 2006 è in vigore un modico co-payment anche per il medico curante territoriale. Tutti i co-payment peraltro potrebbero essere coperti da una polizza assicurativa.
Il SSN si basa su strutture di proprietà regionale o private accreditate e su personale convenzionato o dipendente. Un bilanciamento di queste risorse sarebbe auspicabile, anche per evitare pericolosi squilibri.
In ogni caso è necessario salvaguardare la missione del sistema. Le strutture sanitarie pubbliche sono state definite aziende ma oggi l’impostazione di queste aziende (che sono rette da un Direttore Generale spesso non medico, dotato di poteri molto ampi, nominato dalla Regione) ha dato risultati spesso insoddisfacenti. Queste strutture devono essere “aziende sanitarie speciali”, più simili a un condominio che a un’azienda monocratica vecchia maniera e devono essere fortemente improntate al rispetto della loro missione filantropica prima che ad altro. La Regione non deve entrare nella gestione di queste aziende speciali, ma concentrarsi sui compiti suoi propri ossia il finanziamento, la programmazione e il controllo, centrato sulla valutazione della correttezza della gestione e dei risultati ottenuti. Con il potente strumento dell’accreditamento a tempo e la nomina dell’amministratore di direzione la Regione puo avere il pieno controllo del sistema senza interferire con la gestione delle strutture pubbliche di sua proprietà, che nel disegno qui proposto potranno avvalersi di una gestione di tipo imprenditoriale privatistico, liberandosi di tutti quei vincoli che oggi non consentono alle strutture pubbliche di competere ad armi pari con quelle private.
4. Il finanziamento del sistema
Nel Paesi europei più evoluti la spesa sanitaria costituisce il 10-12% del PIL adeguato annualmente al costo della vita. Anche in Italia dobbiamo arrivare a questo livello di spesa sanitaria costituendo un fondo sanitario nazionale alimentato dalla fiscalità generale e non incluso nel più generale capitolo dell’assistenza, ossia della spesa improduttiva cui afferiscono pensioni, assegni di sostegno, ecc.
La sanità per consenso internazionale è un potente motore di sviluppo socioeconomico e come tale va valorizzata. Il fondo sanitario nazionale dovrebbe finanziare l’assistenza sanitaria che afferisce ai poteri regionali ma anche la prevenzione costo-efficace e la promozione della salute che dovrebbero essere disegnate e gestite a livello centrale in collaborazione con le Regioni. Questi ambiti non hanno finora ricevuto in Italia l’attenzione che meritano e le conseguenze le abbiamo potuto rilevare anche recentemente con l’epidemia di Covid-19. La prevenzione è stata più volte definita l’investimento con più alto ritorno.
È necessario a questo proposito ricordare che:
a) la presidenza del Consiglio dei Ministri dovrebbe predisporre e aggiornare un Piano di salute pubblica che includa prevenzione e promozione della salute in tutti i suoi aspetti, compresa la composizione dei contrasti fra interessi pubblici e interessi privati (fumo di tabacco, alcol, alimentazione, ecc.), valutando l’impatto sulla salute pubblica dei provvedimenti emanati a vari livelli istituzionali nello spirito della Health in All Policy. È superfluo ricordare che questo Piano deve prevedere finanziamenti ad hoc pari ad almeno il 2-3% del PIL, provenienti dal fondo sanitario nazionale;
b) il benessere della popolazione (cioè il motore di sviluppo) non è legato solo alla sanità, ma forse e anche più alla salute dell’ambiente e degli animali (One Health) e soprattutto ai determinanti socio-economici della salute (famiglia, casa, lavoro, reddito, ecc.).
Infine è necessario riflettere sui tre seguenti punti:
1) è urgente investire sull’aggiornamento e la motivazione del personale sanitario che oggi è scesa a livelli molto bassi a causa dei difetti dell’attuale sistema, che ha marginalizzato i medici nella decisione, non ne ha tutelato il ruolo sociale e ne ha sottoposto l’operato a figure professionali non mediche di tipo amministrativo,
2) il sottofinanziamento della sanità per oltre un decennio nel nome dell’austerity ha compromesso seriamente il SSN, creando anche diseguaglianze di salute tanto vistose da meritare la definizione di “morte per mano della politica” (Abbasi K., Capo Redattore del British Medical Journal, 2020);
3) qualunque cambiamento, incluso quello qui proposto, per avere successo richiede una fase preliminare di studio e conoscenza delle esperienze nazionali e internazionali, seguita da una sperimentazione su piccola scala del sistema disegnato, da realizzare anche con il coinvolgimento degli operatori ormai sfiduciati e stanchi di continue riforme poco efficaci, troppo spesso basate su ideologie piuttosto che su valutazioni scientifiche.
In conclusione credo che il nostro Servizio Sanitario Nazionale debba essere salvato perché dotato di pregi innegabili. Per sopravvivere però esso deve essere emendato correggendo i difetti che lo hanno guastato e principalmente il sottofinanziamento cronico, la scarsa competenza e la limitata vision dei decisori, l’eccessiva gabbia burocratica che affligge tutto il Paese, lo scarso pragmatismo e la troppa ideologia delle nostre riforme e controriforme.
Milano, 3 aprile 2023