La “questione medica”*

Desidero richiamare la Vostra attenzione sulla cosiddetta Questione Medica, ossia il ruolo del medico che sta velocemente riducendosi. Il Dirigente Medico Ospedaliero è già da tempo oggetto di provvedimenti limitativi: eliminato il Primario, eliminata la carriera basata sulla gerarchia legata al merito, oggi il cosiddetto Dirigente di Struttura Complessa non è più colui che organizza il proprio Reparto giacchè il personale infermieristico e quello tecnico e amministrativo non dipendono più da lui, ma da altri Dirigenti Ospedalieri. Chi organizza il Reparto? Può questo funzionare, essendo governato da 2-3- Direttori? Gli infermieri rivendicano autonomia sempre maggiore rispetto al medico; questa autonomia va molto al di là di un’auspicabile collaborazione in team, ma chiaramente erode il ruolo medico.
Per quanto riguarda la Medicina Territoriale, il cosiddetto DM 71 (DPCM 21 aprile 2022) ci ha tolto ogni dubbio. Esso infatti prevede la sostituzione del medico da parte di infermieri in molte attività territoriali. Esso infatti enuncia chiaramente che:
1) l’infermiere è la figura professionale di riferimento e il gestore della cosiddetta Casa di Comunità, dell’Ospedale Territoriale e della Centrale Operativa Territoriale;
2) l’infermiere è il responsabile della presa in carico dei cronici, degli screening della prevenzione e promozione della salute.
Più recentemente anche i farmacisti si sono inseriti in ruoli un tempo propri dei medici (in particolare della Medicina di Laboratorio) allorquando è data loro la possibilità di effettuare test diagnostici senza peraltro prevedere né corsi di formazione, né valutazioni di capacità professionale, né controlli esterni di qualità.
In sintesi, il medico viene progressivamente escluso dalla organizzazione e gestione della sanità sia ospedaliera che territoriale e perde gradualmente la funzione di principale referente del paziente in molti ambiti. Egli si avvia ad essere sostituito da altre figure professionali in alcune sue specifiche funzioni quali la cura dei pazienti cronici, la prevenzione e promozione della salute, parte della diagnostica strumentale. Sembra così destinato a divenire solo un consulente di altri decisori in analogia ad un modello anglosassone del tutto estraneo alla nostra cultura e alla nostra tradizione.
Mi chiedo a questo punto se questa evoluzione sia gradita al paziente che, per quanto ne so, vuole vicino a sé un medico quando la salute lo abbandona. Ma anche il paziente oggi conta meno e la tanto declamata centralità del malato sembra scomparsa dalla scena. La stessa Casa di Comunità non è più quella “Patient-centered Medical Home” cui si ispira e tanto voluta da Donald Berwick.
Chi ascolta il malato? Chi si cura se è soddisfatto dei servizi sanitari? Dove sono finiti i PROMS (Patient-Related Outcome Measures)? E infine, chi si cura del medico, del suo ruolo e del suo benessere?
Certo la forza dei numeri e l’aggressività di alcuni sindacati sono una realtà di cui bisogna tener conto, ma forse è più importante ricordare che il ruolo del medico e le necessità del paziente sono una realtà storica e umana che prevale da sempre e deve ammonirci ad evitare pericolose forzature.
Il disagio delle donne medico è apparso chiaramente alla IV Conferenza Nazionale Donne ANAAO (Quotidiano Sanità, 4 maggio 2022). E’ stato presentato infatti il risultato di un sondaggio dal quale appare la profonda insoddisfazione delle Colleghe per quanto riguarda i carichi di lavoro, le scelte aziendali, la disorganizzazione del lavoro, ma soprattutto l’esclusione dei medici dalle decisioni aziendali che appaiono lontane e sorde dalle istanze dei medici. Un quarto di essi ha ormai la sensazione di non saper più svolgere il proprio lavoro e contesta con disappunto la disorganizzazione degli Ospedali e l’esclusione di coloro che lavorano dalle decisioni. La distanza tra decisori e operatori è sempre più ampia e il clima lavorativo è molto degradato. Manca inoltre uno sviluppo di carriera, ma ancor più grave del disagio dei medici è che l’organizzazione non ha più il paziente al centro della sua attenzione.
L’attuale sistema di gestione della sanità va cambiato, in quanto verticistico, lontano dai bisogni del paziente e centrato su tecniche aziendali che privilegiano altri obiettivi anziché il malato, sordi alle proposte degli operatori, incentrati su aspetti non medici. In definitiva manca una visione umana della sanità centrata sui bisogni dei pazienti e del personale sanitario e sostituita da una visione aziendalistica che sta sfigurando la medicina e la sanità.

*Presentato in videomessaggio al Congresso della Società Scientifica di Medicina Interna FADOI, Roma, 21-23 maggio 2022.

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