Due anni di Covid-19 (2020-2021)

Potevamo reagire meglio?

Se è vero che “del senno di poi son piene le fosse” è altrettanto vero che esaminare i fatti accaduti per capire se e dove abbiamo sbagliato è una misura intelligente di prevenzione di futuri errori. E qualche errore nell’epidemia di Covid-19 è stato commesso. Ecco quelli che a me sembrano più significativi in campo sanitario:

  1. Alle radici della batosta vi è la convinzione assai diffusa tra i decisori politici che la Sanità costituisca un costo poco produttivo da contenere. Convincimento, questo, che non è mutato con la pandemia, e per convincercene basta vedere quante risorse sono state allocate a questo settore sia nel PNRR che nella recente Legge Finanziaria. Si tratta di cifre che non compensano nemmeno il mancato adeguamento al costo della vita, che per oltre 10 anni è stato imposto alla Sanità italiana (tra il 2011 e il 2021) da diversi Governi. Si tratta di un atteggiamento che, ignorando una ricca letteratura internazionale e ripetute indicazioni di autorevoli organizzazioni, continua a ritenere secondari i compiti della Sanità, dell’educazione, del benessere sociale, della ricerca scientifica e della cultura nello sviluppo socio-economico della Nazione. Un atteggiamento che non ha avuto ripensamenti nemmeno oggi, e non ha cambiato idea nemmeno dopo la pandemia che ha messo in grave difficoltà non solo la Sanità, ma tutta la Nazione.
  2. Forse a causa della limitatezza di risorse, ma anche all’impreparazione e all’inspiegabile silenzio degli Organismi a ciò deputati, il Ministero ella Salute ha smantellato nel 2011 il Centro di Controllo e Prevenzione delle Malattie, costituito e finanziato nel 2003 sul modello dei CDC americani, in occasione della prima SARS (Decreto Legge n. 81 del 29 marzo 2004 “Interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la sanità pubblica”, trasformato in Legge 26 maggio 2004, n. 138). Si tratta di Centri Regionali coordinati da un Centro Nazionale, il cui compito è di vigilare ininterrottamente e nel contesto di una rete internazionale di vigilanza sulla comparsa di focolai di infezione, che molto frequentemente si verifica nel mondo, così da valutare l’origine, la diffusione e la pericolosità per tutto il pianeta, in modo che ogni territorio possa procedere ad un risk assessment, al risk management e al risk communication, che stanno alla base del Piano Pandemico Nazionale che definisce le strategie, i percorsi e l’operatività inerente che ogni Nazione deve continuamente aggiornare per essere pronta ad affrontare un’eventuale (e attesa) epidemia. Non è infatti possibile mettere in atto una risposta efficiente se non si dispone di un Piano Strategico redatto in periodi di normalità e se un Piano non viene continuamente aggiornato e mantenuto vivo, in analogia a quanto insegnano Vigili del Fuoco, Forze Armate e Protezione Civile. Venendo meno l’organismo deputato a redigere, manutenere e aggiornare il Piano Pandemico, l’Italia si è trovata di colpo nel pieno della bufera senza aver preparato nulla. Ci siamo trovati così senza materiale strategico (mascherine, altra protezione individuale, respiratori, ecc.), senza sufficiente personale sanitario, senza strutture mobili per il potenziamento degli Ospedali, senza Direttive precise. L’ultimo Piano Pandemico risaliva al 2006. Per la verità anche il resto dell’Europa e anche Organismi internazionali come l’OMS sono stati spiazzati dall’emergenza Covid e sono entrati in affanno, comportandosi a volte in modo confuso e poco trasparente.
  3. La dichiarazione dello Stato di Emergenza del 31 gennaio 2020 non è stata corredata da un provvedimento urgente da portare all’approvazione del Parlamento che definisse come tutti i poteri venissero posti in capo al Presidente del Consiglio, per 6 mesi rinnovabili, anche in deroga a tutte le normative vigenti, con le dovute eccezioni (norme costituzionali emanate entro la data di pubblicazione della suddetta legge, impegni internazionali già sottoscritti), così da evitare le contestazioni e diatribe che hanno avuto luogo e che certo non hanno contribuito a rasserenare una popolazione già turbata dai pericoli sanitari ed economici dell’epidemia. Serenità turbata in particolare da una comunicazione disastrosa, dove non era chiaro chi fosse il portavoce ufficiale del Governo e dove la scena è stata occupata da personaggi i più diversi e non sempre accreditati, che con la complicità delle televisioni ancora oggi si alternano quotidianamente con l’obiettivo di premiare se stessi e di dare spettacolo più che di informare e tranquillizzare il pubblico. Difficile dire quale sia stato il danno provocato dalla mancanza di una corretta e professionale informazione al pubblico, ma anche al personale sanitario, e forse molte reazioni sociali (o antisociali) non sono estranee a questa mancanza.
  4. Nei Paesi più evoluti le Forze Armate costituiscono una preziosa risorsa, sia operativa che di ricerca, per il contrasto alle calamità. Anche le nostre Forze Armate hanno molto contribuito e lodevolmente; ma i loro mezzi finanziari esigui e le risorse stanziate più per missioni di pace che per utilità nazionale le hanno limitate non poco. Ad esempio, in tema di strutture mobili necessarie ad ampliare la risposta degli Ospedali civili [cosiddetti Nightingale Hospitals in Gran Bretagna o MASH (Mobile Army Surgical Hospitals) in Usa] e di personale sanitario militare necessario a gestirli, se disponili in larga misura avrebbero forse consentito a dividere meglio le postazioni Covid da quelle non-Covid, riducendo, se non evitando, che la patologia ordinaria venisse penalizzata (e dovesse rinunciare alle cure) per la scarsa disponibilità di Pronto Soccorso con adeguato triage, di Medici di Medicina Generale, di specialisti e di ricoveri ordinari. Quante e quali siano state le conseguenze di queste carenze è difficile dire, ma certe cose non sono state di poco conto. Mike Ryan, responsabile dell’World Health Organization per le emergenze pandemiche, intervistato da STAT alla fine del 2021, ritiene che, considerando un orizzonte sopranazionale, i principali errori effettuati in occasione del Covid-19 siano stati:
    1) premura di tornare alla normalità
    2) oscillazioni tra lockdown completo e apertura completa
    3) scarsa disponibilità di vaccini per i Paesi emergenti
    4) scarsa fiducia delle popolazioni per i loro Governi
    5) pessima comunicazione, che ha inficiato la consapevolezza e la volontà del popolo di seguire le Direttive
    6) insufficienti risorse per la Sanità e la salute pubblica
    7) inadeguati Piani Pandemici per la preparazione alle epidemie, con mancanza di personale sanitario, strutture e organizzazione.

In conclusione, abbiamo fatto errori in questa ancora non terminata battaglia contro il Covid-19. Spesso viene detto che la Sanità italiana ha reagito bene, meglio di quella di altri Stati. Premesso che si è comportata in modo esemplare la maggior parte dei sanitari, che hanno pagato un caro prezzo personale, io condivido questo giudizio per quanto riguarda il 2021, molto meno per quanto avvenuto nel 2020 e quasi niente per quanto concerne la preparazione del Paese ad affrontare le emergenze pandemiche prima della pandemia di Covid-19. La preparazione è stata infatti gravemente insufficiente, malgrado non siano mancate le epidemie che sono scoppiate dopo la prima Sars nel 2003-2004 e soprattutto, come già in precedenza ricordato, malgrado in occasione della prima Sars del 2003 il Ministero della Salute avesse già istituito e avviato un Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie per la vigilanza e il contrasto alle epidemie, grazie anche al forte supporto del Segretario di Stato americano alla Salute, Tommy Thompson, alla disponibilità del CDC di Atlanta (Georgia, USA) e all’impegno intelligente, abile e convinto di alcuni alti dirigenti del Ministero stesso e dei loro collaboratori.
Oggi le cose non sono finite, ma sono certo migliorate. Non so tuttavia se la lezione è servita a correggere gli errori che abbiamo fatto. Ad oggi non mi sembra sia stato avviato un processo di revisione dell’operato italiano e di correzione degli errori fatti. Vedo al contrario un tentativo di sorvolare sulle manchevolezze senza predisporre un vero e importante Piano di Interventi, necessario a scongiurarne la ripetizione. Il mio auspicio è che questo processo di revisione inizi al più presto, sia improntato alla massima onestà e trasparenza e venga seguito dalla ricostruzione dell’intero sistema di vigilanza continua e contrasto alle pandemie.

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