Molti medici oggi sono demotivati giacché:
- subiscono frequenti cambiamenti organizzativi spesso poco efficaci;
- non partecipano alla definizione dei processi di cura;
- hanno scarso riconoscimento della loro autonomia e valore professionale;
- hanno un ruolo subalterno a quello dei politici e degli amministrativi;
- sono subissati di compiti burocratici ed esposti a rischi professionali;
- in maggioranza hanno salari inadeguati.
La demotivazione esita spesso nel cosiddetto “burn-out” e nell’incuria della propria salute. Le cause di burn-out sono state identificate nei seguenti fattori:
- eccessivo lavoro: il medico lavora spesso 50 o più ore a settimana con funzioni di guardia 24 o più ore di seguito;
- lavoro cronicamente stressante dal punto di vista psicologico, che prevede spesso rilevanti impegni cognitivi;
- frequenti e rapidi cambiamenti della pratica medica e dell’organizzazione sanitaria (eccessivo lavoro burocratico, crescenti responsabilità, conflitto tra l’interesse del sistema e quello dei malati, ecc.);
- progressiva perdita di autonomia nei confronti del sistema, ma responsabilità sempre elevate;
- mancati riconoscimenti morali e materiali e scarse opportunità professionali;
- caratteristiche personali e di genere.
Un medico su tre in qualche momento della vita viene colpito da burn-out che si manifesta con perdita di entusiasmo per la professione, senso di inutilità del proprio lavoro, cattivo rapporto con pazienti e colleghi.
Le conseguenze del disagio dei medici si riflettono anche sull’organizzazione sanitaria attraverso:
- turn over aumentato;
- ridotta produttività ed efficienza (assenteismo, pensionamento anticipato);
- rapporti difficili con i pazienti, i colleghi, il sistema;
- ridotta qualità e sicurezza delle cure ai pazienti e loro insoddisfazione;
- maggior incidenza di malattie fisiche e mentali.
Tale disagio dei medici è correggibile, ma è necessaria molta ricerca per aumentare la generale consapevolezza e trovare i migliori modi di risolvere questo problema tanto importante per i medici, per i malati e per il Servizio Sanitario Nazionale. Il burn-out non si combatte con l’evasione dal lavoro, ma con modificazioni organizzative che consentano al medico di curare, fare ricerca e insegnare con soddisfazione ma anche assecondino la sua aspirazione ad emergere, acquisire nuove tecniche e conoscenze, essere riconosciuto materialmente e moralmente per i suoi risultati e i suoi meriti. Purtroppo nelle Istituzioni pubbliche italiane siamo ben lontani da questi obiettivi e di fatto manca una politica delle risorse umane.
(da: Spunti per una sanità migliore di Girolamo Sirchia – Piccin Editore – cap 6 – p. 98-99)
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