Un marketing molto abile dei produttori, sostenuto da ingenti risorse, spregiudicato al punto di negare l’evidenza scientifica e di costruire dati ingannevoli, martellante e durato per circa un secolo, ha fatto sì che l’uso del tabacco nel mondo sia in continua crescita malgrado i danni innumerevoli che il tabacco provoca alla salute, all’ambiente, all’agricoltura e all’economia. I messaggi principali che sostengono il marketing sono sostanzialmente tre: fumare è normale ed è parte della vita quotidiana; fumare non fa bene, ma quanti sono i fattori nocivi cui la vita ci espone e non sempre così piacevoli; fumare è una scelta individuale condivisa da un grande numero di persone preminenti della società. I messaggi sfruttano il conformismo degli uomini, che notoriamente seguono i comportamenti della maggioranza, particolarmente quando i soggetti sono poco consapevoli e non dotati di forte personalità, come accade ad esempio nei giovani.
I Governi dei Paesi Occidentali si sono resi conto da tempo dei danni sociali ed economici del tabacco e hanno tentato di porvi rimedio. Ma la loro reazione è spesso timida in quanto si trova a contrastare interessi organizzati assai potenti, difficoltà e ristrettezze economiche. Infatti è intuitivo che un contro-marketing all’uso del tabacco avrebbe verosimilmente un effetto se effettuato con adeguati mezzi e risorse. Ma questi sono scarsi e quindi questa soluzione è di fatto inapplicabile. Io credo che le strade più efficaci e percorribili sono oggi due:
1. coinvolgimento dei giovanissimi in un piano educativo; un’alleanza con la scuola elementare e media, adeguatamente sostenuta, che potrebbe preparare cittadini consapevoli del fatto che fumare è dannoso agli individui e alla società ed è il risultato di un’azione cinica dei produttori che traggono profitti enormi dai danni altrui. L’80% del mercato internazionale del tabacco è in mano a 5 produttori che lo scorso anno hanno dichiarato utili netti per 5 miliardi di dollari con un giro d’affari di oltre 147 miliardi di dollari;
2. restringere progressivamente gli spazi per l’uso del tabacco, rendendo così chiaro che la società è costretta a tollerare il fumo, ma lo disapprova e che fumare è un atto criticabile e sconveniente che non fa parte della vita della maggioranza dei cittadini, che sono consapevoli e socialmente evoluti.
Ecco alcune iniziative che mi sembrano di applicazione relativamente facile ed economica:
- far rispettare con adeguata vigilanza i divieti esistenti (locali pubblici e luoghi di lavoro, stazioni, scuole)
- estendere progressivamente il divieto di fumo ai luoghi assembrati anche se all’aperto (stadio, cinema e ristoranti all’aperto) e ai parchi (pericolo di incendi)
- innalzare le accise progressivamente fino a raddoppiare il prezzo attuale
- vietare la dispersione nell’ambiente dei mozziconi, in quanto contaminanti classificabili come rifiuti tossici
- eliminare i distributori automatici di sigarette e usare lo zoning ed il contingentamento per gli esercizi che vendono tabacchi
- vietare il fumo nelle auto private per il rischio di incidenti e per proteggere i passeggeri dai danni del fumo (assai elevati in piccoli spazi chiusi).
Con una strategia ben disegnata e avvalendosi della collaborazione e il coinvolgimento delle scuole e della società civile, ma anche di altre Istituzioni sia italiane che straniere, si può vincere la guerra contro il tabacco. Ma ci vogliono volontà, coraggio e senso di responsabilità di chi governa.
Dati concernenti il fumo del tabacco (slides presentate al Convegno “Tabagismo. Impatto multidimensionale su Salute, economia, Ambiente”, Roma, 20 marzo 2014 dal Prof. Giacomo Mangiaracina e dalla Prof.ssa Maria Luisa Agneni)
L’ha ribloggato su HPHItalia.