Le cause della persistente crisi nell’Eurozona sono tre:
1) elevato debito pubblico;
2) globalizzazione (con riduzione della capacità produttiva di beni a favore dei servizi);
3) tassazione elevata sulle imprese ed eccessiva regolamentazione.
In questi 3 punti l’Italia detiene il primato europeo. Per alcuni servizi pubblici come la sanità il futuro non è roseo. Bisogna subito considerare di alleggerire la spesa sanitaria a favore di una partecipazione privata, specie di tipo assicurativo, ma mantenendo il controllo del sistema saldamente in mano pubblica. Bisogna inoltre centralizzare i controlli e accorpare gli erogatori di servizi sanitari, come è avvenuto in Svezia, Norvegia e Danimarca.
In base alle esperienze finora acquisite 4 sono i provvedimenti utili:
- addossare parte della spesa sanitaria e assistenziale ai privati (assicurazioni e mutue) invece che allo Stato;
- semplificare le regole;
- responsabilizzare maggiormente i famigliari, il volontariato e le comunità locali per le cure domiciliari degli anziani e dei cronici;
- sostenere con agevolazioni le imprese che organizzano a loro spese servizi sanitari per i loro dipendenti.
Si tratta in definitiva di stipulare con i cittadini un nuovo controllo sociale, in cui essi sono chiamati a collaborare per sostenere in parte il loro diritto alle cure. Come ha scritto un editoriale del Financial Times il 16 aprile del 2013, se l’alternativa a questa soluzione è andare incontro a servizi sanitari sempre peggiori, essa va preferita senz’altro. Fondazioni con sgravi fiscali, capitali privati e atteggiamenti filantropici possono operare in alcuni ambiti meglio di uno Stato in affanno economico. Ciò può indurre nei cittadini comportamenti più consapevoli (ad esempio smettere di fumare se ciò riduce il premio assicurativo) e nello Stato la forza di alcuni interventi finora rimandati (ad esempio eliminare dai LEA le lesioni e malattie causate da attività voluttuarie come lo sport) o aumentare il co-payment per le persone abbienti o per coloro che scelgono alcune modalità di cura più costose rispetto ad altre più tradizionali (come l’intervento di prostatectomia con robot da Vinci, anziché con intervento tradizionale sull’esempio di un ospedale di Vancouver in Canada).
I suddetti suggerimenti operativi variano da nazione a nazione, ma sono più urgenti nei Paesi come l’Italia ove esiste un servizio sanitario nazionale e dove la crisi economica è più grave. Tra parentesi, è colpevole da parte del governo italiano continuare a sottovalutare la crisi della nazione per non fare azioni di ristrutturazione e riforme istituzionali: tale strategia infatti riduce la responsabilizzazione dei cittadini e priva la nazione della loro collaborazione a fare le riforme necessarie e urgenti. La non-azione non è un’opzione, ma una colpa grave. L’azione non è finalizzata a realizzare un sistema di tipo americano (che non funziona bene), ma a rafforzare con capitali e regole migliori il nostro Servizio Sanitario Nazionale, assicurando a tutti i cittadini servizi sanitari di buona qualità, come è accaduto finora [1].
Le riforme più sopra ipotizzate, tuttavia, non sono semplici da fare, e certo provocherebbero sconcerto e contrarietà in molti cittadini. Alcuni peraltro ricordano che se si potenziasse la medicina territoriale (incluse le Case della Salute), riducendo la spesa ospedaliera, si potrebbe ottenere un grande vantaggio in qualità e costi, come dimostrato oltre 20 anni or sono da Barbara Starfield (recentemente scomparsa) [2].