Nel 2010 Temel e Coll al Massachusetts General Hospital di Boston, e più recentemente Yoong et al, hanno evidenziato che nei pazienti affetti da tumore usare alcune terapie meno aggressive e terapie palliative più strutturate (che prevedono un rapporto umano più stretto tra medico e paziente, comprensione e adattamento al contesto familiare e sociale del paziente, supporto psicologico, cura della depressione, condivisione degli scopi e dei limiti degli interventi medici e in seguito pianificazione del fine-vita) migliora non solo la qualità, ma anche la durata della vita del paziente, contrariamente a quanto si era fino ad allora pensato.
Questi dati devono far pensare tutti i medici (sia internisti, sia oncologi) che devono imparare a valutare le loro azioni sulla base dei desiderata dei pazienti e della loro qualità di vita.
(Smith AK. Palliative care. An approach for all internists. JAMA Internal Medicine 173, 291-92, 2013)