Circa metà dei pazienti che si rivolgono al medico generalista hanno più di una malattia cronica. In questi malati non è corretto curare ogni singola affezione con i protocolli specifici, ma il paziente va considerato nel suo insieme: altrimenti la cura diviene caotica, il numero di farmaci somministrati troppo elevato, le interazioni tra i farmaci assai pericolose. Gli eventi avversi da farmaci si collocano nelle prime 5 cause di morte negli Ospedali e determinano il 17% dei ricoveri ospedalieri.
Le linee guida e le indicazioni del farmaco vengono impostate con studi che arruolano pazienti affetti da una sola patologia, non diverse patologie contemporaneamente. Se linee guida e farmaci vengono usati in questi ultimi soggetti il rischio è di provocare danni anziché benefici. Se poi i pazienti sono molto anziani la variabilità di risposta aumenta ancora.
La cura del paziente cronico con patologie molteplici quindi non deve essere affidata agli specialisti, ma ai generalisti che avendo una visione olistica del malato riescono a curarlo meglio spendendo meno.
L’attenzione al malato più che alla malattia è una necessità crescente perché ben sappiamo che spesso conta di più capire le aspettative del paziente e assicurargli una tranquillità psicologica piuttosto che insistere con mezzi sempre più sofisticati su alcuni aspetti della singola malattia. Questo ritorno al malato nel suo insieme deve contagiare non solo i medici, ma anche gli amministratori e deve essere organizzato affinché molti aspetti della cura siano adeguatamente valorizzati e finanziati. Già Osler ricordava che “è più importante sapere quale tipo di persona ha la malattia che non quale tipo di malattia affligge quella persona”.
(Mangin D et al. Beyond diagnosis: rising to the multimorbidity challenge. BMJ 345, 11-12, 2012)