La malasanità

Il sistema sanitario italiano ha alcune peculiarità che rendono in parte ragione degli sprechi e dei disservizi che spesso appaiono alla ribalta della cronaca.

1.    I poteri di organizzazione e gestione dei servizi sanitari sono prerogativa esclusiva delle Regioni, che non devono rendere conto a nessuno della quantità, qualità e costi dei servizi resi. Inspiegabilmente lo Stato centrale non ha poteri di intervento né su come i servizi vengono organizzati, né sulla loro qualità e quantità. In altri termini le Regioni fungono da controllore e controllato in sanità. Se è ragionevole ammettere che le Regioni adattino alla loro realtà le leggi e le direttive dello Stato centrale, è difficile capire per quale motivo le Regioni debbano legiferare ed emanare leggi a volte in contrasto con quelle nazionali oltre che diverse da Regione a Regione. Nel 2005 il contenzioso tra lo Stato e le Regioni riguardava oltre 500 provvedimenti che giacevano in attesa di giudizio presso la Corte Costituzionale. Questo impianto “federalista” non può che generare nel Paese disuguaglianze che minano alla base il Servizio Sanitario Nazionale per non parlare dei costi delle Regioni, che ancora sono in gran parte imprecisati.

2.    I poteri di organizzare e gestire i servizi sanitari discendono in linea verticale dalla Giunta Regionale ai Direttori Generali delle cosiddette Aziende sanitarie e ai loro dipendenti. Essendo l’impronta politica assai rilevante, si capisce perché questa abbia preso il sopravvento sulla qualità ed il merito delle persone nominate per quei ruoli e come le imprese vicine al potere ottengano la maggioranza degli appalti.

3.    Anche sull’allocazione delle risorse l’autonomia regionale (difesa dalle Regioni in modo esasperato) è pressochè totale e molto andrebbe fatto per controllare meglio i bilanci delle Regioni. Si continua a predicare che la spesa sanitaria in Italia è troppo elevata; essa in realtà con il 7% del PIL è tra le più basse del mondo occidentale, ma certo potrebbe essere più qualificata con meno sprechi e frodi. Le Regioni hanno sviluppato atteggiamenti autonomistici eccessivi. Ogni Regione ha un Centro di Riferimento per il Trapianto, una Banca di Cellule Placentari, ecc., per non parlare di Ospedali, attrezzature sofisticate, sedi di rappresentanza sanitaria in Italia e all’estero, ecc. Gli sprechi sono enormi. E la spending review? Si nota infine che la debolezza dello Stato centrale si traduce in concessioni alle Regioni di spazi di potere sempre più ampi.
Una domanda che dovremmo porci è: “Quanto dei quasi 109 miliardi di Euro che le Regioni spenderanno per il 2012 si tradurranno in servizi sanitari (il cosiddetto value for money) e quanto prenderà altre vie?” Ricordiamoci che i costi della politica non sono solo i finanziamenti ai partiti, gli stipendi dei politici e le auto blu, ma tutto quanto la politica usa per i propri fini anziché per l’utile del Paese. Oggi, con l’avanzare della crisi economica, le Regioni impongono nuove tasse ai cittadini e tendono ad effettuare tagli lineari alle spese per i servizi sociosanitari, senza incidere significativamente sugli sprechi. Si osserva così il paradosso di cittadini che pagano di più per avere di meno, con servizi sociosanitari ridotti di numero e di qualità giacchè i tagli lineari notoriamente penalizzano maggiormente i servizi di maggior complessità e qualità. Cittadini che peraltro non vedono un significativo impegno della politica e della burocrazia a ridurre i propri costi.

4.    La mancanza di un indirizzo organizzativo-gestionale univoco e di controlli sulla quantità e qualità dei servizi sanitari erogati dalle Regioni comporta anche una disuniformità dei servizi resi dalle varie aree del Paese, che risulta iniqua se non anti-costituzionale. Non è un mistero che la migrazione sanitaria tra le Regioni è elevata e non tende a calare.

5.    La cosiddetta aziendalizzazione della sanità italiana ha avuto come unico effetto la concentrazione dei poteri organizzativo-gestionali nelle mani di persone che non conoscono la medicina ed i problemi dei malati e delle loro famiglie. Abbiamo importato negli Ospedali concetti orecchiati dal mondo imprenditoriale, ignorando che le cosiddette Aziende sanitarie non sono Aziende, non operano in un vero mercato, non esiste una concorrenza, non hanno clienti informati e capaci di decidere, ma solo persone che hanno perso la salute e vogliono recuperarla. Il loro interlocutore è il medico esperto e comprensivo, che cercano con ogni mezzo, e che invece di essere come dovrebbe essere il dominus dell’Azienda è relegato a fattore produttivo marginale, mal pagato, non ascoltato, assoggettato al volere di persone che nulla sanno né vogliono sapere di medicina, di sanità, di protezione della salute.
Forse è il caso di ripensare molte delle teorie e degli schemi “strategici” di manager ed economisti. Come diceva Winston Churchill: “Per quanto affascinante sia la strategia, dovresti di tanto in tanto guardare i risultati”.

I medici non sono dei santi e anche tra loro vi è il buono ed il cattivo, l’onesto ed il disonesto. E’ indubbio comunque che oggi essi sono diventati gli unici responsabili della cosiddetta malasanità e devono affrontare rivalse legali e risarcimenti sempre più onerosi. Ma molti cittadini giustamente indignati ignorano che le responsabilità primarie non sono dei medici, ma dell’organizzazione imperfetta che li vede come ultimo anello di una catena di eventi che non possono modificare perché non ne hanno i poteri. Il medico oggi è costretto a difendersi in una situazione che spesso non lo vede più come l’amico del malato, ma come un mestierante non sempre competente, oggetto di scrutinio malevolo della stampa e della magistratura, avido di denaro e poco accessibile al malato e ai suoi familiari. Ci meravigliamo allora che i medici siano demotivati? Ma chi ha generato questo stato di cose? E, ben più importante, come possiamo migliorare? Su quest’ultimo punto ho già più volte espresso il mio parere. Credo che si debba cambiare in modo graduale, ma senza perdere un minuto.

1.    Lo Stato centrale dovrebbe riprendersi il ruolo di promotore del disegno del Servizio Sanitario e di controllore della quantità, qualità e costo dei servizi sanitari erogati dalle varie aree del Paese, procedendo ad applicare azioni correttive quando necessario. E’ inoltre indispensabile che il Servizio Sanitario Nazionale sia uniforme su tutto il territorio nazionale ed eviti di creare iniquità. Allo Stato infine i compiti di valutare la tecnologia medica (health technology assessments), educare la popolazione e promuoverne la salute.

2.    Nelle Aziende sanitarie l’Amministrazione centrale deve delegare ai Dipartimenti (e quindi ai medici) i poteri e le responsabilità di produrre servizi di quantità, qualità e costo pre-negoziati, lasciandoli liberi di organizzarsi al meglio, di scegliere e gestire il proprio personale, di ordinare la spesa. Il Dipartimento ed il suo organismo di direzione, con i dovuti supporti amministrativi e tecnici, risponderanno del loro operato e finalmente i malati saranno curati dai medici invece che da amministratori politicizzati.

3.    Nel Dipartimento, che diverrebbe simile alla Divisione industriale, deve esistere una gerarchia basata sulla capacità e sul merito, che ponga fine all’attuale collettivismo improduttivo, retaggio del passato populista che ha caratterizzato per troppo tempo la nostra sanità. Il personale sanitario non medico deve avere un suo ruolo professionale, ma è impensabile che sostituisca il medico nelle sue funzioni specifiche e deve comunque operare alle dipendenze del medico.

4.    L’Azienda sanitaria deve essere costituita da una rete di servizi di decrescente intensità di cura che include l’Ospedale, le degenze intermedie, i Poliambulatori territoriali gestiti sotto il controllo del medico generalista (Case della Salute) e il domicilio del paziente. Ciò è infatti indispensabile in quanto è il trattamento delle malattie croniche che oggi deve ricevere maggiore attenzione, dato che esse costituiscono più della metà delle patologie odierne. Va rivisto quindi l’attuale impianto basato sull’Ospedale, che aveva senso quando la patologia era prevalentemente acuta. Per quanto riguarda gli Ospedali, poi, è necessario ripristinare la gerarchia che differenzia compiti, caratteristiche nonché retribuzioni tra gli Ospedali locali (o di prossimità) e i presidi di alta complessità (ex Ospedali regionali).

5.    Dobbiamo infine conoscere maggiormente le esperienze sanitarie di successo che hanno luogo in Italia e all’estero, investire nella ricerca sui modelli sanitari e sulle relative sperimentazioni gestionali, disegnare un sistema di aggiornamento dei medici e del restante personale sanitario che dia risultati misurabili e utili ai fini di carriera, disegnare contratti di lavoro dei medici che li riportino ad essere dei professionisti e non dei pubblici impiegati, fornire loro una carriera articolata basata sul merito.

Come si vede il percorso è lungo e certo in salita. Ma cambiare è necessario, anche se difficile. Cambiare non significa capovolgere tutto in poco tempo, ma procedere con prudenza e con pazienza, per avvicinamenti successivi agli obiettivi che ci siamo dati entro un piano ben studiato e ordinato. Come diceva Winston Churchill: “Non tutti i cambiamenti portano a miglioramenti, ma non esistono miglioramenti se non ci sono cambiamenti”.
Io credo che è ora di cambiare: continuare così come è oggi può causare solo danni sul piano dei servizi sanitari, della motivazione e preparazione del personale sanitario, sui costi del sistema, sulla sua equità e sulla soddisfazione dei cittadini.

2 thoughts on “La malasanità

  1. Condivido quanto affermato dal prof.Sirchia.Vivo la vita ospedaliera da oltre trentanni,ho provato l’epoca dei cosidetti baroni e dei nuovi manager:provo nostalgia per il passato.Ma da dove vengono questi nuovi improvvisati pluripotenti ?Ma che medicina stiamo facendo?C’e’ da vergognarsi!Ho sempre lavorato con passione ed entusiasmo,oggi faccio fatica a fare il mio dovere di medico,faccio fatica a studiare,faccio fatica a confrontarmi…..però ho imaparato a compilar le SDO secondo i criteri che gli impiegati dell’ufficio DRG mi suggeriscono!Dio mio come siamo scesi in basso!

  2. ENNESIMO INVISIBILE, L’IMPORTANTE E PARLARNE, PER LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA C’E’ TEMPO.
    LIVESICILIACATANIA
    Rischiava un’ischemia chiama il 113 per farsi curare
    Rischiava un’ischemia celebrale, non c’erano medici in corsia e per farsi curare ha dovuto chiamare le forze dell’ordine. Ecco il racconto di un lettore di LiveSiciliaCatania di un giorno di ordinaria malasanità all’Ospedale Garibaldi Nesima. Pellicanò, manager dell’azienda ospedaliera conferma: “Ho disposto un’indagine interna”
    CATANIA – Un banale intervento, l’estrazione di una vena varicosa, poteva trasformarsi nell’ennesimo caso di malasanità all’Ospedale Garibaldi Nuovo. La denuncia, segnalata da un nostro lettore, punta il dito verso il nosocomio catanese.
    La cronaca. Era l’11 gennaio 2013, un sabato, quando la paziente subisce l’intervento per l’estrazione di una vena varicosa. Terminata l’operazione l’infermiere di turno avrebbe sostenuto, secondo la denuncia del lettore a LiveSicilia Catania, che la donna poteva essere dimessa subito. “La domenica non ci sono medici in reparto” avrebbe aggiunto, però, l’infermiere ai familiari della degente. Le dimissioni, dunque, dovevano essere posticipate al lunedì successivo.
    La paziente dopo qualche ora inizia a manifestare dei dolori, tanto che la domenica, denuncia dei forti malori e, sempre secondo il racconto del lettore, si sarebbe rivolta all’infermiere di turno che, però, avrebbe risposto: “Il dolore è normale a causa dell’intervento, non si preoccupi, purtroppo sono solo in reparto, non ci sono medici fino a lunedì”. Ma il dolore persiste e aumenta di ora in ora.
    La situazione si aggrava e i familiari decidono di chiamare la polizia. Ed è solo grazie all’intervento delle forze dell’ordine che sarebbe stato possibile rintracciare l’unico medico reperibile poiché in servizio al pronto soccorso. Un medico otorino che visita la donna e la sottopone ad una tac. “Ringraziamo questo medico – affermano i familiari – poiché grazie alla Tac è stato riscontrato alla paziente un principio di ischemia”.
    La donna che doveva essere dimessa l’indomani, invece, viene trattenuta in ospedale. “Siamo senza parole – commentano i parenti – Come è possibile che si verifichino questi atti di completa negligenza? Durante quelle giornate siamo rimasti più volte bloccati in ascensore per più di 30 minuti. E come se non bastasse, al momento delle dimissioni, è stata rilasciata, – raccontano – per sbaglio, la cartella clinica di un’altra paziente”.
    Dall’Ospedale arriva la replica. “La Direzione Generale dell’Arnas Garibaldi, ha subito dato incarico al Direttore Sanitario del Presidio di Nesima di disporre una specifica indagine interna –dichiara il Direttore Angelo Pellicanò a LiveSiciliaCatania- per verificare quanto accaduto e se vi siano stati errori sulle procedure adottate dalla struttura nella fase di ricovero, di assistenza e di dimissione”.
    Lunedì 28 Gennaio 2013 – 20:37 di Federica Campilongo

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...